Smog, se uno Stato non rispetta le normative, i tribunali nazionali possono intervenire? | Il caso di Londra
La risposta data dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea all'ONG ClientEarth potrebbe segnare un precedente molto importante nella lotta allo smog: quando uno Stato si dimostra inadempiente alle prescrizioni delle direttive UE, il caso può essere trattato dai tribunali nazionali che potranno applicare le misure ritenute necessarie affinché il Paese si metta in regola
20 November, 2014
Perché, nonostante i ripetuti sforamenti, le multe per smog non vengono mai comminate agli Stati Europei? E' una domanda a cui avevamo già provato a dare risposta in passato, ma l'argomento è tuttora piuttosto fumoso. In alcuni casi - come per il biossido d'azoto - i limiti sono stati imposti in anni relativamente recenti (l'adeguamento alle soglie di legge era previsto per il 2010 con proroga al 2015), in altri, come per il Pm10, risulta difficile dimostrare la totale inadempienza delle amministrazioni. Vale la pena ricordare che anche in linea di principio, il sanzionamento non scatta per il mancato rispetto dei limiti, ma per la mancata messa in atto di strategie adeguate a raggiungere l'obiettivo. Una differenza sottile ma fondamentale.
Forse, però, qualcosa comincia a cambiare: l'ONG ambientalista ClientEarth si è presa a cuore il caso del biossido d'azoto a Londra, che anno dopo anno continua a far guadagnare al Regno Unito i primi posti in classifica nella "competizione" tra gli Stati più inquinati d'Europa. (E' successo anche quest'anno, secondo l'Air Quality Report 2014 pubblicato dall'Agenzia Europea per l'Ambiente).
Londra, come tante altre città europee, italiane incluse, non è riuscita a rientrare nei limiti di legge per l'NO2 entro il 2010, come richiedevano le direttive europee, e aveva ottenuto la proroga al 2015. Gli anni sono passati, il biossido d'azoto è calato di circa il 15%, ma siamo ben lontani dal rispetto delle normative. Secondo gli ambientalisti inglesi, le strategie messe in piano dal Sindaco Boris Johnson sono troppo blande, e non consentiranno un adeguamento ancora per almeno 10 o 15 anni.
Se anche le previsioni di ClientEarth - e di tanti altri gruppi, come Clean Air for London - dovessero rivelarsi troppo pessimistiche, resta il fatto che a gennaio 2015 mancano meno di due mesi, e le possibilità che Londra e le altre città fuorilegge si mettano in regola hanno ormai passato la soglia del miracolo. Non c'è nulla che si possa fare per assicurarsi che le autorità inglesi prendano più sul serio la questione e accelerino il processo con delle strategie più efficai e stringenti? E' ciò che ClientEarth ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea. Che ha risposto.
"Qualora uno Stato membro non rispetti i valori limite e non abbia presentato domanda di proroga del termine ultimo secondo le condizioni previste (NdR: e cioè presentando un piano strategico adeguato, che spieghi come intende conseguire il risultato) spetta alle autorità giudiziarie nazionali, nel caso in cui venga presentata denuncia, intraprendere qualunque misura ritenuta necessaria a garantire che lo Stato presenti il piano strategico volto a rientrare nei limiti, e che il tempo impiegato per rimettersi a norma sia il più breve possibile".
Insomma, se le multe della Commissione Europea sembrano lontane, la speranza è che la Magistratura possa avere argomenti più convincenti per far rispettare la legge. Perlomeno, si apre un nuovo fronte d'azione su cui cercare di far valere le istanze ecologiste. Vedremo cosa accadrà a Londra, che sta facendo da apripista su questa strada finora intentata.
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