"L’usato che si muove", il rapporto nazionale sul riutilizzo 2014. L'approfondimento di Antonio Castagna
Occhio del Riciclone, come ogni anno, ha presentato il "Rapporto nazionale sul riutilizzo", arrivato quest'anno alla sua quinta edizione. Antonio Castagna, esperto di rifiuti ed educazione ambientale, ha approfondito i punti principali per Eco dalle Città
05 March, 2015
di Antonio Castagna
Curato come ogni anno dal Centro Studi Occhio del Riciclone, l’edizione del 2014 si concentra sull'evoluzione del settore dell'usato e su piccoli progressi delle normative che finalmente contribuiranno a costruire un terreno più favorevole. Ad esempio, sono finalmente in via di definizione i decreti attuativi che consentiranno la "preparazione al riutilizzo", che consentirà di riutilizzare beni ancora in buono stato e che hanno mercato, altrimenti destinati ad andare in discarica. Ricordiamo infatti che la normativa, attualmente, prevede che tutto ciò di cui ci disfiamo, depositandolo in un cassonetto, accanto ad esso o portandolo in un ecocentro, è da considerarsi rifiuto e quindi non più utilizzabile a meno che non passi dal processo industriale finalizzato al riciclo di materia.
Sono inoltre in via di definizione degli obiettivi specifici di riutilizzo, validi in tutta Europa e in percentuali crescenti fino al 2035 (se ne parla a pagina 9 del rapporto). In Italia il potenziale di riutilizzo riguarda 600.000 ton. di merce, circa il 2% del totale dei rifiuti solidi urbani (circa 30 milioni di tonnellate all’anno).
Interessanti i dati sul volume d'affari dell'usato in Italia. La rete O.N.U., Operatori Nazionali dell'Usato stima un giro d'affari di 3 miliardi all'anno. Alcune stime sul commercio dell'usato on line fanno salire questa quota a 18 miliardi l'anno. Siamo in presenza di un settore di grande rilievo dell'economia italiana. Si stimano 80.000 posti di lavoro, sia nel settore formale che informale, e migliaia di privati che vendono e scambiano on line i loro beni dismessi (a pagina 11 del rapporto).
Il commercio dell'usato paga ancora il 22% di IVA. Significa che su un bene l'IVA viene caricata ogni volta che viene venduto, pure se passasse di mano n volte. Per fare un esempio concreto, se presso un centro di riuso, un negozio dell’usato, o qualunque gestore formalmente registrato, acquistate un libro a 1 €, dovete sapere che al venditore resteranno solo 78 cent. Secondo gli operatori dell'usato questo è un problema e discrimina il settore, non tenendo conto che uno degli effetti del commercio dell'usato è di ridurre la quantità di materia in discarica. Un negozio dell'usato movimenta ogni anno da 100 a 200 ton. di merce. Un centro di riuso deve essere capace di fare almeno altrettanto. Un centro di riuso non è un mercatino dell'usato, ma un soggetto molto più complesso. La filiera è tutta da studiare, comprendere e c'è bisogno di un forte grado di innovazione (se ne parla alle pagine 22-25 del rapporto).
In Italia ci sono diversi soggetti che operano con professionalità ed esperienza, queste esperienze sono da condividere ed estendere. A Vicenza la preparazione al riutilizzo la fanno già, con la coop. sociale "Insieme". Anche a Torino è presente un soggetto con lunga esperienza, la coop. sociale "Triciclo". L'Italia ha un vantaggio rispetto al resto d'Europa, ha un mercato dell'usato florido. Nel resto d'Europa, i centri di riuso godono di sovvenzioni statali, in Italia potrebbero essere autosufficienti, o quasi. I centri di riuso servono a moltiplicare le potenzialità della filiera dell'usato. Per esistere però devono essere istituiti, il che comporta un'assunzione di responsabilità delle amministrazioni locali. Su questo, come capita spesso in Italia, si procede in ordine sparso (a pagina 29 del rapporto).
Il progetto PRISCA, finanziato dall'Unione Europea e condotto da soggetti italiani, ha costruito un modello sostenibile per i centri di riuso (a pagina 56 del rapporto) e individuato dei modelli di gestione ottimali sperimentati a Vicenza e a San Benedetto del Tronto.
Al world economic forum 2014 si è parlato anche di economia circolare e riutilizzo (pagina 36 del rapporto). Una conferma dell’interesse di alcune grandi multinazionali ad attivare processi di reverse logistic, per recuperare materia prima che altrimenti andrebbe dispersa, per fidelizzare il cliente con la scontistica, per operazioni di marketing, come fa ad esempio l’azienda di abbigliamento sportivo Patagonia che ha istituito il programma Worn Wear. Patagonia ricompra l’usato che i clienti portano con sé al momento di un nuovo acquisto. L’indumento usato, se ancora utilizzabile verrà rivenduto nei suoi negozi specializzati, altrimenti finirà a una ditta giapponese, Teijin, che ricicla e riutilizza i filati (a pagina 74 del rapporto). Sono moltissime le multinazionali impegnate a costruire queste filiere all’incontrario, come emerge dai diversi rapporti preparati dalla Ellen MacArthur Foundation.
L'Unione europea stima che il settore del riutilizzo potrebbe attivare nei prossimi anni circa 800.000 posti di lavoro. Una stima calcola che mille tonnellate di R.A.E.E. (rifiuti elettrici ed elettronici) smaltiti in discarica, consentono di impiegare 1 persona. La stessa quantità avviata a riciclaggio consente di impiegarne 15. Se avviata al riutilizzo il numero sale a 200. Il settore dell'usato ha bisogno anche di processi di regolarizzazione e controllo. Da una parte a favore dei venditori di usato, spesso fuori legge per via di una legislazione farraginosa e incoerente. Dall'altra per via di appetiti non sempre legittimi, come è il caso del settore degli abiti di seconda mano che, come si evince anche da una recente inchiesta condotta a Roma, è talvolta gestito da soggetti legati alla camorra. Nel rapporto l’analisi del settore dell’abbigliamento si trova alle pagine 67 – 71 descrive un’evoluzione interessante in cui diverse cooperative si stanno attrezzando per coprire l’intera filiera che va dalla raccolta all’igienizazzione, stoccaggio, distribuzione e vendita, che potrà consentire sia maggiori margini di guadagno, sia di controllare l’intero processo.
Il titolo del rapporto, “L’usato prende forma”, ci racconta in sintesi cosa sta succedendo. La situazione evolve, lentamente, come è abbastanza tipico del nostro paese, ma forse, inesorabilmente, verso un settore che finalmente avrà una sua visibilità e dignità. La crisi forse ha aiutato, l’azione di soggetti come “Occhio del riciclone” e “Rete O.N.U. (Operatori Nazionali dell’Usato)”, che mettono in rete, connettono, diffondono saperi e competenze, ancora di più.
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