Il giudice di pace “Le vetture di Uber non sono taxi abusivi”
Accolto il ricorso di un driver: è un servizio privato - da La Stampa del 18.04.2015
20 April, 2015
di Andrea Rossi
Adesso, per il sindaco, sono dolori. Nemmeno una settimana dopo
aver incontrato i tassisti - che minacciavano di bloccare
l’Ostensione della Sindone - e aver promesso tolleranza zero nei
confronti di Uber, Fassino e il Comune si trovano a fare i conti con
la Giustizia. Mettere le ganasce alla multinazionale californiana,
che con il servizio UberPop permette a chiunque di registrarsi come
autista e trasportare le persone sulla propria vettura, adesso sarà
dura.
Il giudice di pace Marco Boretti ha accolto il ricorso di
un driver fermato lo scorso dicembre dai vigili mentre trasportava un
«cliente» e sanzionato per la violazione dell’articolo 86 del
codice della strada che disciplina il «servizio di piazza con
autovetture con conducente o taxi». Niente confisca del veicolo,
ritiro della patente e multa da 2 mila euro circa, dunque: secondo il
giudice chi è iscritto a UberPop non può essere considerato un
tassista abusivo. L’applicazione, infatti, è un «rapporto
privatistico di trasporto» e non ha alcuna delle caratteristiche che
invece contraddistinguono i servizi «di piazza». Non è un servizio
pubblico: «Non è previsto lo stazionamento delle vetture negli
spazi riservati, né l’obbligatorietà della prestazione, tantomeno
si è tenuti all’applicazione di tariffe predeterminate dal
Comune».
In sostanza, un tassista può caricare chiunque lo
fermi per strada, ha l’obbligo di piazzarsi in aree specifiche.
Uber è diverso: ci si iscrive a una piattaforma on line fornendo
carta di credito e dati personali. Possono dunque usarla solo le
persone registrate: un gruppo chiuso in cui sia l’autista che il
passeggero conoscono nome e telefono l’uno dell’altro.
Il provvedimento del giudice torinese accoglie buona parte degli
argomenti da sempre usati dalla multinazionale californiana per
difendersi dall’accusa di fare concorrenza sleale a una categoria -
i tassisiti - soggetta a mille regole e perciò svantaggiata in
partenza. Ed evidenzia inoltre il «vuoto legislativo»: la
diffusione capillare degli smartphone - e di applicazioni che su di
essi si basano - hanno generato un “buco” di regolamentazione nel
trasporto pubblico. «Proprio per questa ragione, in assenza di norme
specifiche, è arbitrario e illegittimo sanzionare UberPop, come
pretendono di fare le amministrazioni comunali», spiega l’avvocato
Matteo Repetti che assisteva il driver nel suo ricorso. «Ancora una
volta è necessario sottolineare la necessità di riformare le norme
che regolano il settore», aggiunge Tomaso Rodriguez, responsabile
Uber Torino. «Nuove tecnologie come queste dovrebbero essere
integrate e non ostacolate».
Il Comune ha deciso di fare
opposizione e cercherà di ribaltare la decisione del giudice di
pace. Nell’ufficio di viale dei Mughetti pendono altri nove ricorsi
di autisti Uber pizzicati dai civich e sanzionati. Giudici diversi
potrebbero decidere in altro modo. Palazzo Civico, però, resta con
il cerino in mano. Che fare? Prendere per buono il verdetto di ieri e
lasciar circolare liberamente le auto di Uber rischiando di scatenare
la rivolta dei taxi nel bel mezzo dell’Ostensione, o dare la caccia
ai driver con il pericolo che sia fatica sprecata? «La nostra
posizione non cambia», dice l’assessore ai Vigili Giuliana
Tedesco. «Continueremo controlli. Questa pronuncia conferma però
l’assoluta necessità di una regolamentazione nazionale».