Il piano-cibo di Milano: mense a chilometro zero e orti affidati alle famiglie in difficoltà
Il modello di una carta civica arriva da New York e Londra. Obiettivo: tradurre in atti la Food policy entro il 2020. La delibera sbarcherà in Consiglio comunale lunedì 5. Da REPUBBLICA.IT del 4.10.2015
05 October, 2015
di Alessia Gallione
C’è la Milano di Expo che guarda al mondo, con un Patto sulle politiche alimentari urbane che verrà firmato da cento città internazionali, da Mosca a New York, e consegnato il 16 ottobre al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Ma c’è anche la Milano che vuole applicarle e sperimentarle, quelle indicazioni. Diventando più sostenibile attraverso il cibo. Con una strategia che, nei prossimi cinque anni, verrà seguita dal Comune in tutte le scelte amministrative. E soprattutto con progetti e azioni concrete da mettere in campo. Perché per «garantire cibo sano per tutti», si potrebbe puntare sul chilometro zero o destinare una parte dei terreni di proprietà pubblica agli orti per chi è in difficoltà economica. Perché l’educazione alimentare potrebbe avvenire anche nei mercati comunali. E perché gli sprechi andrebbero combattuti in tutta la città, salvando dalla pattumiera e recuperando le eccedenze o ogni livello, dalle mense ai condomini.
La delibera sbarcherà in Consiglio comunale lunedì. E ha questa duplice dimensione. Quella internazionale del Patto. E quella locale della Food policy. È così che Palazzo Marino ha chiamato il documento che si ispira ai modelli di altri centri come Londra e New York che si sono già dati regole precise in questo campo. Un percorso nato un anno fa, quando il Comune e la Fondazione Cariplo hanno iniziato a fotografare la città e il suo ciclo alimentare, ed è continuato con il coinvolgimento di 700 persone, dai ricercatori ai cittadini. Il risultato è un documento di indirizzo che punta al 2020 e che verrà applicato dall’amministrazione, dalle sue società partecipate e in futuro si allargherà alla Grande Milano. A vigilare ci sarà anche quello che viene chiamato 'Consiglio metropolitano del cibo', una sorta di consulta che verrà nominata e sarà composta da esperti e cittadini.
La politica sul cibo della città parte da quattro priorità e per ognuna si indicano azioni da compiere per trasformare le idee in fatti. Ci sono i numeri del bisogno (225mila persone che vivono in condizioni di povertà, 250mila pasti a domicilio distribuiti dal Comune) e c’è il «diritto al cibo sano per tutti». Da garantire incrementando le forniture di prodotti «di qualità, locali e sostenibili» nelle strutture pubbliche, nei mercati rionali, con acquisti collettivi e «mezzi itineranti», aprendo le mense scolastiche agli anziani del quartiere, «destinando tutte le aree agricole pubbliche alla produzione di tipo professionale, per autoconsumo e piccolo commercio» di zona. Ed è sugli orti e sulla possibilità di coltivare in città, dai terrazzi ai campi verticali, che si nutre il secondo obiettivo: promuovere la sostenibilità del sistema alimentare, salvando dal cemento la Milano rurale, aumentando i mercati dei contadini o le reti di acquisto solidale.
E poi l’educazione al cibo con il Comune che si impegna a «definire linee guida sulle diete sostenibili» e a favorire “lezioni” e informazioni nei mercati, nelle proprie sedi decentrate, nelle residenze pubbliche, pensando ai bambini, ai migranti, alle badanti e alle baby sitter. Della strategia fanno parte i distributori di frutta e verdura, gli accordi tra aziende agricole e scuole, gli orti didattici, l’acqua pubblica nei ristoranti e nelle case dell’acqua, marchi per i virtuosi. Un capitolo importante è dedicato allo spreco. L’esempio è quello dell’accordo tra Milano Ristorazione e Banco Alimentare che nel 2014 ha permesso di recuperare per strutture caritative 54.822 chili di pane e 100.386 chili di frutta. Meccanismi di redistribuzione delle eccedenze che andrebbero incentivati «a tutti i livelli», dalle mense ai mercati fino ai condomini e «in tutte le zone». Ma si può essere green anche puntando sul superamento estetico per gli imballaggi e trasformando i rifiuti organici in compost per il quartiere.