Intervista a Gianni Silvestrini: il processo di riduzione delle emissioni nocive cammina sulle gambe dei cittadini / AUDIO e testo
L'Italia sta lottando per il clima? In occasione della conferenza sul clima di Parigi, Paolo Hutter intervista Gianni Silvestrini - direttore scientifico del Kyoto Club e della rivista e portale QualEnergia - che ci racconta il suo punto di vista sulla lotta per contrastare il riscaldamento globale
03 December, 2015
Il
direttore Paolo Hutter in una intervista a tutto tondo con Gianni
Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club
e della rivista e portale QualEnergia, e
autore del libro “2°
C. Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e
trasformare l'economia”.
Gianni Silvestrini è un esperto di clima e ambiente. Ingegnere, ha lavorato sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica per l’ Università di Palermo, il Politecnico di Milano e il CNR. Ha coordinato dieci edizioni del Master Ridef Energia per Kyoto (Energie Rinnovabili, Decentramento, Efficienza Energetica) promosso dal Politecnico e dall’Università Iuav di Venezia. Silvestrini è stato anche Direttore generale presso il ministero dell’Ambiente e consigliere del Ministro per lo Sviluppo Economico Pier Luigi Bersani. Dal 2003 è direttore scientifico del Kyoto Club e della rivista/portale QualEnergia. A lui, in occasione della Conferenza sul clima di Parigi COP21, abbiamo rivolto qualche domanda. Come si sta muovendo il “sistema informazione” sulla conferenza del clima a Parigi, la COP 21? In termini soddisfacenti per te? Personalmente sono scandalizzato dal fatto che si continui a fare confusione tra lo smog e le emissioni clima-alteranti. Due cose ben diverse. Però è un approccio che non aiuta la gente a comprendere. In fin dei conti, però, i trasporti pesano molto meno dell’agricoltura e dell’allevamento nella produzione di CO2 nel mondo. Renzi ha detto che l’Italia ha ridotto del 23 per cento le emissioni. Il problema è che però le emissioni dovrebbero essere portate a zero, no? Quando Renzi dice che l’Italia è all’avanguardia in questo settore, che cosa intende? Renzi ha detto anche che noi contribuiamo poco alla produzione di emissioni nocive e che quindi serve a poco che noi le riduciamo se i grandi emettitori non lo fanno. Per chi vuole fare qualcosa in Italia, come cittadino, quali sono le priorità? Leggi anche:
di Paolo Hutter
Dopo un silenzio pressoché totale durato mesi, nel giorno dell’inaugurazione i riflettori sono stati puntati su Parigi. Anche per via degli attentati terroristici. I primi due, tre giorni c’è stata una copertura abbastanza ampia.
No. Hanno fatto sapere che si teneva l’evento, hanno dato notizia dei colloqui collaterali. Qualche giornale ha fatto degli approfondimenti sul tema specifico, però direi che complessivamente l’attenzione è molto al di sotto di quello che un tema così importante meriterebbe. Si tratta di questioni che riguardano le strategie economiche future dell’Italia e del mondo. Sull’argomento del clima, in generale la stampa diventa attenta nel momento in cui scatta il fattore emotivo.
Sono cose diverse, infatti il termine "inquinamento" non è appropriato per indicare le emissioni, ma esiste una connessione. La lotta contro l’inquinamento locale è infatti quasi sempre legata anche alla lotta contro le emissioni. Gli USA hanno usato questo “trucco” di considerare la CO2 un inquinante (polluter) per consentire al ministero dell’Ambiente di intervenire. Si è trattato di un’imprecisione a fin di bene.
Si infatti. Si può fare un’azione pedagogica e fare capire le connessioni. Per esempio, tutti sanno che i dati sulla CO2 dichiarati in fase di test dalle case automobilistiche sono molto inferiori a quello che viene prodotto effettivamente per la strada, come dimostra il caso di Volkswagen. Erano falsi per lo smog (biossidi d'azoto) e lo erano anche sulla CO2. E non si capisce come mai gli Stati membri dell’Unione Europea non intervengano e non prendano provvedimenti. Da noi il ministro Guidi ha assunto un atteggiamento difensivo e protettivo verso le case automobilistiche.
No, i trasporti pesano molto. Dal punto di vista delle problematiche di intervento, quello dei i trasporti, in particolare il trasporto merci, è considerato insieme all’industria, il comparto più difficile da aggredire per ridurre le emissioni. Il trasporto passeggeri, con il passaggio all’elettrico, che sarà inevitabile (l’amministratore delegato di Volkswagen ha dichiarato che “il futuro è elettrico”), con quote sempre maggiori di energia create con le rinnovabili, è destinato a incidere sempre meno nella produzione di emissioni nocive.
L’obiettivo è ridurre del 40 per cento le emissioni rispetto al 1990 entro il 2030, ed è una meta vincolante per tutti i paesi della UE. ( se abbiamo ridotto del 23 %in 25 anni,dovremmo ridurre del 17%in 15 ). Non è per niente semplice. Dovremmo raddoppiare le rinnovabili. Negli scenari prospettati, in Italia quelli dell’Enea e dell’Eni, emerge che il consumo di metano e di petrolio si dovrebbe ridurre dell’70/80 per cento. A questo punto, allora, bisognerebbe effettuare delle analisi partendo dall’obiettivo che si vuole raggiungere per andare indietro e decidere tutto quello che non bisogna fare: per esempio, non avere in futuro infrastrutture, come i gasdotti, costruiti inutilmente. Sono scelte delicate e occorre fare attenzione perché la logica cambia completamente nel momento in cui ci si pone obiettivi differenti.
L’Italia ha fatto in maniera scomposta una corsa alle rinnovabili, in particolare con il fotovoltaico, che l’ha portata ad avere la più alta percentuale di solari messi in rete nel mondo. Il mondo, in realtà sta partendo adesso. All’Italia però manca una strategia per affrontare la sfida climatica, su vari versanti come efficienza energetica, trasporti, agricoltura. Non ho mai visto un vero piano per il clima. Una visione complessiva che è tanto più necessaria oggi che ci troviamo di fronte a obiettivi impegnativi come ridurre del 40 per cento le emissioni di CO2.
Tutti devono fare la loro parte. In particolare i paesi industrializzati. Il nostro guidare la riduzione ha consentito di abbassare i rezzi delle energie rinnovabili. Abbiamo fatto da apripista.
È un processo che cammina sulle gambe dei cittadini che, nelle loro scelte, soprattutto quelle legate alla mobilità, ma anche nelle abitazioni e nella gestione dei rifiuti possono davvero fare la differenza. Le scelte individuali peseranno molto, in particolare quando ci si porrà obiettivi molto ambiziosi che implicano l’utilizzo di tecnologie smart ma anche una revisione dei comportamenti, dei modelli comportamentali. Credo per esempio che dalla lotta ai cambiamenti climatici deriverà un forte utilizzo della bicicletta. Fare piste ciclabili invece di autostrade permetterà di fare molto di più nella riduzione di CO2, con costi molto inferiori rispetto a soluzioni più pesanti che coinvolgono il trasporto pubblico su ferro. Sono scelte che hanno successo nel momento in cui l’ente pubblico agisce sulle infrastrutture e il cittadino cambia mentalità.
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