Ecodistretti, Rete ONU: "Giusta la direzione, ma serve confronto e più progettazione"
Tante le proteste per la realizzazione dell'ecodistretto a Roma. Per Rete ONU: "La filosofia degli Ecodistretti è corretta, non altrettanto la loro attuazione"
01 May, 2016
Roma e il Lazio hanno un forte bisogno di impiantistica per risolvere il problema dei rifiuti della capitale e delle altre province e in questo senso la realizzazione dei nuovi ecodistretti potrebbe essere determinante. La questione non è però solo di natura ambientale, ma anche sociale, economica e politica e questo sta determinando diverse proteste e opposizioni nei siti dove questi impianti dovrebbero essere realizzati.
Abbiamo quindi chiesto a Andrea Valentini, Direttore comitato scientifico Rete nazionale operatori dell'usato, cosa pensasse di questi nuovi impianti.
- La realizzazione degli ecodistretti risolverebbe il problema dei rifiuti a Roma?
"Roma è una città che produce più di un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti all’anno. Risolvere dal punto di vista impiantistico tale flusso di rifiuti non è semplice. Anche con un adeguato sistema di raccolta differenziata, quel flusso non scompare ma, laddove non viene esportato, si distribuisce su una articolata rete di impianti di recupero e trattamento. Costruire l'economia circolare verso rifiuti zero è un percorso che ha le caratteristiche del processo di transizione.
In questo senso le soluzioni proposte per la città di Roma, ovvero i quattro Ecodistretti, vanno sicuramente nella giusta direzione. Il concetto alla base di tale soluzione è che il sistema impiantistico, a parte la discarica residuale, sia ubicato, per macrozone autosufficienti, in un’unica area, come un polo industriale, annullando i trasporti (e quindi gli impatti) necessari tra gli stessi impianti e riducendo il numero di luoghi che potrebbero avere problemi causati dalla loro presenza."
- Come si può risolvere il conflitto in atto?
"Far cadere il concetto nella realtà concreta non è sempre facile. Bisogna aggiungere a questo alcune considerazioni: in primo luogo Ecodistretto dovrebbe essere qualcosa di completamente diverso da un impianto di trattamento rifiuti: dovrebbe cioè essere orientato prevalentemente al recupero, quindi avere come obiettivo prioritario l’end of waste, la cessazione dello stato di rifiuto, e non la mera mitigazione dell'impatto ambientale del rifiuto.
Secondo poi, non è sempre necessario riconvertire l'impiantistica di trattamento alla nuova funzione di recupero e valorizzazione. L’impatto sociale ha importanza tanto quanto l’impatto ambientale e quello economico. Le popolazioni che hanno già sopportato l'impatto immane di una gestione rifiuti orientata alla discarica dovrebbero poter sperare in un annullamento definitivo di tali impatti, e non rimanere impigliate nei paradossi della transizione all'economia circolare.
In terzo luogo l'impiantistica degli Ecodistretti, così com'è attualmente progettata, sicuramente riduce di molto l'impatto rispetto alla fase precedente, e procede, in linea teorica, in scia con l'innovazione tecnologica che va a mitigare gli impatti di nocività.
Infine il riuso e preparazione per il riutilizzo non hanno ancora cittadinanza nella pianificazione di questa transizione, e questo è per noi operatori dell'usato una grande carenza e criticità della pianificazione. È un problema anche per il pubblico interesse: significa che la gerarchia della gestione dei rifiuti non viene rispettata, e quando questo non avviene è perché si rimane ancorati alla vecchia logica per cui si pianifica partendo dall'esigenza di gestire il residuo non recuperabile, e non dall’evitare che si produca rifiuto e quindi lo stesso residuo non recuperabile. E' per questo motivo che, in fondo, la mancanza di fiducia delle popolazioni residenti trova i suoi fondamenti rispetto a una transizione verso un’impiantistica meno impattante.
Rocca Cencia è sostanzialmente un esempio di tale conflitto. Da una parte l’idea di AMA e Comune di Roma di riqualificare l’esistente migliorando con strutture molto più sostenibili il territorio; dall’altra i residenti che chiedono di annullare il flusso di rifiuti nel loro quartiere.
Secondo noi, per sciogliere questo conflitto, la filosofia degli Ecodistretti è corretta, non altrettanto la loro attuazione. Ci sono ampi margini per spostare l'asse della progettazione su una applicazione corretta della gerarchia dei rifiuti, per mitigare fortemente gli impatti, e per definire dei principi sui quali decidere sulla localizzazione degli impianti. Ovvero è necessario avviare studi per la individuazione di aree idonee di localizzazione degli impianti (compito della programmazione regionale), tenendo conto della tipologia impiantistica, delle distanze minime di tutela sanitaria della popolazione residente e delle zone sensibili, e, successivamente, avviare una valutazione ambientale strategica (VAS) che permetta di scegliere i luoghi più adatti a tale impiantistica attraverso la partecipazione attiva dei portatori di interesse locali.
Un percorso partecipato è più lungo e più complesso ma riduce i conflitti. Una soluzione, poi, forse consequenziale a tale analisi, potrebbe essere quella per cui le riconversioni degli impianti esistenti debbano concentrarsi esclusivamente sugli impianti senza impatto, come le fabbriche dei materiali e i centri di riuso, e, in una logica di distretto e non di macroimpianto, spostare quanto possibile gli impianti a maggior impatto nelle zone meno atrofizzate."