Collegato agricolo: rischio inquinamento dei campi con modifica a sfalci e potature
La modifica contenuta nel Collegato agricolo, che porta sfalci e potature fuori dalla disciplina rifiuti, rischia di mettere sul mercato materiali contaminati da plastica e altri inquinanti. Intervista a Marco Avondetto, responsabile area rifiuti Acea Pinerolese
17 June, 2016
Se verrà confermata al Senato la modifica contenuta nel Collegato agricoltura che porta sfalci e potature fuori dalla disciplina di gestione dei rifiuti, dovremmo iniziare a preoccuparci della plastica che potrebbe finire nei terreni agricoli. Senza la tracciatura prevista per i rifiuti urbani, infatti, sfalci e potature (classificate come sottoprodotto) potrebbero finire direttamente in agricoltura senza essere ripuliti da plastiche e altri inquinanti (cosa che invece oggi avviene negli impianti di trattamento dell’organico). A mettere in evidenza gli svantaggi ambientali ed economici di questa modifica, è Marco Avondetto, responsabile area rifiuti Acea Pinerolese. “Ad oggi per il trattamento dell’organico si utilizza una grande quantità di biomassa verde proveniente da sfalci e potature. Ad eccezione degli impianti di digestione anaerobica, gli impianti classici con compostaggio aerobico (i più diffusi in Italia), necessitano di una grande quantità di questo materiale (50%) che serve come 'strutturante', sia per cedere carbonio al materiale trattato sia per rendere soffice la massa e per permettere all’aria di attraversarla. Se si vuole continuare a trattare l’organico, come d’obbligo, questi impianti - spiega Avondetto - dovranno continuare a trovare questo materiale da qualche parte pagando però cifre molto elevate. Il problema è quindi, in primis, di tipo economico. E non tanto per gli impianti, ma per i cittadini”. Chi parla di vantaggio economico per i Comuni traccia quindi un quadro parziale. Se da un lato le amministrazioni potrebbero avere dei vantaggi dalla vendita delle potature, dall’altro avrebbero maggiori costi per il riciclo dell’organico. “Esatto” conferma Avondetto, che aggiunge: “In più pensare che un Comune, appena approvata la legge, faccia una raccolta specifica di quei materiali per poi rivenderli, mi sembra un'utopia. Se anche ci fosse questo vantaggio ipotetico, avrebbe poi delle ricadute sulla tariffa dell’organico per lo smaltimento. Mi auguro che i Comuni pur di avere la certezza della destinazione di quegli scarti, continuino a farli gestire come oggi”. “L’altra grande questione è di tipo ambientale. Fino ad oggi queste masse erano rifiuti. Per quale motivo? Perché si voleva avere una tracciatura: sapere dov’erano prodotti e dove andavano a finire. Ora, uscendo dal campo dei rifiuti, diventano una merce e non c’è più questa tracciatura”. Avondetto mette in guardia sulle ripercussioni che potrà avere la mancanta tracciabilità: “I rifiuti verdi che oggi arrivano agli impianti, non sono perfettamente puliti ma contengono plastica e altri inquinanti. Prima di iniziare il trattamento noi andiamo a ripulirli. In futuro, come merce, questa situazione sarà fuori da ogni controllo: se queste masse andranno a finire in impianti per la combustione avremo plastiche che ci finiranno dentro. Ma soprattutto - sottolinea il direttore generale ACEA Ambiente - se verranno usati direttamente in agricoltura e triturati, ci troveremo questi inquinanti nei campi. Non c’è alcun dubbio”. “Perché la Commissione agricoltura e il Governo hanno appoggiato una cosa di questo genere?” si chiede in chiusura Avondetto: “L’Europa prevede che queste masse siano dei rifiuti. La maggior parte degli attori coinvolti rischia di avere dei danni. Si fatica quindi a trovare il motivo di questo cambiamento dopo che per anni queste masse sono state classificate come rifiuti”.