Primi commenti di esperti al sondaggio di Eco dalle Città su come si organizza la differenziata in casa
Eco dalle Città ha raccolto i commenti di Gianluca Bertazzoli (amministratore unico di Hub15) e Oscar Brunasso (Segretario RifiutiZero Piemonte e consigliere aggiunto di ProNatura Torino) al sondaggio su come si organizza la differenziata in casa effettuato nel quartiere Vanchiglia a Torino
28 June, 2016
La plastica è il materiale che le persone hanno più in mente al momento di separare i rifiuti? L'umido è quello meno presente nella testa dei cittadini? Le cose stanno così o si tratta di un caso isolato? Eco dalle Città ha raccolto i commenti di Gianluca Bertazzoli e Oscar Brunasso al sondaggio su come si organizza la differenziata in casa effettuato nel quartiere Vanchiglia a Torino. Il commento di Gianluca Bertazzoli, amministratore unico di Hub15 Il sondaggio che le “Sentinelle dei rifiuti” hanno fatto a Torino è limitato sia per ampiezza del campione che per approfondimento delle problematiche, ma offre ugualmente spunti interessanti e suggerisce alcune riflessioni. 1. Il dato che colpisce maggiormente è la percentuale di chi dichiara di non fare mai la raccolta differenziata: il 14% è un valore sensibilmente più alto di quello medio nazionale normalmente riscontrato in analoghe ricerche, svolte nell’arco degli ultimi vent’anni. Di solito, sempre al lordo dell’inevitabile “correttezza politica”, le persone che si dichiarano per nulla interessate e coinvolte non superano il 5/8%. Se questa anomalia può essere comprensibile per gli studenti fuori sede (sistemazioni precarie, coabitazione, pendolarismo, disorganizzazione, ecc.), più difficile spiegarlo per il quartiere “Ex-Italgas”, dove si presume gli insediamenti siano più stabili e “normali”. Bisognerebbe fare una correlazione con le classi di età degli intervistati (gli anziani a basso reddito sono tra i gruppi meno motivati e che incontrano maggiori difficoltà operative) e con la presenza di stranieri, specie se di prima immigrazione (altra area di forte disagio). 2. La raccolta del vetro, che in teoria è la più facile e “indispensabile” (il vetro va separato dal resto dei rifiuti anche per elementari ragioni di praticità e sicurezza), sconta probabilmente consumi bassi e/o in diminuzione, per cui a fronte di una bassa produzione della specifica frazione di rifiuto (probabilmente in alcuni casi tendente addirittura allo zero) è chiaro che non si creano le “masse critiche” per organizzare in casa un’attività di separazione/stoccaggio dedicata. 3. Analogo discorso può valere, seppure in maniera meno evidente, per la carta: l’acquisto di giornali e riviste è in calo verticale, se i modelli di consumo contemplano un ricorso scarso a cibi confezionati (tipicamente i surgelati), in casa non resta molto di carta/cartone, e anche in questo caso a bassa produzione della tipologia di rifiuto corrisponde un coinvolgimento ancora inferiore nella sua raccolta differenziata. 4. Non stupisce invece che sia la plastica a registrare il più alto tasso di partecipazione: grandi volumi (in senso letterale) prodotti con continuità, e non solo di bottiglie, rendono la gestione di questa frazione un problema costante nell’ambito domestico. 5. Infine l’umido: è la raccolta più delicata e complessa, per altro indispensabile non tanto per i benefici che si traggono dal suo riciclo o recupero (compost o produzione di energia tramite digestione anaerobica) quanto per non inquinare le frazioni secche e per “liberare” dalla componente più problematica l’indifferenziato destinato a smaltimento. In teoria ancor oggi, anche nelle aree urbanizzate del Nord, rappresenta più del 20% del rifiuto urbano prodotto, ma la r.d. dedicata ne intercetta solo una quota minoritaria. Sicuramente in ragione dei modelli di consumo molti nuclei famigliari hanno una produzione molto bassa, che talvolta non giustifica la gestione separata in casa (pattumiera dedicata, sacchetto biodegradabile, ecc.), inoltre l’umido nell’immaginario collettivo viene ancora fortemente associato al “rifiuto da buttare”, cioè all’indifferenziato, e, infine, è la raccolta che può dare più problemi (odori). In conclusione, seppure nella sua parzialità che richiederebbe ulteriori verifiche ed approfondimenti, anche questa indagine sembra confermare una tendenza che dovrebbe essere oggetto di riflessione da parte degli addetti ai lavori: il driver principale del successo di una raccolta è sempre più la presenza di un’effettiva “massa critica” continuativa, che giustifichi l’organizzazione a monte della separazione in casa, spesso in contesti critici (disponibilità di spazi per una pluralità di contenitori e loro esposizione per raccolte “porta a porta” senza gestione centralizzata condominiale). In pratica quinndi, se ho pochi rifiuti di un tipo, tendo a metterli nell’indifferenziato perché “il gioco non vale la candela”. Ciò parrebbe spingere verso forme di razionalizzazione dei servizi di raccolta che prevedano l’accorpamento di più frazioni per permettere una gestione domestica di pochi flussi (multimateriale secco riciclabile, lasciando al limite a sé il vetro, umido, secco residuo non recuperabile), sfruttando poi le sempre crescenti capacità prestazionali dell’impiantistica a valle che, anche in base alle contingenze del mercato, si configura come vera e propria “fabbrica dei materiali” per il loro avvio a riciclo o alla produzione di combustibili solidi secondari. Il commento di Oscar Brunasso (Segretario RifiutiZero Piemonte e consigliere aggiunto di ProNatura Torino)
La risposta del 71% e 86% dei cittadini e studenti intervistati in merito alla separazione della materia plastica non trova riscontro nei numeri ufficiali considerando la dovuta proporzione in base alla produzione totale.
Certamente la bottiglia di plastica o la vaschetta della gastronomia o la confezione di detersivo rientrano tra gli oggetti più facilmente identificabili come plastica rispetto a quello che riguarda l’umido, che è sporco e puzza e che, invece di tenerlo a parte, lo si butta via subito con tutto l’indifferenziato nel bidone fuori casa piuttosto che separarlo e conferirlo nei contenitori appositi.
Stupisce la scarsa consapevolezza del valore della carta-cartone nonostante il buon lavoro di “Cartesio” effettuato a domicilio.
Si tratta di comportamenti indotti dal sistema di raccolta stradale che sicuramente induce alla pigrizia, alla scarsa consapevolezza e che in queste proporzioni sono probabilmente limitate ai quartieri con raccolta stradale indifferenziata ed anonima.
Investire nel porta a porta e nella tariffazione puntuale serve a informare sulla opportunità di risparmio energetico ed economico di una adeguata
considerazione dell’umido-organico e delle altre frazioni oltre che essere propedeutico alla riduzione della produzione di rifiuti…”paghi quanto butti” ed a migliorare la qualità del materiale conferito, prevedendo ed applicando le opportune sanzioni ovviamente.
La risposta a queste domande la si trova anche nei dati forniti da AMIAT e dalla città metropolitana in cui appare chiaro che la sensibilità dei cittadini è proporzionale al loro coinvolgimento “civico” ed “economico”.
Basti confrontare i dati nelle tabelle in calce in cui è evidente l’impegno dei cittadini e di AMIAT che permettono di raggiungere dei livelli di differenziazione dei rifiuti attorno al 60% nei quartieri in cui è attiva la raccolta porta a porta, seppur senza tariffazione puntuale, mentre negli altri quartieri permane una sensibilità decisamente inferiore nell’ordine del 30% di RD. Ancora si è lontani dal 65% di RD che era previsto al 31-12-2012 ed ancor più dal recupero effettivo del 50% di materia da quanto differenziato essendo attualmente per tutta la citta di Torino tra il 36% ed il 40% a seconda del metodo di calcolo.