E la montagna partorì il topolino… anche il MATTM è “raccoglione”
Pubblichiamo un post che Gianluca Bertazzoli ha scritto sul blog di Hub15 in merito all'armonizzazione a livello nazionale circa la metodologia di calcolo delle percentuali di raccolta differenziata
11 July, 2016
"Erano anni che chiunque avesse un minimo di dimestichezza con le problematiche della gestione dei rifiuti e, in particolare, con quelle della raccolta differenziata, andava dicendo ai quattro venti che era indispensabile emanare quel famoso decreto, previsto già dal “Decreto Ronchi”, per armonizzare a livello nazionale la metodologia di calcolo delle percentuali di raccolta differenziata. Uno strumento fondamentale, tra quelli rimasti nella penna del legislatore secondo per importanza solo a quell’altro decreto, ancor più imprescindibile ed urgente, che dovrebbe finalmente regolare l'”assimilazione”.
Regioni e Province, con il baldo supporto delle varie ARPA, negli anni si sono infatti adoperate per produrre proprie metodologie di calcolo, tutte ingegnose e rispettabili ma accomunate da un evidente vizio: quello di essere una diversa dall’altra (talvolta neppure di poco!), per cui poi la comparabilità diventa impresa titanica. Ricordo anni fa ad un convegno di ISWA che il rappresentante di ISPRA, che era lì per presentare appunto il lavoro di collezione dati che annualmente l’Istituto faticosamente svolge per produrre il “Rapporto annuale sui Rifiuti Urbani”, dovette ammettere che effettivamente quello cui si trovavano annualmente di fronte era un rompicapo pazzesco, tanto i dati erano tra loro disomogenei.
In effetti l’unico strumento che dovrebbe avere un fondamento comune è il MUD, che però è largamente insufficiente per ottenere dati minimamente raffinati ed utilizzabili. Per questo sono state appunto elaborate le più svariate metodologie per arrivare a numeri più attendibili, a cominciare dall’annosa e mai risolta questione della disaggregazione per frazioni delle raccolte “multimateriale”.
il 26 maggio scorso il MATTM ha finalmente emanato un decreto la cui titolazione suonava incoraggiante: “Linee guida per il calcolo della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani”, con il dichiarato proposito di dare attuazione a quanto previsto dall’art. 205, comma 3-quater del d.lgs. 152/06. Ci si potevano aspettare almeno due cose: che venisse in qualche modo definita (e circoscritta) la nozione di “raccolta multimateriale” e che si individuasse un criterio univoco, seppure generale, lasciando poi magari alle singole regioni la fissazione dei coefficienti di riduzione, per passare dalla raccolta “lorda” a quella “netta”, ossia per evitare che raccolte gravemente inquinate da frazioni estranee destinate poi allo smaltimento come rifiuto indifferenziato “gonfino” artificiosamente i dati di raccolta.
Per inciso, non si tratta di una preoccupazione peregrina: per stare alla frazione più complessa, che come sempre è la plastica, basta andare a confrontare i dati forniti da insospettabili Regioni del Nord del Paese con quelli verificati ad ingresso impianto dal Consorzio COREPLA: i primi arrivano ad essere superiori come minimo del 30%, normalmente almeno del 50, talvolta addirittura del 100%. Il motivo è presto spiegato: le Regioni tendenzialmente assumono il dato lordo del materiale conferito agli impianti di primo conferimento (d’altronde, lì arriva iil MUD dei comuni…), dove invece la raccolta viene “pulita” con perdite comprese tra il 25 e il 50 pe cento. Se prevedono coefficienti di abbattimento per la frazione estranea, questi sono largamente sottostimati, così che, soprattutto per il “multimateriale”, i dati reali sono inevitabilmente lontanissimi (e peggiori) da quelli “ricostruiti” per la contabilizzazione ufficiale.
Non aver poi mai voluto dare una propria veste ufficiale e definita al “multimateriale” fa sì siano teoricamente (ma neanche troppo, in fin dei conti..) possibili casi-limite in cui facendo una raccolta della frazione umida e una della frazione secca (spacciata per “multimateriale”, una specie di “super-multi”…) ci si avvicini pericolosamente al 100% di raccolta differenziata, con grande soddisfazione di amministratori e media, peccato che poi di quel “quasi 100″ la quota effettivamente recuperata è un terzo o poco più, quando non finisce comunque tutto in discarica perché talmente inquinato da non essere lavorabile.
A fronte di queste criticità, ci si poteva aspettare che il MATTM, nell’emanare finalmente il tanto atteso decreto, affrontasse e risolvesse una volta per tutte queste criticità, lavorando così per assicurare credibilità e razionalità all’intero sistema, nonché, oltretutto, per rendere al contempo giustizia a chi lavora bene (e spesso proprio per questo è costretto a portare risultati meno eclatanti) e sbugiardare i troppi che gonfiano dati e petto con raccolte che di differenziato hanno davvero poco.
Aspettative andate in fumo: nel D.M. e nei documenti allegati non c’è una parola sulla qualità, solo una metodologia di base ovvia, preoccupata di porre un freno alle stantie polemiche se “verde da sfalci”, rifiuti da pulizia stradale, ingombranti e compostaggio domestico debbano o meno entrare nel computo della raccolta differenziata. Che poi il materiale raccolto sia bello o brutto, riciclabile o meno, è una preoccupazione che non tocca il Ministero.
Evidentemente anche al MATTM pensano che la cosa più importante sia giocare con le percentuali di r.d. per poterle esibire come un trofeo (e per abbattere l'”ecotassa” sulle discariche…): proprio l’attitudine “raccogliona” che rischia di rendere la raccolta differenziata un moloch costoso e poco performante, un feticcio e non uno strumento…
Complimenti!"