La refezione scolastica in Italia: facciamo il punto con Save the Children
Un rapporto pubblicato qualche mese fa traccia lo scenario su cui operano le mense degli istituti educativi
03 September, 2016
Qualche mese fa “Illuminiano il futuro”, campagna di Save the Children Italia per contrastare la povertà educativa in Italia ha pubblicato il rapporto “(Non) tutti a mensa. Il servizio di ristorazione scolastica per le scuole primarie in Italia”. Il documento contiene svariati punti interessanti. Ecco, di seguito, alcuni passaggi su cui soffermarsi.
Secondo i dati più recenti si stima che a livello nazionale il 50% dei bambini con meno di 14 anni (ovvero più di 2,5 milioni di bambini e ragazzi) usufruisca della refezione scolastica e in media ogni alunno, nel suo ciclo scolastico obbligatorio, consumi circa 2.000 pasti a scuola, a cui vanno aggiunte le merende, fornite sempre dalle scuole. Si stima che nelle mense scolastiche vengano consumati 424 milioni di pasti all’anno: oltre 2 milioni di pasti per ogni giorno di scuola.
Anche a livello normativo la mensa è stata di recente oggetto di attenzione da parte del legislatore. In Parlamento è stata infatti presentata la proposta di legge AC2308 “Disposizioni per garantire l’eguaglianza nell’accesso dei minori ai servizi di mensa scolastica” dell’aprile 2014 nella quale si propone di inserire il servizio di ristorazione scolastica come livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione. La proposta tende a garantire l’uguale accesso dei minorenni al servizio3. L’alimentazione a scuola è un fattore cruciale per lo sviluppo fisico, l’apprendimento cognitivo e la socialità di ogni bambino: il momento del pasto consumato nella mensa scolastica è importante e significativo sotto molteplici punti di vista. La mensa infatti, oltre a garantire un’alimentazione corretta a tutti i bambini almeno una volta al giorno, è una occasione di convivialità, di educazione alimentare, di integrazione tra culture diverse.
1Inoltre, in un contesto come quello attuale di forte riduzione delle capacità economiche delle famiglie, in cui il 35% dei genitori dichiara di aver dovuto ridurre la spesa alimentare, accanto alle sue tradizionali funzioni educative, la mensa scolastica acquisisce anche un’importante valenza di lotta alla povertà. Paradigmatico in questo senso il fenomeno (in espansione negli ultimi anni) della morosità nel pagamento delle tariffe del servizio di ristorazione scolastica da parte delle famiglie. Favorire l’accesso ad una mensa di qualità può rappresentare quindi uno strumento di contrasto alla povertà minorile, perché permette di offrire a tutti i bambini, in particolar modo a quelli che vivono in famiglie maggiormente deprivate, almeno un pasto sano ed equilibrato al giorno. Pertanto garantire la fruizione del servizio di refezione scolastica per le fasce più disagiate diviene strumento di lotta alla povertà e fattore di integrazione sociale. La scuola deve mirare al pieno sviluppo della personalità dei bambini, rafforzare il rispetto per i diritti dell’infanzia ed essere luogo di scambio, riunione e partecipazione; attraverso il servizio mensa si può contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, garantendo l’apertura pomeridiana della scuola e al contempo costruire una scuola inclusiva, aperta e coinvolgente, dove gli alunni possano passare insieme un momento di condivisione fondamentale per il loro sviluppo.
Il Servizio di refezione scolastica deve essere considerato un servizio pubblico a domanda individuale, garantito dall’Ente locale secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia. La qualificazione del servizio di refezione scolastica quale servizio pubblico a domanda individuale sta a significare che l’Ente locale non ha l’obbligo di istituirlo ed organizzarlo. Se però decide di farlo, è tenuto per legge,Breitling Bentley Replica Watches nel rispetto del principio di pareggio di bilancio, a individuare il costo complessivo del servizio e a stabilire la quota di copertura tariffaria a carico dell’utenza. La normativa prevede che esclusivamente per quei comuni strutturalmente deficitari, ovvero che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio secondo quanto stabilito dall’art 242 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, la soglia minima di contribuzione da parte dell’utenza non possa essere inferiore al 36% del costo complessivo. Per gli altri comuni non è previsto dalla normativa alcun limite alla percentuale minima o massima di copertura da parte dell’utenza. Il Comune gode di “amplissima discrezionalità” che non trova nella legge alcuna limitazione in ordine alla misura massima imputabile agli utenti se non quello del rispetto del principio del pareggio di bilancio. “In linea astrattamente teorica, ove lo consentisse un’ipotetica capienza di bilancio, il Comune potrebbe certamente decidere di finanziare per intero il servizio di refezione scolastica con risorse proprie, garantendone la fruizione gratuita da parte della popolazione scolastica cittadina”. Per quanto riguarda le modalità di erogazione del servizio, il Ministero della Salute nel 2010 ha pubblicato le Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica. Il documento nasce con l’intento di uniformare le indicazioni a livello nazionale per favorire sin dall’infanzia, l’adozione di sane e corrette abitudini alimentari. è rivolto a tutti gli operatori della scuola e contiene indicazioni sull’organizzazione e la gestione del servizio di ristorazione: ruoli e responsabilità, aspetti nutrizionali e interculturali, criteri per la definizione del capitolato d’appalto.
Le Linee Guida pongono l’attenzione sulla sicurezza degli alimenti e sul miglioramento della qualità sotto vari aspetti, in particolare quello nutrizionale, con pasti adeguati ai fabbisogni per le diverse fasce di età. è infine riconosciuta l’importanza della formazione dei soggetti coinvolti e addetti al servizio che giocano un ruolo di rilievo nel favorire l’arricchimento del modello alimentare del bambino. Sono state inoltre approvate, sulla scia di quanto già accade in altri paesi europei, norme che regolano la ristorazione collettiva, inserendo nei bandi di gara i Criteri Ambientali Minimi e il Green Public Procurement. A questo proposito si deve sottolineare come, anche grazie all’introduzione di queste norme, l’utilizzo di prodotti biologici nelle mense scolastiche sia notevolmente cresciuto negli ultimi anni.
Il servizio di refezione scolastica è considerato secondo il nostro ordinamento un servizio extrascolastico affidato alla competenza delle amministrazioni comunali. In conseguenza di ciò, prima ancora di prassi differenti sulle politiche di accesso al servizio o sulla qualità del servizio (come vedremo più avanti), la presenza stessa del servizio di refezione non è garantita in tutti i comuni in maniera uniforme, ma varia in modo significativo sul territorio a seconda della disponibilità di risorse economiche, oltre che della volontà politica delle amministrazioni. Il primo indicatore che è stato analizzato è proprio la presenza o meno del servizio stesso nelle scuole primarie (oggetto di questa indagine) a livello nazionale. A tal proposito si deve anzitutto sottolineare come manchino dati aggiornati certi e attendibili relativi alla presenza del servizio di refezione nelle scuole pubbliche italiane. L’ultima rilevazione completa e dettagliata sulla presenza del servizio di refezione scolastica nelle scuole è infatti ferma ai dati del 2011-2012 con la rilevazione eseguita attraverso l’anagrafe dell’edilizia scolastica. Tra i dati di recente pubblicazione dell’anagrafe dell’edilizia scolastica 2014-201519 non è stata infatti censita la presenza o meno del servizio di refezione nelle scuole. Purtroppo, come già segnalato e denunciato in più occasioni da Save the Children20 il quadro generale che emerge dalla lettura dei dati disponibili sulla presenza del servizio refezione nelle scuole è che circa il 40% delle istituzioni scolastiche principali è sprovvisto del servizio mensa. Tuttavia analizzando più nel dettaglio i dati appare evidente come vi sia una forbice tra le regioni del Nord e del Sud Italia, con regioni dove il servizio è assente in quasi un terzo delle istituzioni scolastiche principali21 (Liguria, 29%; Lombardia, 27%; Piemonte, 27%), e regioni nelle quali il servizio non è presente in circa metà degli istituti: Sicilia (49%), Campania (51%) e Puglia (53%) (Tabella
Il servizio di refezione scolastica è inoltre chiaramente correlato alla presenza del tempo pieno nelle scuole (la presenza del servizio mensa presuppone il tempo pieno o quantomeno parziale). In media in Italia circa il 70% delle classi della scuola primaria non offre il tempo pieno: solo la Basilicata vanta un’offerta di poco superiore al 50%, mentre in Molise, Sicilia, Campania, Abruzzo e Puglia più dell’80% delle classi non garantisce l’orario lungo23. Se andiamo quindi a leggere i dati relativi al servizio mensa assieme a quelli sulla presenza nel tempo pieno nelle scuole, vediamo come vi sia una chiara correlazione tra i due fenomeni con le regioni del sud Italia (Sicilia, Puglia e Campania in testa) che hanno percentuali tra le più elevate per entrambi i fenomeni.
L’altro dato analizzato, accanto a quello puramente gestionale, è quello della tipologia di mensa, ovvero mense con cucine interne alla scuola o fornite esclusivamente con pasti trasportati da cucine esterne. Ove possibile infatti, come riportato anche dalle Linee Guida del Ministero, è da privilegiare la produzione di pasti in loco, sia che venga operata in economia dal committente che con gestione esternalizzata all’appaltatore; comunque l’intervallo di tempo fra preparazione e distribuzione va ridotto al minimo
Anche in questo caso la maggioranza dei comuni (65%) adopera solo pasti trasportati dall’esterno, mentre il 35% ha almeno in alcune scuole del territorio cucine interne. è da notare come non necessariamente l’affidamento a ditte esterne sia sinonimo di pasti trasportati, ma vi siano comuni (come il Comune di Roma ad esempio) in cui la ditta appaltatrice opera all’interno delle cucine interne alle scuole. Si deve infine sottolineare come tutti i comuni del Sud Italia ad eccezione di Cagliari non abbiano cucine interne, ma svolgano il servizio solo con pasti trasportati, segno anche questo della forbice profonda tra Nord e Sud Italia anche rispetto alla qualità strutturale delle istituzioni scolastiche. è stato inoltre chiesto ai comuni di indicare la presenza o meno nelle scuole del territorio di menù differenziati legati a scelte etiche e religiose oltre che per intolleranze alimentari certificate. In questo caso si deve riportare come tutti i comuni abbiano risposto di prevedere all’interno del servizio la possibilità di menù differenziati sia per scelte religiose che etiche (ad esempio menù senza carne di suino o vegetariani oltre che ovviamente per intolleranze alimentari certificate).
In conclusione, la Commissione Mensa non è presente in tutti i comuni mappati e si deve a questo proposito insistere sull’importanza di quest’organo per coinvolgere e mettere in collegamento le famiglie, i bambini delle scuole e l’ente gestore. A questo proposito Save the Children propone , anche sulla base di quanto emerso dagli incontri di consultazione con i ragazzi, che la Commissione Mensa sia allargata anche a una rappresentanza degli alunni, proprio per poter svolgere al meglio il ruolo di collegamento affidatole dal Ministero. Non si capisce infatti per quale motivo non si debba permettere ai ragazzi di esprimere il loro giudizio su un servizio pensato e messo in piedi proprio per loro. Nell’ultima parte del questionario è stato chiesto al comune di riportare eventuali buone prassi presenti sul territorio. Molteplici sono le attività riportate dai comuni, dal recupero delle eccedenze ai programmi di educazione alimentare. Non è possibile in questa sede ovviamente riportare tutte le attività promosse dai comuni sul tema, ma in termini generali si nota come siano molto diffusi i programmi incentrati sul recupero delle eccedenze alimentari,rolex replica watches segno dell’accresciuta sensibilità ambientale anche tra le amministrazioni comunali. Più del 50% dei comuni intervistati ha infatti riportato di progetti presenti sul territorio mirati al recupero delle eccedenze alimentari e alla sua redistribuzione a enti caritatevoli
Per leggere il Rapporto di Save the Children sulle mense scolastiche italiane nella sua interezza cliccare qui.