Un impatto sanitario invisibile perchè non censito e non monitorato. E’ la denuncia di Peacelink che ha redatto un dossier sulle polveri prodotte dall'acciaieria che le misurazioni dell'Arpa non riescono ad intercettare perché troppo grossolane o troppo sottili
14 September, 2016
"Non toccate quelle polveri" è un dossier divulgativo redatto da Peacelink in cui si chiede una valutazione dell'impatto sanitario di tutte le polveri presenti a Taranto e derivanti dell’Ilva, anche di quelle che le centraline Arpa non riescono a "vedere" con gli strumenti di misurazione del Pm10 e del PM2,5.
Peacelink spiega che la “chimica dei balconi”, ovvero la composizione delle polveri che si depositano su balconi e finestre delle case tarantine, varia a seconda della distanza dall’acciaieria. “Le polveri rosse si trovano nelle zone a ridosso all’Ilva e sono in prevalenza provenienti dal parco minerali”. Ci sono poi le “polveri nere che ricadono in grande quantità sul quartiere Tamburi ma arrivano anche sugli altri quartieri, compresi quelli più distanti”. A differenza delle polveri rosse “sono attratte dalla calamita”. Questo magnetismo dimostra che “si tratta di una frazione di polveri attribuibile al processo produttivo dell’acciaieria e ai processi di combustione” ed è quindi molto più tossica di quella rossa del parco minerali: “una polvere mortale che contiene una vasta schiera di sostanze tossiche, dalle diossine ai metalli pesanti, passando per gli IPA”.
Ebbene le polveri in questione sfuggono alle misurazioni dell’inquinamento dell’Arpa perché troppo “grossolane”. Le centraline misurano infatti solo le polveri sospese e con un diametro di 10 millesimi di millimetro, il famoso PM10. Dal PM11 in su non vengono più intercettate. Ma Peacelink spiega che “le polveri in sospensione che possiamo inalare o ingerire arrivano fino al PM76. Dopo il PM76 le polveri cadono per terra e si depositano", sui balconi per l’appunto, "e si possono risollevare quando c'è vento”.
Ma non è finita qui. Il dossier prosegue dicendo che Taranto replica uhren è ricoperta anche di polveri sottilissime, composte di nanoparticelle che sfuggono alle misurazioni esattamente come quelle più grandi. “Quando il particolato scende sotto il PM1 (ad esempio il PM0,5) diventa pericolosissimo perché supera gli alveoli polmonari e finisce nel sangue, nel fegato. In certi casi il particolato può finire persino nel cervello. E di questo particolato l'Ilva ne produce molto, in quanto viene generato in combustioni ad altissime temperature”.
L’associazione accusa e dice che il Centro Salute e Ambiente di Taranto, ente della Regione Puglia, avrebbe dovuto studiare queste problematiche facendo la cosiddetta "speciazione" delle polveri ma non lo ha fatto. “A Taranto c’è un'emergenza sanitaria costituita da migliaia di tonnellate di polveri di cui non è stata studiata la tossicità e che sono rimaste "invisibili". Quelle polveri "vengono spazzate, lavate, raccolte, toccate senza che siano fornite indicazioni sanitarie e precauzionali esplicite sulla loro manipolazione e sulle modalità del loro smaltimento". Chiediamo all'ARPA e alla ASL una perizia completa sulle polveri che attualmente ricadono su tutta la città in modo tale che ogni cittadino potrà utilizzarla per applicare a ragion veduta il principio "chi inquina paga - rivalendosi nelle sedi competenti - senza dover affrontare a proprie spese il compito di un accertamento tecnico sull'origine e sulla composizione fisico-chimica di quelle polveri".