I rifiuti nel progetto di sostenibilità di Terra Madre Salone del Gusto
Il progetto Systemic Event Design (SEeD) per la sostenibilità di Terra Madre Salone del Gusto, che quest'anno si svolge tra il centro di Torino e il Parco del Valentino dal 22 al 26 settembre. Attenzione particolare al tema rifiuti. Intervista a Franco Fassio, responsabile scientifico del progetto SEeD
19 September, 2016
Quando nasce il progetto di sostenibilità dell’evento?
Il progetto di sostenibilità è frutto di dieci anni di ricerca applicata a Terra Madre - Salone del Gusto. Siamo partiti nel 2006, studiando la riduzione dell’impatto ambientale dell’evento e nel corso degli anni lo studio si è allargato ad altri scenari progettuali. Oltre alla sostenibilità, abbiamo iniziato a lavorare sull’innovazione sociale, sull’accessibilità culturale e fisica, e sull’impatto economico. Dal punto di vista progettuale, l’edizione 2016 vede la collaborazione di tre atenei: Università di Scienze Gastronomiche, Politecnico di Torino (Design), Università di Torino (CPS e Management). Dal punto di vista operativo, collaborano più di 40 aziende (fornitrici dell’evento, partner del progetto, sponsor, etc.) e sono coinvolte circa 1.200 persone, tra volontari di Legambiente, Sentinelle dei Rifiuti di Eco dalle Città e personale Slow Food e e aziende partner.
Sul tema rifiuti, quali misure sono state adottate e quali risultati avete ottenuto?
Partiamo dal 2006. Nei grandi eventi, ai tempi, non esisteva ancora la sensibilità verso la riduzione dell’impatto ambientale e possiamo considerarci degli innovatori in questo senso. Dieci anni fa partivamo con una percentuale di raccolta differenziata del 16%. Inoltre, ci concentrammo sulla produzione di scarti e calcolammo che l’evento costituiva circa il 3% dei rifiuti prodotti dall’intera Torino in quei giorni di manifestazione. Più eventi insieme, com’erano concepiti all’epoca, avrebbero potuto mandare al collasso il sistema di gestione rifiuti della città. Era quindi necessario lavorare sulla riduzione, e poi sulla successiva valorizzazione.
Siamo riusciti a ridurre gli impatti derivanti dai rifiuti, con una serie di innovazioni eclatanti, anticipando in alcuni casi le novità legislative, come nel caso dei sacchetti biodegradabile e compostabili, che il Salone del Gusto ha introdotto in tutto l’evento già nel 2008. Un’altra misura innovativa, che normalmente non viene adottata, è la separazione del vetro colorato da quello trasparente. Così facendo, abbiamo iniziato a vedere i frutti nel nostro lavoro. A partire dal 2012, e poi nel 2014, la raccolta differenziata è salita al 59,11%, con una purezza del rifiuto del 92%.
Altro elemento importante è la tracciabilità. Lavoriamo fin da subito per tracciare l’origine dei prodotti. E laddove sia necessario produrre scarti, tracciamo tutto il percorso del rifiuto fino al suo arrivo negli impianti. Nessun evento si è spinto così in là, nella mappatura del sistema del rifiuto. È una filosofia che caratterizza tutta la progettualità sistemica applicata all’evento.
Quest’anno, insieme ad Amiat - gruppo Iren, ci siamo prefissati di superare l’obiettivo del 70% di raccolta differenziata. In questo senso, oltre al nostro impegno progettuale, sarà fondamentale il contributo dei visitatori. Invitiamo ogni persona che deciderà di visitare l’evento, ad essere un soggetto attivo che in maniera consapevole partecipa alla riduzione dell’impatto ambientale della manifestazione. Una buona fetta di questa sostenibilità, infatti, è data dalle abitudini quotidiane di ciascuno di noi, come nel caso della separazione dei rifiuti.
Come vengono validate e verificate le percentuali di raccolta e purezza?
A livello contrattuale, chiediamo a chi si occupa della gestione dei rifiuti, di consegnarci un report finale dove ci sono le pesate dei rifiuti prodotti e le percentuali di purezza. Ai tempi dell’evento all’interno dell’area Lingotto, le benne pesavano direttamente il rifiuto. Oggi che siamo in città, la pesata avverrà nei punti di valorizzazione, dove abbiamo deciso di portare il rifiuto. Per quanto riguarda la purezza, invece, il dato si ottiene attraverso ispezioni visive, fotografie e analisi merceologiche che vengono fatte al rifiuto una volta giunto al centro di smistamento.
Tutto ciò è reso possibile, dal fatto che ci affidiamo ad aziende che vengono contattate direttamente dai Consorzi di filiera per gli imballaggi. È il caso di Comieco per la carta e il cartone. Ricrea per l’acciaio. Rilegno per il legno. C'è poi Verallia, importante azienda del circuito vetro di CoReVe. E Novamont per i componenti biodegradabili e compostabili. Grazie all’aiuto di queste aziende e questi consorzi, possiamo tracciare il rifiuto, capire dove va a finire e fare le misurazioni che richiediamo. Queste informazioni arriveranno quindi ad Amiat che a fine evento elaborerà un finale con tutti i dati.
Inoltre, vale la pena ricordare un aspetto importante per i materiali biodegradabili: in questo caso c’è bisogno di creare un compost con tempistiche differenti dalle normali condizioni di compostaggio industriale. Se conferisci agli impianti una grande quantità di materiale compostabile, i tempi saranno più lunghi, rispetto agli scarti organici tradizionali. Ed è per questo che gestiamo il materiale biodegradabile in maniera opportuna e calibrata.
Come sono state pensate le isole ecologiche? Nel centro di Torino sono presenti isole ecologiche con varietà di frazioni che arrivano fino al legno e al sughero.
Non tutte le isole ecologiche hanno legno e sughero, ma solo quelle in zone specifiche come piazza Castello e piazza San Carlo. Lì siamo vicini alla zona ‘Enoteca’. La raccolta del legno serve anche per la fase di disallestimento.
Le isole ecologiche sono state progettate a seconda delle categorie merceologiche presenti nella zona degli espositori. In base all’offerta, l’isola ecologica cambia identità. Si passa da isole ecologiche complete con vetro, organico, carta, plastica, legno (sughero), metalli (in particolare acciaio) e microbidone dell’indifferenziato, a microisole costituite solo da vetro o solo da carta, materiali biodeegradabili, metalli e vetro, come la zona delle cucine di strada.
Il passaggio da un’area fieristica al cuore di una città rappresenta un vantaggio oppure un ostacolo?
È un’incredibile opportunità. È un modello da costruire e noi proveremo a farlo. A livello gestionale potrebbe sembrare più complicato ma se ragioni con la municipalizzata della città, con una realtà ben insediata nel territorio, queste complicazioni sono superabili grazie ad eventuali passaggi aggiuntivi di raccolta, così come abbiamo stabilito con Amiat.
Noi mettiamo in gioco tutte le nostre progettualità, ma come dicevo all’inizio, esiste sempre la variabile “persona”, a cui rivolgiamo il nostro messaggio. L’evento sarà, infatti, un veicolo di educazione e comunicazione incredibile. Perché rispetto al passato, è gratuito e supera la barriera del prezzo per portare a tutti il suo messaggio di sostenibilità a 360° gradi.Leggi anche:
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