Noi, secondi solo ai tedeschi nel riutilizzo degli imballaggi
Il direttore Conai Facciotto: «Sistema efficace, basato sul principio della responsabilità condivisa». Resta però il problema che in Italia la raccolta soffre di disparità da Regione a Regione - da CORRIERE.IT del 4.10.2016
03 October, 2016
di Paolo Virtuani
"Siamo
stati i precursori dell’economia circolare già alla fine degli anni
Novanta quando abbiamo fatto nostro lo slogan dalla culla alla culla.
Abbiamo capito il valore del recupero e del riciclo di materiali come la
carta, il vetro, i metalli e la plastica. È una storia di successi che
inizia da lontano". Un moderato orgoglio traspare dalle parole di Walter
Facciotto, direttore generale del Conai (Consorzio nazionale
imballaggi), la soddisfazione di chi - a distanza di anni - vede
riconosciuto non solo il proprio lavoro, ma la filosofia che sta alla
base di un modo di fare impresa. E che, «dopo anni di insistenza», ora
viene accettata come un fatto naturale, come il fondamento di un mondo
che non può più prescindere da un concetto di base: «I rifiuti sono una
risorsa e il sistema raccolta differenziata/riciclo è un mezzo e non il
fine». Il fine è l’economia circolare. Concetti che ora appaiono
(abbastanza) scontati, ma che vent’anni fa sembravano utopici. O, per
dirla con un linguaggio caro agli imprenditori, erano «fuori mercato».
L'indagine CONAI
Quello che una volta era fuori mercato oggi ne è quanto mai parte viva. Lo evidenzia l’indagine promossa dallo stesso Conai, con il supporto dell’Istituto di management della Scuola superiore di Sant’Anna di Pisa e di Iefe Università Bocconi, sulla diffusione dei principi di «circolarità» nella filiera degli imballaggi e degli sviluppi di iniziative verso una reale economia circolare. L’indagine ha coinvolto 95 mila aderenti al sistema Conai con fatturato superiore a un milione di euro e più di dieci addetti. Il primo risultato che offre uno spunto di riflessione è che quasi la metà delle imprese italiane utilizza imballaggi (vetro, plastica, carta e cartone, legno, alluminio e acciaio) composti integralmente da materiale proveniente dal riciclo. La cosiddetta «materia prima seconda» non è più una soluzione di ripiego o di scarso valore, ma un fatto acquisito all’interno di un modello di business che mette al centro la «circolarità» dell’economia: lo scarto si recupera e diventa nuova materia prima. «È un grande risultato, ma dobbiamo migliorare ulteriormente la qualità del materiale avviato a riciclo», afferma Facciotto.
Gli obiettivi
«La
svolta è avvenuta quando venne approvata la direttiva europea sui
rifiuti che introdusse il concetto di società del riciclo , imponendo
che entro il 2020 si raggiungesse il 50% della percentuale riciclata di
alcuni materiali. Però permane una discrasia tra gli obiettivi dei
Comuni (la semplice raccolta differenziata dei rifiuti urbani) e quelli
di chi si occupa del riciclo, che invece è molto attento alla qualità
dei rifiuti conferiti per evitare la diminuzione della bontà del
prodotto una volta terminata la filiera del riciclo e ulteriori costi
per renderlo il più puro possibile». Ecco perché, come emerge
dall’inchiesta, un produttore di imballaggi su cinque ha aumentato il
controllo sui fornitori per trovare il modo di diminuire l’impatto
ambientale del proprio prodotto. Quasi l’80% dei produttori di
imballaggi negli ultimi tre anni ha diminuito la quantità dei rifiuti
prodotti e quasi la metà li ha ridotti del 30 per cento. Oggi un
imballaggio su cinque è realizzato con almeno il 30% di materiale
riciclato. «L’Italia, per quando riguarda il riciclo dei rifiuti di
imballaggi, si trova al secondo posto in Europa dietro alla Germania»,
prosegue il direttore generale del Conai, «grazie anche al fatto che il
sistema di raccolta è tra i più efficaci perché si basa sul principio
della responsabilità condivisa. Viene interessata tutta la catena: dal
cittadino ai Comuni, dai consorzi alle aziende. L’importante è che tutti
gli ingranaggi funzionino al meglio e allo stesso modo per ottenere il
massimo dei risultati in termini di resa».
Differenze
Nessuno, nemmeno al Conai, nasconde che in Italia esistono forti differenze regionali nella raccolta dei rifiuti, disparità che sono distribuite a macchia di leopardo anche all’interno delle singole regioni. «Basta considerare la realtà della raccolta differenziata di Salerno rispetto a Napoli, pur se negli ultimi tempi anche il capoluogo campano ha dato segnali importanti in questo senso», dice Facciotto. «L’importante è l’organizzazione del servizio che gestisce la raccolta differenziata, dipende se l’amministrazione comunale vuole impegnarsi seriamente oppure no. Non è un problema culturale, ma organizzativo e politico. Ci vogliono anche le sanzioni per il cittadino o il condominio che non effettua la differenziazione nel modo corretto. Ma con le multe abbiamo visto che il servizio funziona. E alla fine tutti ne hanno benefici: i cittadini, i Comuni, le aziende, l’economia. E soprattutto l’ambiente. È una questione di volontà e mezzi».
Leggi anche:
Aperte le iscrizioni all’ottava edizione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti
Raccolta differenziata di qualità: rinnovato il protocollo d'intesa CONAI-Regione Marche