Decreto inceneritori, 8 nuovi impianti in arrivo. Non cambia la strategia del Governo sui rifiuti
Sono otto i nuovi inceneritori da realizzare in Italia secondo il Consiglio dei Ministri, per un fabbisogno impiantistico di oltre 1,8 milioni di tonnellate all'anno di rifiuti urbani o assimilabili. Riciclo e riuso sempre in secondo piano
10 October, 2016
Il Consiglio dei Ministri ha deciso. Sono otto i nuovi inceneritori da realizzare in Italia per un fabbisogno impiantistico di oltre 1,8 milioni di tonnellate all'anno di rifiuti urbani o assimilabili. Saranno tre nel centro Italia, Umbria, Marche Abruzzo, due al Sud, Lazio e Campania, uno in Sardegna e due in Sicilia, mentre al Nord non se ne vede il bisogno. Per la Puglia è stato disposto di potenziare la capacità già presente.
È questo ciò che prevede il Decreto Ministeriale di attuazione dello Sblocca Italia pubblicato in Gazzetta ufficiale mercoledì 5 ottobre. La formalizzazione è arrivata dopo che nell’ultima Conferenza Stato Regioni si è trovato l’accordo sulla capacità complessiva di trattamento dei rifiuti degli impianti in esercizio o autorizzati a livello nazionale e sul fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti nuovi.
Rispetto al testo precedente dello Sblocca Italia, ciò che è stato realmente modificato è il numero degli inceneritori, che sono passati da 12 a 8, con la possibilità che la verifica rispetto all’impiantistica prevista dal governo “si subordini anche ad intese interregionali”. In realtà nella sua versione definitiva il decreto cambia di poco e mantiene l’impostazione generale che considera l’incenerimento come soluzione principale al pre-trattamento dei rifiuti urbani.
Proprio quello che tante associazioni ambientaliste contestano, sottolineando che sarebbe più opportuno realizzare, soprattutto nel centro-sud, nuovi impianti per trattare l’organico differenziato (da cui recuperare energia con il biogas), che per colpa dell’impiantistica carente continua a viaggiare quotidianamente su gomma per diverse centinaia di chilometri, e una rete di centri per la massimizzazione del riciclaggio (ecodistretti, fabbriche dei materiali, etc) e per la preparazione al riuso. Manca insomma quella visione da ciclo integrato dei rifiuti propria di un’economia circolare, su cui il Governo spende tante parole per poi agire in senso opposto. O quantomeno in modo controverso.
Attualmente gli inceneritori in esercizio in Italia sono 40: la capacità nazionale complessiva di trattamento di questi impianti al mese di novembre 2015 è pari a 79 2.893,77 (MW) sulla base di 5.910.099 tonnellate l’anno. Oltre al fabbisogno impiantistico rispetto a questi già attivi, il decreto determina anche la capacità potenziale di trattamento degli impianti autorizzati e non in esercizio al mese di novembre 2015 e per ciascuno di essi individua la capacità potenziale di trattamento e della localizzazione su base regionale. Tali impianti sono cinque: due si trovano in Lazio, uno in Calabria, uno in Puglia e uno in Toscana, l’impianto di Sesto Fiorentino.
Il ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, ha lasciato comunque una porta aperta anche alla possibilità che il piano preveda un aggiornamento annuale in base ad aggiornamenti in corso d’opera: “E’ chiaro, e lo voglio dire con molta precisione, che questo piano parte dal presupposto che tutte le regioni arrivino al raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Europa, quindi che tutte le regioni arrivino al 65% di raccolta differenziata e che tutte colgano gli obiettivi di produzione dei rifiuti del 10%; fatto questo conteggio – ha aggiunto – si individua ancora la necessità, del Paese in questo caso, di incenerimento, che equivale a 8 termovalorizzatori”.