Clima, la Camera ratifica l'accordo di Parigi. Ora il testo passa al Senato
Sì dell'Aula della Camera alla ratifica dell'Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Il testo è stato approvato a Montecitorio con 359 voti a favore, nessun contrario e 12 astenuti (della Lega)
19 October, 2016
Dopo il sì della settimana scorsa da parte della Commissione Ambiente, è arrivato anche il sì dell'Aula della Camera alla ratifica dell'Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Il testo, approvato a Montecitorio con 359 voti a favore, nessun contrario e 12 astenuti (della Lega), passa adesso al Senato.
Il ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, ha ringraziato con un tweet "i parlamentari di Montecitorio" rilevando che "nessun voto contrario è segnale di impegno e sensibilità", mentre il presidente della Commisione Ambiente, Ermete Realacci, si augura "che arrivi presto anche l’approvazione del Senato, così da rendere effettiva la ratifica dell’Italia in tempo per la COP22 e andare a testa alta a Marrakech. Ora serve una politica all’altezza della sfida - aggiunge Realacci - capace di spingere con maggiore forza e determinazione per l’ambiente e per un’economia a misura d’uomo".
L'accordo di Parigi entrerà in vigore effettivamente il 4 novembre prossimo, ovvero 30 giorni dopo la soglia minima di 55 paesi ratificanti che corrispondano al 55% delle emissioni mondiali di gas climalteranti. Oggi oltre ha ratificato l'accordo anche l'Indonesia. Finora sono 197 i paesi che hanno ratificato il documento approvato a Parigi lo scorso dicembre.
L’onorevole
Chiara Braga del Partito Democratico, che ha fatto parte
della delegazione del Parlamento Italiano alla COP21 nella Capitale francese, ha dichiarato
che “con l’approvazione alla Camera del Ddl l’Italia si prepara ad affrontare
una delle più grandi sfide del Terzo Millennio: quella del contrasto
al cambiamento climatico e delle relative misure di mitigazione e
adattamento. Una questione planetaria che incrocia tutti i più grandi temi
globali del nostro tempo: dallo sviluppo sostenibile alla green economy, dalla
lotta al dissesto idrogeologico all'adattamento ai fenomeni meteorologici
sempre più estremi, dall'alternarsi di siccità e alluvioni ai migranti
climatici, previsti dalle Nazioni Unite in svariati milioni da qui
al 2050”.
“Affrontare il cambiamento climatico – ha aggiunto Braga - oltre che dare una risposta in termini di sicurezza contro le calamità e a favore della tutela dell'ambiente, può contribuire allo sviluppo economico delle nostre ‘vecchie’ economie, promuovendo lo sviluppo di tecnologie a basso contenuto di carbonio in un’ottica di uscita dalle fonti fossili. In un futuro molto prossimo potremo infatti avere senza difficoltà sistemi energetici a zero emissioni. Ora è importante capire come riallocare fin da subito le risorse che già oggi vengono investite nelle fossili verso l'efficienza energetica, le rinnovabili, la mobilità sostenibile, la lotta al dissesto e al consumo di suolo”.
Ecco il Contenuto dell'Accordo (per leggere il testo completo clicca qui):
L'Accordo in esame è un trattato internazionale concluso nel dicembre 2015, in occasione della Conferenza sui cambiamenti climatici (COP21) tenutasi in quel mese a Parigi, e a seguito del mandato che la Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) aveva conferito nella Conferenza di Durban (COP17) di quattro anni prima. La relazione illustrativa al disegno di legge in esame delinea sinteticamente ed efficacemente il quadro evolutivo che ha condotto agli ulteriori impegni di diminuzione delle emissioni di gas ad effetto serra contenute nell'Accordo di Parigi, onde limitare l'aumento della temperatura del pianeta e i conseguenti effetti negativi sull'habitat umano, soprattutto con il moltiplicarsi di eventi climatici a carattere estremo.
La relazione illustrativa, dunque, pone l'Accordo di Parigi al culmine di un percorso iniziato nel 1992 con la citata Convenzione UNFCCC, e che cinque anni dopo, con il Protocollo di Kyoto, ha visto concentrare l'attenzione più specificamente sull'obiettivo di una riduzione (del 5%) delle emissioni di gas ad effetto serra nel periodo 2008-2012, in riferimento ai valori del 1990. L'annuale Conferenza sui cambiamenti climatici – che riunisce le Parti della Convenzione UNFCCC - del 2012 (COP18), svoltasi nella capitale del Qatar Doha, adottava un ulteriore Emendamento per un secondo periodo di impegni nella riduzione delle emissioni di gas serra nel periodo 2013-2020. L'Accordo di Parigi costituisce dunque il terzo importante snodo sulla via, ormai individuata in modo costante, della necessità di una limitazione cospicua delle emissioni di gas a effetto serra, in primis l'anidride carbonica. La relazione illustrativa prosegue evidenziando come anche nel caso dell'Accordo di Parigi - come già per il Protocollo di Kyoto - l'Unione europea e i suoi Stati membri abbiano optato per adempiere congiuntamente agli impegni in questione: ciò comporterà, al momento del deposito degli strumenti di ratifica, la contemporanea notifica di un accordo di attuazione congiunta nel quale emergano con chiarezza gli impegni dei singoli Stati.
L'accordo di attuazione congiunta risulta attualmente in fase di definizione sulla base del pacchetto europeo di riduzione delle emissioni di gas serra in riferimento all'anno 2030. L'Accordo è stato formalmente ratificato dal Consiglio Ambiente dell'UE il 4 ottobre scorso, subito dopo aver ottenuto il consenso del Parlamento europeo.Con l'approvazione dell'accordo da parte del Parlamento europeo ed il completamento del processo di ratifica da parte dell'UE è stata raggiunta la soglia fissata (ratifica da parte del 55% delle parti contraenti, rappresentanti il 55% delle emissioni totali), pertanto l'accordo entrerà in vigore il 5 novembre prossimo. Per quanto riguarda i singoli Stati membri, allo stato l'accordo è stato ratificato da Austria, Francia, Germania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia ed Ungheria. L'accordo, inoltre, è già stato ratificato da Cina e Stati Uniti. Vale senz'altro la pena ricordare quanto riportato dall'Analisi di impatto della regolamentazione (AIR) che correda anch'essa il disegno di legge in esame: dall'AIR emerge che l'urgenza di intervenire sui livelli di emissione di gas serra deriva dal fatto che dall'inizio della Rivoluzione industriale alla metà del XVIII secolo ad oggi gli ultimi quarant'anni abbiamo visto concentrare la metà delle emissioni di gas serra derivanti da attività umane.
Nel marzo 2015, in vista dell'adozione dell'Accordo di Parigi, l'Unione europea e gli Stati membri hanno comunicato un impegno a ridurre le emissioni di gas a effetto serra nella misura del 40% rispetto ai livelli del 1990. Viene peraltro sottolineato che gli impegni di limitazione previsti dall'Accordo di Parigi, in riferimento all'Unione europea e agli Stati membri di essa, si applicheranno dal 2021 in poi, poiché fino al 2020 valgono gli obblighi stabiliti dall'Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto. Per quanto poi riguarda la verifica del grado di attuazione degli obiettivi previsti l'AIR fa riferimento al Regolamento UE 525/2013 in materia di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra, nonché di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici. Per quanto più precipuamente concerne l'impatto della ratifica dell'Accordo di Parigi sulla competitività dell'Italia, l'AIR constata come proprio a partire da questo Accordo gli impegni alla limitazione delle emissioni di gas a effetto serra comincino a concernere anche paesi finora esclusi, in quanto al di fuori del novero dei paesi sviluppati, e ciò dovrebbe nel tempo ridurre i differenziali di convenienza per gli investimenti che nei decenni passati hanno accelerato il fenomeno della delocalizzazione produttiva delle aziende italiane.
Forse ancor più importante è l'impatto potenziale per le aziende italiane che dovrebbe
comportare l'insieme degli sforzi per accrescere le capacità dei paesi meno avanzati nel settore del
contenimento delle emissioni e dei relativi controlli - ciò dovrebbe infatti favorire l'esportazione del know how
italiano nel settore delle tecnologie verdi.
Per quanto poi concerne i soggetti responsabili dell'attuazione dell'Accordo di Parigi l'AIR enumera il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, il
Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il
Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), l'Istituto Superiore per la protezione e
la ricerca ambientale (ISPRA).