Crisi del riciclo materie plastiche: il caso emblematico di Dentis, 'costretto' ad investire in Spagna
Corrado Dentis, imprenditore del settore riciclo materie plastiche: "Fino al 2011 avevamo intenzione di continuare a crescere in Italia e di sviluppare ulteriormente le nostre attività. La mancata crescita di materiali da riciclare e altre dinamiche, non di mercato, ci hanno costretti a investire fuori"
26 October, 2016
Vorrei partire dal 2011, quando avvenne l’acquisizione dell’azienda spagnola “PET Compania Para Su Reciclado” da parte di Dentis. Una decisione presa nel momento in cui iniziava a manifestarsi la crisi del mercato italiano del riciclo della plastiche. Vista questa coincidenza, Le vorrei chiedere se la scelta di investire in Spagna è stata dettata da una pura opportunità economica o se è stata anche frutto della situazione italiana?
La scelta è stata frutto di una ponderazione approfondita su quelle che erano le prospettive italiane e non. Se venisse a vedere il nostro stabilimento di Sant’Albano Stura (Cuneo), vedrebbe che c’è un’area predisposta per il raddoppio dello stabilimento che attualmente vede ancora rovi ed erbacce. Fino al 2011 avevamo intenzione di continuare a crescere in Italia e di sviluppare ulteriormente le nostre attività. Purtroppo abbiamo preso la decisione di non insistere più sullo stabilimento italiano. Una scelta correlata all’andamento del nostro settore. Abbiamo approfondito le dinamiche soprattutto legate all’approvvigionamento dei materiali da riciclare. La mancata crescita di materiali da riciclare e altre dinamiche, non di mercato, ci hanno costretti a investire fuori dall’Italia. Presa questa decisione, abbiamo fatto una serie di analisi su quella che sarebbe stata l’opportunità più interessante. Dopo tutta una serie di considerazioni e di valutazioni, abbiamo deciso di investire in Spagna, a Valencia.
Quali sono le condizioni non legate al mercato che via hanno indotto a non investire nell’allargamento dello stabilimento di Sant’Albano Stura?
Mi rifaccio ad un mio recente intervento nell’ambito del forum “La nuova riforma europea sui rifiuti e il ruolo del riciclo della plastica nell’economia circolare”. In quella occasione ho evidenziato le dinamiche che oggi continuano a non funzionare nell’ambito di una mancata logica di mercato che caratterizza l’Italia.
Ho portato all’attenzione della tavola rotonda alcuni elementi. Come operatori del riciclo, per quanto riguarda gli approvvigionamenti degli imballaggi in plastica da post-consumo, oggi dipendiamo da Corepla. In Italia non abbiamo altre forme, se non le quantità che riusciamo ad ottenere con aggiudicazioni attraverso le aste telematiche dettate dal Consorzio. Tuttavia, non è tanto la modalità a preoccupare. Il vero grande problema, che ho sottoposto all’attenzione del Forum, è la mancanza di investimenti nell’innovazione dei prodotti.
Ho preso a campione gli ultimi tre bilanci Corepla (2013-2014-2015) per analizzare quelli che sono stati gli investimenti in ricerca e sviluppo per nuovi prodotti. Il mercato dei riciclatori, infatti, ha bisogno di nuovi prodotti su cui far crescere le proprie attività e per andare nella direzione tracciata con i nuovi obiettivi europei di riciclo. Oggi Corepla è intorno al 25% di materiale avviato al riciclo rispetto agli imballaggi in plastica immessi al consumo. E se guardiamo agli investimenti in ricerca e sviluppo nel triennio 2013-2015, a fronte di ricavi superiori al miliardo e 200 milioni di euro, il Consorzio ha investito circa un milione e 500 mila euro ( cifra corrispondente solamente allo 0,1 % del fatturato ) in nuovi prodotti. Rapportandoci invece a quello che è l’immesso al consumo (che secondo gli ultimi dati disponibili è di poco superiore ai 2 milioni e 100 mila tonnellate), i nuovi prodotti proposti da Corepla ai riciclatori sono stati solamente due, un prodotto a base di polipropilene (IPP) e un altro a base di film di polietilene di piccole dimensioni (FILS), che equivalgono in tutto a 55 mila tonnellate. Rispetto a oltre due milioni di tonnellate di imballaggi in plastica di immesso al consumo, stiamo parlando di poco più del 2,5%. Praticamente nulla.
Davanti a questa mancanza di investimento da parte del sistema, come si può pensare che le industrie del riciclo possano crescere? Crescono se hanno più materiale da riciclare. Se non c’è materia su cui effettuare il riciclo, o se cresce in maniera risibile, i riciclatori rimangono al punto in cui erano,spariscono di conseguenza nuove opportunità occupazionali ed incombono i nuovi obbiettivi della Comunità Europea.
Qual è la situazione del mercato spagnolo?
Il quadro che ho tracciato prima ha confermato la bontà della scelta di andare in un altro Paese dove abbiamo trovato un terreno più fertile e volumi più importanti da avviare al riciclaggio meccanico ; siamo oggi market leader di settore in Spagna, diamo lavoro a più di 70 persone e quest’anno ricicleremo più di 90.000 t. di bottiglie PET da raccolta differenziata. Tuttavia anche in Spagna c’è del lavoro da fare. Anche lì si può raccogliere di più e meglio. Il fatto che potessero raccogliere di più è però stato alla base della nostra decisione. Volevamo inserirci in un contesto in cui le raccolte differenziate potessero crescere, soprattutto per quanto riguarda gli imballaggi in plastica da avviare a riciclo. Un potenziale, come già detto, ancora fortemente inespresso in Italia.
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