Genova, la revisione del Piano Conai tra gli elementi di discussione della nuova delibera per l’aggregazione Amiu - Iren
L’assessore comunale all’Ambiente Italo Porcile al quotidiano Repubblica: «Sicuramente il piano verrà applicato nelle zone verdi poi si valuterà il rapporto costi-benefici». Ricapitoliamo cosa prevede il piano per l’introduzione della raccolta domiciliare a Genova
14 March, 2017
Dopo la recente bocciatura in Consiglio comunale, la giunta comunale di Genova sta lavorando al testo della nuova delibera per l’aggregazione Amiu - Iren che dovrebbe essere riportato in Aula nei prossimi giorni. Un passaggio ritenuto da molti “obbligato”. Come scrive Repubblica, sulle pagine locali di Genova, soluzioni alternative non ce ne sono: il sindaco Marco Doria ha già detto chiaramente che senza quell’intesa l’Amiu rischia il disastro e i genovesi rischiano di vedersi aumentare subito la Tari almeno del 20%, ma probabilmente anche di più. Sul piatto ci sono una serie di modifiche da apportare alla delibera per trovare un accordo più ampio che scongiuri il naufragio in consiglio comunale. Tra i punti in discussione, in base a quanto scrive Repubblica, c’è anche l’applicazione del piano Conai che punta ad estendere la differenziata porta a porta a tutta la città entro la fine del 2019. «Sicuramente il piano verrà applicato nelle zone verdi poi si valuterà il rapporto costi-benefici, in compenso in tutta la città ci sarà una forte accelerazione sulla raccolta dell’organico per il settore commerciale» ha dichiarato a Repubblica l’assessore comunale all’Ambiente, Italo Porcile. Piano Conai: zonizzazione e cronoprogramma A questo punto vale la pena ricordare cosa prevede il Piano (realizzato da Conai, in collaborazione con Comune e Amiu) ricordando anche il cronoprogramma previsto inizialmente. Il progetto per la raccolta porta a porta a Genova, vale la pena sottolinearlo, riguarda l’intera città. Come sottolineato in occasione della presentazione dello scorso aprile, per realizzare il progetto è stato analizzato il territorio cittadino valutando tessuto urbanistico, densità abitativa e caratteristiche infrastrutturali. Oltre a questi elementi, è stata presa in considerazione la produzione rifiuti, le sue caratteristiche merceologiche e la diversa fattibilità (vocazione) della raccolta porta a porta nelle varie zone cittadine. Il territorio comunale è stato zonizzato ed è stato diviso in colori diversi, partendo dal verde per arrivare al rosso, a seconda della possibilità che il sistema di raccolta differenziata domiciliare possa essere organizzato più o meno facilmente. Il progetto tratteggia quindi una Genova a macchia di leopardo con tinte dal verde al rosso e vede in ogni quartiere zone che si prestano maggiormente ad essere servite dalla raccolta domiciliare e altre dov’è sarebbe più complicato. Le zone verdi e gialle, dove il passaggio al porta a porta è più semplice e fattibile entro la fine del 2016, erano 29 per un totale di circa 120.00 persone (20 mila abitanti per le zone verdi), tra utenze domestiche e non domestiche. Le zone arancio sono 35 e coinvolgeranno - nel triennio 2017-2019 - circa 300.000 genovesi, le zone rosse sono 17 e riguarderanno oltre 160.000 abitanti e potranno essere totalmente coperte dai servizi mirati alle attività di riciclo nel 2019. Obiettivi del Piano L’obiettivo del Piano, era stato spiegato dai promotori del progetto, è quello di razionalizzare i sistemi di raccolta adeguandoli alle caratteristiche del territorio, aumentando così le quantità raccolte e la loro qualità con la riduzione di scarti e frazioni estranee, per poi sviluppare la prevenzione e la riduzione della produzione dei rifiuti urbani. A questo proposito, il progetto prevede l’introduzione di bidoncini e di sacchetti con microchip ed etichette personalizzate: questi sistemi intelligenti identificheranno i singoli utenti, la tipologia e la quantità di rifiuti conferiti. “Si tratta di un punto di partenza per arrivare progressivamente alla definizione di una tariffa puntuale, in modo che i cittadini possano pagare in base alla quantità di rifiuti effettivamente prodotta”. Piano Conai: a che punto siamo?