Contributo ambientale differenziato per gli imballaggi in plastica: intervento di Agata Fortunato
"Il CAC differenziato, se le fasce contributive saranno sufficientemente fra loro distanziate, si auspica avvierà interventi virtuosi da parte dei produttori di imballaggi"
10 April, 2017
E’ notizia di pochi giorni fa il via libera, a partire dal primo maggio prossimo, di una fase di sperimentazione del CAC differenziato per gli imballaggi in plastica. Nei Paesi in cui è già attivo, il CAC differenziato ha innescato politiche virtuose di maggiore riciclabilità degli imballaggi e finanche di una loro riduzione. Leggendo le Linee guida predisposte dal Conai (http://bit.ly/2n7cDti) sorge però qualche dubbio sulla impostazione data.
Il sistema è improntato all’agevolazione contributiva di tipologie differenti di imballaggi e infatti i termini utilizzati sono proprio “….beneficeranno di un’agevolazione”. Il CAC differenziato dovrebbe penalizzare quegli imballaggi per nulla o difficilmente riciclabili e in conseguenza distinguerli da quelli effettivamente riciclabili: non è solo un problema di termini utilizzati, quanto di approccio. E infatti ne abbiamo conferma nella gerarchia definita per le “agevolazioni”:
1. imballaggi selezionabili e riciclabili da circuito commercio e industria;
2. imballaggi selezionabili e riciclabili da circuito domestico;
3. tutti gli altri imballaggi, indipendentemente dal circuito di provenienza.
Tale gerarchia è il risultato di uno studio di tipo LCA che ha considerato gli impatti generati ed evitati nei flussi a fine vita (dalla raccolta al riciclo/recupero) e i cui risultati sono stati analizzati mediante 5 indicatori (di impatto ambientale e di consumo di risorse).
Si potrebbe obiettare sul fatto che lo studio ha valutato solo il fine vita degli imballaggi e non anche le fasi di produzione, ma con ogni probabilità la gerarchia non sarebbe mutata. Allo stesso tempo si potrebbe obiettare che sia ingiusto far pagare il CAC (la cui finalità ricordiamo essere quello di assolvere al principio di responsabilità estesa del produttore) a quegli imballaggi che non vengono gestiti né dal sistema Conai né dal servizio pubblico, ma in un qualche modo quegli imballaggi sono comunque, anche se indirettamente, connessi alla produzione di beni che prima o poi arriveranno al cittadino.
Il vero punto però è un altro, e sta tutto nell’elenco e nelle figure che identificano la categoria 3 della gerarchia (ovvero quella per la quale è prevista la maggiore contribuzione): è la categoria più numerosa e vi rientrano tutti gli imballaggi introdotti progressivamente nella raccolta differenziata, nel momento in cui dalla sola raccolta di contenitori per liquidi si è passati alla più articolata raccolta di imballaggi, al solo scopo di raggiungere gli obiettivi man mano più ambiziosi imposti dalla Comunità Europea.
Tutti questi imballaggi, ed è questo il motivo per cui sono stati collocati al fondo della gerarchia, dopo la raccolta differenziata e la successiva selezione (talvolta anche preceduta da una pre-pulizia) vengono avviati quasi esclusivamente a termovalorizzazione.
Negli ultimi dieci anni sono rimaste pressoché invariate le tipologie di imballaggi riciclabili, mentre sono aumentate enormemente le tipologie di imballaggi prodotti e raccolti. Tutto ciò rappresenta per l’intero sistema un costo ambientale ed economico.
Il CAC differenziato, se le fasce contributive saranno sufficientemente fra loro distanziate, si auspica avvierà interventi virtuosi da parte dei produttori di imballaggi.
Il solo CAC differenziato potrebbe però non dare i risultati attesi e per questo sarebbe auspicabile una politica almeno nazionale di misure di sostegno al mercato delle materie prime secondarie ed uno specifico e forte impegno per la promozione dell’ecodesign.