The Urban Death Project, manca poco per la sperimentazione del primo impianto di compostaggio umano
Il progetto dell’architetto Spade ha subito un’accelerazione questa primavera quando sia la città di Olympia che la Washington State University si sono interessati seriamente al progetto avviandone la sperimentazione
31 October, 2017
Circa due anni fa ci eravamo occupati del ‘The Urban Death Project’, un progetto della visionaria architetta americana Katrina Spade che proponeva la costruzione di un impianto di compostaggio umano. Così da abbattere drasticamente l’impatto ambientale derivante dal “caro estinto”, come già nel 1948 annotava sarcasticamente Evelyn Waugh nel suo ‘The Loved One’. Solo negli Stati Uniti il bilancio annuale dei materiali sepolti nei cimiteri è di circa 71.000 metri cubi di legno, 100.000 tonnellate di acciaio, 1,6 milioni di tonnellate di cemento armato e più di 2,8 milioni di litri di fluido da imbalsamazione (considerato cancerogeno e altamente inquinante per le falde). Ci sarebbe la cremazione, sicuramente più economica della cerimonia tradizionale, ma solo negli Stati Uniti ogni anno produce circa 271 milioni di tonnellate di anidride carbonica, l'equivalente delle emissioni annue di oltre 70.000 automobili.
ll progetto della Spade ha subito un’accelerazione questa primavera quando sia la città di Olympia (capitale dello stato di Washington) che la stessa Washington State University si sono interessati seriamente al progetto, prospettando l’effettiva realizzazione di un vero e proprio impianto già nel 2023. Il primo passo è stato fatto dalla città di Olympia e da un team di scienziati che già si occupano di compostaggio di cadaveri animali, eseguendo un primo esperimento utilizzando una pila di trucioli di legno e il corpo di una donna di 78 anni che ha donato i suoi resti per la ricerca scientifica.
Nel frattempo la Washington State University sta acquisendo le certificazioni per testare le attrezzature necessarie a compostare i resti umani in una delle sue strutture, in quello che si profila essere il primo prototipo al mondo per il compostaggio umano.
Per ora, come conferma Lynne Carpenter-Boggs (professoressa associata del Dipartimento di Scienze e Tecnologie del suolo di WSU) “il team del progetto è in una fase emozionante e noiosa di ricerca delle necessarie autorizzazioni per condurre una tale ricerca nel campus della Washington State University”. Ad oggi il sito di compostaggio dell’università ha ricevuto le modifiche al suo ‘permesso sulla qualità dell'aria’ da parte del Dipartimento di Ecologia dello Stato di Washington, così da permettere di condurre uno studio pilota sul compostaggio di resti umani in una parte dell'attuale composter universitario della lunghezza di 66 metri. L'ordine di approvazione, che con molta probabilità arriverà in questi giorni, andrà ad aggiornare tutte le licenze dell’impianto che attualmente converte in compost le carcasse di animali.
Le emissioni nell’aria provenienti dal compostaggio dei resti umani, secondo quanto stabilito dal Dipartimento di Stato dell'ecologia, rimangono uguali a quelle per il compostaggio delle altre specie animali e quindi non destano preoccupazioni per la salute di chi vive nelle vicinanze dell’impianto. Il progetto è stato approvato anche dagli Uffici Salute dello stato e della contea, nonché dal Dipartimento Federale della Salute, come confermato da Marta Coursey, Direttore delle comunicazioni per il Collegio delle scienze agricole, umane e delle risorse naturali della WSU.
Tuttavia, diversi comitati scientifici della Washington State University, il rettore del CAHNRS (College of Agricultural, Human, and Natural Resource Sciences ) e il vice presidente della ricerca di WSU devono valutare i problemi legali ed etici, i protocolli sulla biosicurezza e altri aspetti della ricerca prima di poter procedere con la sperimentazione.
Ma la sensazione è che ‘The Urban Death Project’ si farà.