Ue, raggiunto l'accordo sul mercato delle emissioni. Critiche le associazioni ambientaliste
L’obiettivo è ridurre l’eccedenza di quote invendute, favorire gli investimenti in tecnologie pulite, tutelare le industrie energivore. Ma Ong e associazioni ambientaliste dicono 'Vergognoso, sostiene ancora le fonti fossili'
10 November, 2017
La riforma del mercato europeo delle emissioni europeo (EU-ETS, Emissions Trading Scheme) segna un punto di svolta decisivo che però trova la netta opposizione delle associazioni ambientaliste.
Dopo due anni di trattative, nella notte dell'8 novembre il Parlamento e il Consiglio Ue hanno raggiunto un accordo preliminare sulla direttiva che regolerà il mercato del carbonio dal 2020 in poi. L’obiettivo è ridurre del 43% al 2030 le emissioni di CO2 dei settori interessati, rispetto ai livelli del 2005. Per considerarsi definitivo l'accordo deve tornare in consiglio, per ottenere il placet dei rappresentanti dei paesi Ue.
Come spiega il portale Qulenergia.it "il sistema ETS coinvolge oltre 11.000 impianti industriali in Europa, come cartiere, cementifici, stabilimenti petrolchimici, centrali termoelettriche. È un mercato di tipo cap-and-trade, perché stabilisce un tetto annuale per le emissioni di anidride carbonica che ogni azienda può rilasciare nell’atmosfera. Le aziende, in parte, ricevono crediti/permessi di CO2 (allowances) gratuitamente da Bruxelles, in parte li devono acquistare in aste pubbliche o dalle industrie più virtuose, che emettono una quantità di gas serra inferiore rispetto a quella consentita. Tuttavia, da qualche anno, il mercato non fornisce più quei segnali di prezzo in grado di stimolare gli investimenti in efficienza energetica e tecnologie pulite: la CO2, infatti, costa troppo poco, con valori che sono scesi fino a 5 € per tonnellata. La ragione principale è l’eccedenza di quote invendute.
Il nuovo accordo prevede: la riduzione ogni anno il volume complessivo di crediti disponibili con un “fattore lineare” (LRF, Linear Reduction Factor) del 2,2%; raddoppiare dal 12 al 24% la “portata” della riserva stabilizzatrice del mercato (MSR, Market Stability Reserve), che nel periodo 2019-2023 assorbirà quasi un quarto dei permessi eccedenti-non allocati. Dal 2023 scatteranno altre misure per limitare la validità delle quote comprese nella riserva, cancellandone un certo ammontare; la messa all’asta del 57% dei crediti di carbonio assegnati in totale ogni anno.Bocciano l'accordo le Ong che definiscono 'vergognoso'. Lascia ancora troppi margini - denunciano in tre differenti comunicati Wwf, Climate Action Network e Carbon Market Watch - in forma di concessione di quote carbonio gratuite, agli Stati per sussidiare la produzione di energia da fonti fossili e le industrie 'energivore'.
Secondo il Wwf, l'accordo è "vergognoso" perché fa in modo che i settori con maggiori emissioni dell'Ue siano "pagati per inquinare, invece di pagare perché inquinano". "L'Ets continuerà a essere insignificante come è stato negli ultimi due anni perché l'Ue permette che il suo strumento di punta per l'azione climatica continui a sovvenzionare impianti a carbone", attacca il Climate Action Network. "L'accordo - rilancia Carbon Market Watch - ignora l'urgenza di ridurre rapidamente le emissioni e fornisce miliardi di sussidi all'inquinamento, il che significa che l'Ets continuerà a fallire nello stimolare gli investimenti verdi e eliminare il carbone".
Secondo Business Europe (Be), l'organizzazione dell'industria europea, l'accordo provvisorio sull'Ets non prevede crediti gratuiti sufficienti per le industrie esposte a perdite di investimento. Il direttore generale di Be, Markus J. Beyrer, saluta positivamente il rafforzamento dell'Ets "quale strumento principale per ridurre in modo efficace le emissioni in Europa attraverso un prezzo significativo del carbonio". Ma, prosegue Beyrer, "l'accordo non prevede sufficienti quote a titolo gratuito per le industrie esposte a perdite d'investimento".