'Chi ha fame non si preoccupa della neve' né del voto
Sofia Lorena, giornalista di Público (uno dei principali quotidiani portoghesi) e inviata in Italia per raccontare le elezioni politiche di domenica 4 marzo, nonostante la morsa di gelo e neve che ha attanagliato la penisola è arrivata a Torino per documentare il progetto PoPP, che al mercato di Porta Palazzo mette insieme ecologia e sociale grazie alle attività degli Ecomori e delle Sentinelle dei rifiuti
04 March, 2018
Sofia Lorena, giornalista di Público (uno dei principali quotidiani portoghesi) e inviata in Italia per raccontare le elezioni politiche di domenica 4 marzo, nonostante la morsa di gelo e neve che ha attanagliato la penisola è arrivata a Torino per documentare il progetto PoPP, che al mercato di Porta Palazzo mette insieme ecologia e sociale grazie alle attività degli Ecomori e delle Sentinelle dei rifiuti. Ecco la traduzione, curata da Luigi Vendola, della versione online del suo articolo pubblicato su Público domenica 4 marzo 2018.
"Chi
ha fame non si preoccupa della neve" né del voto
di Sofia Lorena
È difficile, ma in 42 giorni dalla campagna elettorale i leader politici italiani sono riusciti a non parlare di alcuni dei problemi più gravi del paese. Disoccupazione, ad esempio, ma anche povertà, argomenti utilizzati dalla coalizione di destra per accusare il centrosinistra di aver "creato altri tre milioni di poveri" senza proporre proposte serie per invertire la situazione. Nel 2016 c'erano 4,7 milioni di italiani che vivevano in condizioni di povertà assoluta (ossia niente soldi per i prodotti essenziali). Probabilmente saranno di più.
È stato nel 2016 che Paolo Hutter, giornalista e fondatore dell'associazione Eco dalle Città, un portale dedicato alle notizie di carattere ambientali, ha iniziato a pensare al progetto che ora si chiama Eco-mori. Inizialmente, un progetto nato per promuovere la raccolta differenziata dei rifiuti.
"Abbiamo iniziato a distribuire questi sacchi biodegradabili e compostabili ai venditori in modo che non mischiassero i rifiuti organici con il resto. Da subito abbiamo notato che a fine del mercato la gente frugava in una grande montagna di rifiuti alla ricerca di cibo ancora buono tra cassette e cartoni ", racconta Luca (Luigi, ndr), il giovane giornalista assunto da Paolo che alla fine coordina gli Eco-mori. Entrando nell'associazione, nella prima stanza altri giovani sono intenti a dividere sacchi.
Il nome - che combina ecologia e mori (nero in dialetto piemontese) – dice tutto. L'idea è quella di raggruppare dei volontari tra le migliaia di africani in cerca d'asilo che vivono a Torino. Così, oltre a distribuire i sacchi ai venditori ambulanti, questi volontari, in gilet arancioni fosforescenti con la scritta "sentinelle di rifiuti", raccolgono da quest'ultimi la frutta e la verdura che sanno di non poter vendere più (e che non saranno in condizioni tali da non poter essere vendute il giorno seguente).
Hanno una proprio banchetto, riconoscibile dallo striscione con la scritta Eco-mori, ed è lì che fanno un'ultima cernita, decidendo che cosa è in buone condizioni, pesando i prodotti e ridistribuendoli con scatole "così che ogni persona abbia un po' di tutto."
"Mi dispiace, non possiamo ancora distribuire. Solo dopo le 14h", spiega Omar Sillah in modo simpatico a una signora che si stava preparando ad armeggiare con le cassette esposte dove ci sono carciofi, zucchine, banane, arance, lattuga, cavolo e pomodori.
Partner e fortuna
Innanzitutto, è stato necessario contattare l'Assessorato all'Ambiente del Comune e Amiat, la società che gestisce la raccolta dei rifiuti a Torino. Poi mancava uno sponsor ed è arrivata Novamont, una azienda di chimica verde, che fornisce le borse e attualmente produce bioplastiche compostabili. "Siamo stati fortunati ad essere così vicini", dice Paolo. La redazione e sede di Eco dalle Città si trova a un centinaio di metri da Porta Palazzo, nel centro storico della città.
La maggior parte dei volontari proviene dallo stesso centro di accoglienza, un luogo che offre posti letto e alcune lezioni di italiano ma nessun'altra attività. Alcuni sono qui fin dall'inizio, altri sono venuti un paio di volte e non sono mai più tornati. In tutto, 45 richiedenti asilo, uomini e donne, sono passati attraverso gli Eco-mori. "Oggi, dobbiamo gestirli. C'è il nucleo duro e proviamo a far ruotare gli altri. A volte arrivano altri ragazzi, ma non abbiamo il coraggio di mandarle via. Perché il centro è a quasi 25 km", dice Paolo.
Il nucleo duro, per la gioia di Paolo e Luca (Luigi, ndr), riceve un compenso. "È successo proprio ora, il 1 ° marzo." Un ragazzo ha firmato un contratto part-time direttamente con l'associazione, altri due ragazzi stage retribuiti destinati ai richiedenti asilo – di questi però uno sta per perdere il suo permesso di soggiorno, perché ha già visto la sua domanda di asilo rifiutata tre volte e lo stage può essere d'aiuto.
Era facile indovinare chi fosse abbastanza fortunato da essere il primo assunto, basta vedere la sua intraprendenza e sensibilità nel trattare con le persone. "Ciao a tutti. Sono Omar e vengo dal Gambia. Siamo richiedenti asilo e volontari in questo progetto. Per favore prendete una scatola per persona."
Pomodoro,
rosmarino e aglio
Anna, una lavoratrice del settore pulizie di 51 anni, disoccupata da cinque mesi, dice che viene "a volte". Un'altra Anna, con gli occhi verdi e la sciarpa verde sulla testa che la proteggono dal freddo, ha 65 anni e ha quattro figli che vivono lontano. "Non lavoro da molto tempo. Vengo due o tre volte al mese, non di più. Quando sarà finita, tornerò."
Meli (che Omar chiama Maria) ha 88 anni e vive con un figlio malato che "ne ha già fatti 60". "Io non ricevo nessun aiuto, vivo solo con la pensione di reversibilità di mio marito", dice mentre si riempie il carrellino della spesa impugnandolo con mani affusolate e dita lunghissime, berretto sottile e altro, molto ampio così da enfatizzarne la magrezza. "Questo pomodoro non è molto buono. Ma non c'è pomodoro migliore. Insieme al rosmarino e all'aglio è una salsa gustosa", dice.
Ci sono più donne che uomini e ci sono più persone dai 50 anni in su, ma ci sono anche studenti e genitori.
"Deve essere", dice Pino (abbreviazione di Giuseppe). Vergognandosi, con gli occhi pieni di lacrime prima di cominciare a parlare. "A volte veniamo. Io o mio figlio". Divorziato, vive con suo figlio trentenne che non ha mai lavorato; ha una figlia di 37 anni che vive con la madre. Sono disoccupato da quattro mesi: "Lavoravo in un magazzino". Licenziato un mese dopo aver compiuto 62 anni, e ha paura di non trovare mai più un lavoro.
Pino ha sentito che i volontari temevano che nessuno si sarebbe presentato a causa del maltempo. "Quelli che hanno fame non si preoccupano della neve" dice.
Organizzazione delle risorse
Nessuna di queste persone ha parlato delle elezioni di domenica. Meli non ha votato per anni, Anna pensa di non poter votare perché non ha ricevuto la scheda elettorale a casa; Pino è troppo triste per la vita. Nell'associazione gli unici interessati sono Paolo e Luca (Luigi, ndr). Dopotutto, se la destra andrà al governo e attuerà le promesse fatte, procederà con l'espulsione e la deportazione di molte persone in situazione irregolare, e si potrebbero perdere alcuni volontari.
Qualunque cosa accada, il progetto è già un successo e ha dato vita a due esperienze a Roma e Milano: Porta Palazzo è di dimensioni uniche (si dice che sia il più grande mercato all'aperto d'Europa) anche come frequenza, infatti è chiuso solo di domenica. Questo aiuta a mantenere unito il gruppo di volontari e a spargere la voce.
"Sono molto felice. Stiamo provando modi nuovi di collaborazione, capire come possono essere utili a noi e a loro", dice Paolo riguardo i volontari. Evitare la produzione di rifiuti - in un paese in cui ogni famiglia spreca 85 kg di cibo all'anno (alcuni dati dicono 145 kg) - è un'altra vittoria. "Pensiamo sempre che dobbiamo lottare per le risorse. Ma non è vero, dobbiamo solo organizzarci in modo che le risorse possano raggiungere coloro che ne hanno bisogno ".
"Mi piace davvero farlo", dice B., uno dei volontari che a breve potrebbe essere senza permesso. "Il primo giorno ho visto un vecchio guardare nella spazzatura. Adesso è diverso. Anche io sono povero. Ma quando avanza qualcosa anche io mi porto del cibo a casa", dice il ventiseienne del Mali.
Mustafa, un altro maliano di 33 anni, vanta con orgoglio di esser nel progetto fin dall'inizio. "Sono qui dal primo giorno! Mi piace. Mi tiene occupato e aiuto le persone ", dice. "Chi recupera il cibo le prime volte si imbarazza, a volte si annoiano ad aspettare", spiega Omar, 24 anni, e un contratto di lavoro. "Ma poi, quando prendono il cibo per portarlo a casa, vanno via col sorriso. Questo è il meglio".