A Milano un progetto sull'applicazione della Mediazione Civile, strumento utilissimo per risolvere i conflitti ambientali
In Italia, dove l’ambiente è sottoposto a continue minacce, che generano contenziosi e rallentano ulteriormente il sistema giudiziario, l'istituto della mediazione ambientale potrebbe essere una soluzione alternativa. Ne abbiamo parlato con l'avvocata che ha ideato a Milano un progetto per studiarla e applicarla
11 March, 2018
di Tiziana Giacalone
Gestione inadeguata dei rifiuti, infrastrutture invasive, sversamenti e inquinamento, sono molteplici le cause che possono portare ad un conflitto ambientale, il quale a sua volta genera conflitti di carattere sociale, culturale ed economico che spesso richiedono interventi tempestivi che non sempre la giustizia ordinaria riesce a garantire. Aspetti che invece la mediazione civile potrebbe risolvere pur rimanendo nel contesto giuridico e normativo di riferimento.
In una realtà come quella italiana, in cui l’ambiente è sottoposto a continue minacce, che generano contenziosi e rallentano ulteriormente il sistema giudiziario, questa potrebbe essere una soluzione alternativa efficace. La camera arbitrale di Milano ha avviato il progetto sperimentale “La mediazione dei conflitti ambientali”, ideato e coordinato dall'avvocata Veronica Dini, per estendere l’applicazione dell’istituto della mediazione civile ai conflitti ambientali attraverso la cultura del dialogo e la partecipazione. Il progetto oggi è diventato un vero e proprio servizio offerto da CAM.
È stato “l’ennesimo caso di disastro ambientale, la discarica di Bussi-Pescara, che dopo quasi 10 anni si è concluso con riconoscimento del disastro ma rischia di andare in prescrizione” che ha spinto l’avvocata Dini a ideare e coordinare il progetto della Camera arbitrale. “Il progetto è nato nel 2015 e si è inizialmente sviluppato con una serie di incontri per discutere e ragionare con i professionisti del settore, avvocati, mediatori, giudici, istituzioni ed enti. Sono stati designati gruppi di lavoro e nel mese di novembre del 2016 sono state pubblicate le "Linee guida operative", come strumento utile a orientare i professionisti e le parti sia nella gestione dei conflitti ambientali sia prevenendoli attraverso procedure di mediazione. Inoltre una nuova fase di sviluppo del progetto vede tra i protagonisti anche il comune di Milano che fa da capofila per promuovere il progetto sul piano europeo. Esaurita la prima fase oggi il progetto è un servizio CAM ed è possibile avviare una mediazione ambientale depositando la domanda di mediazione presso la Camera arbitrale tramite il sito o via PEC. Inoltre iniziative e centri di mediazione ambientale stanno nascendo e si stanno sviluppando anche in altre città e Regioni italiane”
La mediazione civile può essere estesa ai conflitti di natura ambientale che violino una norma del Codice civile o la normativa di settore come per esempio il D.Lgs. n, 152/2006 (Il Codice dell'ambiente) oppure il D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), trattandosi di conflitti che hanno avuto o possono avere un impatto sul territorio e sull'ambiente con ripercussione sulla qualità della vita. In questi casi la giustizia tradizionale potrebbe non riuscire a soddisfare con esattezza le pretese di chi ha subito un danno. Quando i procedimenti giudiziari si prolungano troppo la sentenza arriva tardi e può succedere che l’impresa individuata come responsabile del danno ha intanto chiuso i battenti. Ma non solo. Pensiamo per esempio alle difficoltà nel ripristinare lo stato dei luoghi in caso di sversamenti su aree che poi dovranno essere bonificate. Oppure alla necessità di un intervento tempestivo e preventivo soprattutto quando c’è di mezzo la salute. Senza sottovalutare i conflitti sociali e culturali che un conflitto ambientale può generare, che non sempre la giustizia ordinaria riesce a gestire. E tra questi il legame simbolico tra una comunità e gli
alberi che caratterizzano una determinata zona.
La Procedura
La mediazione nei conflitti ambientali, che si avvia con una domanda da presentare all’organo di mediazione, rientra tra i metodi che la comunità europea ha definito “equivalency methods” in un progetto - successivo alla Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale - dedicato proprio allo sviluppo di linee guida per la valutazione e riparazione del danno ambientale. Ad oggi non c’è una norma specifica che disciplina la mediazione nei conflitti ambientali ma essa è praticabile nei conflitti ambientali di natura civile secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 28/2010 sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali. Può dunque essere considerata una valida opportunità per contenere i numerosi conflitti ambientali e superarne le problematiche, ma anche per evitarli ricorrendo alla mediazione in via preventiva.
Le parti, che sono le uniche protagoniste, dialogano tra di loro, grazie alla figura imparziale del mediatore che non decide, a differenza del giudice, ma aiuta le parti a parlarsi affrontando gli argomenti del conflitto ambientale con lo scopo di individuare una soluzione condivisa che soddisfi le esigenze di tutti i partecipanti (cittadini, associazioni, aziende, enti e le istituzioni). L’eventuale accordo raggiunto chiude la controversia e mentre le trattative sono riservate (nei limiti delle normative vigenti in materia di informazioni ambientali) l’esito della trattativa deve essere invece reso pubblico e comunicato adeguatamente.
L'università
Grazie al progetto della Camera arbitrale di Milano, la mediazione nei conflitti ambientali grazie a questo progetto è entrata anche nelle aule universitarie. A febbraio 2018 è partito il secondo laboratorio di 20 ore curato sempre dall’avvocata Dini alla facoltà di Scienze politiche della Statale di Milano, con la partecipazione di alcuni mediatori che hanno portato la loro esperienza analizzando insieme agli studenti casi pratici e alcune significative esperienze di mediazione in Europa. Per esempio in Spagna, in cui la mediazione nei conflitti ambientali pur essendo più diffusa che in Italia non riscuote ancora un ampio successo, in occasione di alcuni progetti per la realizzazione di opere altamente impattanti è stato elaborato un “protocollo metodologico” ed è stato predisposto un programma di comunicazione per la condivisione di notizie e informazioni che avrebbero consentito la riduzione dei conflitti.
Infine, c’è un aspetto da consolidare maggiormente per riuscire a coinvolgere anche chi guarda ancora con diffidenza la mediazione nei conflitti ambientali? Lo chiediamo nuovamente all'avvocata Dini: "Ci sono situazioni in cui è più difficile coinvolgere i vari soggetti a partecipare al tavolo della mediazione - ci spiega - Questo accade soprattutto con la pubblica amministrazione in cui si intrecciano ruoli, competenze e procedure che si devono adeguare ad un modello di p.a. più aperta e dialogante. L’eventuale adesione a un percorso di mediazione determina il coinvolgimento diretto del funzionario e dell’organo politico che diventano protagonisti della vertenza e non possono limitarsi a delegare all’avvocato la funzione di risolvere il conflitto. Si teme inoltre un’eventuale contestazione della Corte dei Conti rispetto ai costi sostenuti per la mediazione. Si tratta comunque di criticità superabili: è anche una questione culturale. Ci vorrà un po’ di tempo e di esperienza ma non dubito che il cambiamento arriverà".