La Germania verso l'addio al carbone nel 2038
Raggiunto l'accordo dalla Commissione composta da regioni minerarie, aziende di utility, scienziati e ambientalisti. La proposta prevede l'uscita dal carbone nel 2038 ma si potrebbe anticipare al 2035
28 January, 2019
(ansa ambiente)
La Germania, la quarta economia mondiale e il paese che consuma più carbone in Europa, potrebbe mettere fine all'uso del carbone tra il 2035 e il 2038. Un accordo in tal senso è stato raggiunto, dopo mesi di contrasti, dalla Commissione tedesca sul carbone come parte degli sforzi per frenare i cambiamenti climatici. "Ce l'abbiamo fatta", ha detto Ronald Pofalla, il capo della commissione rilevando ai cronisti a Berlino che "questo è uno sforzo storico". Sebbene la proposta della Commissione non sia legalmente vincolante, la task force è sostenuta da un'ampia maggioranza in parlamento e ci si aspetta che il governo segua le sue raccomandazioni.
La Germania produce più di un terzo della sua elettricità bruciando carbone e generando così grandi quantità di gas serra che contribuiscono al riscaldamento globale. La proposta concordata dalla Commissione - composta da 28 membri che rappresentano le regioni minerarie, le aziende di utility, scienziati e ambientalisti - prevede un percorso di uscita dal carbone, con una data di scadenza per la produzione di energia elettrica a carbone, misure per compensare gli operatori delle centrali a carbone, supporto alle regioni minerarie colpite e misure per proteggere i consumatori dall'aumento dei prezzi dell'energia elettrica. Una revisione nel 2032 potrebbe anticipare la decarbonizzazione nel 2035.
Le ong ambientaliste hanno dichiarato in una votazione supplementare che si aspettano un'eliminazione graduale prima, nel 2035. Infatti, spiegano, la data scelta è incompatibile rispetto alle raccomandazioni del Report dell'Ipcc (il panel intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici) secondo cui i Paesi industrializzati devono ridurre il consumo di carbone entro il 2030 se si vuole avere la possibilità di limitare il riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi.
In particolare, la proposta prevede tra l'altro che 12,5 GW di carbone saranno chiusi entro il 2022, compresi 3 GW di lignite; altri 6 GW di lignite e 7 GW di carbone fossile saranno chiusi entro il 2030 (con 17 GW di carbone rimanente). Le regioni colpite dovrebbero essere compensate dal governo con 40 miliardi di euro nei prossimi 20 anni; la Commissione raccomanda compensazioni per i consumatori industriali e privati di energia elettrica per circa 2 miliardi di euro all'anno; i gestori delle centrali a carbone dovrebbero essere compensati a partire dal 2020; la Commissione vuole proteggere la foresta di Hambach diventata un simbolo delle proteste anti-carbone.
"Dopo 21 ore di trattative", le organizzazioni ambientaliste hanno raggiunto "un traguardo storico" scrive Greenpeace in una nota. "L'aver fissato questo passo al 2038 non permetterà alla stessa Germania o ad altri Stati europei di mettersi al riparo dai pericolosi impatti dei cambiamenti climatici, né di rispettare gli obiettivi dell'accordo di Parigi" commenta Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International.
"E' una risposta inadeguata all'emergenza climatica" avverte Mauro Albrizio, direttore dell'Ufficio europeo di Legambiente, secondo cui la Germania "deve abbandonare il carbone entro il 2030 senza sostituirlo con il gas e accelerando su efficienza energetica e rinnovabili per raggiungere zero emissioni nette entro il 2040". Secondo l'Ipcc, il consumo globale di carbone a livello mondiale deve essere ridotto di almeno due terzi entro il 2030, per essere azzerato entro il 2050 con un maggiore impegno - secondo quanto previsto dall'Accordo di Parigi - da parte dei Paesi che hanno maggiori capacità economiche e responsabilità storiche per l'attuale livello di emissioni climalteranti e l'Europa è senza dubbio tra questi, osserva Albrizio. "Tutti i governi europei devono impegnarsi a mettere in campo misure in grado di raggiungere questo obiettivo ambizioso ma possibile. A partire dall'Italia che nel Piano Nazionale Clima Energia, in fase di elaborazione, deve prevedere tutte le misure indispensabili per attuare concretamente il phasing-out del carbone già deciso per il 2025, senza continuare a puntare sul gas e investire invece nelle rinnovabili e nell'efficienza energetica per raggiungere zero emissioni nette entro il 2040". L’Italia ha mandato il Piano alla Commissione Europea l’8 gennaio.
Per Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia la decisione della Commissione in Germania "non soddisfa certamente chi conosce i pericoli climatici". L'Italia "potrebbe svolgere un ruolo virtuoso e di buon esempio in Europa: il precedente governo e quello attuale hanno scritto nero su bianco che vogliono chiudere tutte le centrali a carbone entro il 2025. Però al momento mancano le politiche e misure che rendano questa uscita effettiva" mentre il Piano Nazionale Integrato Energia Clima "andrà reso molto più robusto".
Luca Bergamaschi, ricercatore associato, Istituto Affari Internazionali, osserva che la decisione tedesca "è un primo passo necessario ma non sufficiente. Per rispettare l’Accordo di Parigi l’Europa deve uscire dal carbone entro il 2030. Il risultato mostra comunque che la trasformazione energetica sta procedendo su una scala senza precedenti, con 40 miliardi destinati alla transizione sociale nei prossimi 20 anni". L’Italia, aggiunge Bergamaschi, "ha confermato alla recente Cop24 la volontà di uscire dal carbone entro il 2025" ma "uno dei rischi più grandi, che vale anche per la Germania, è quello di rallentare la decarbonizzazione di medio e lungo periodo se si sceglierà di puntare su nuovo gas fossile invece di una più rapida introduzione delle rinnovabili, dell’efficienza energetica, delle reti elettriche e delle tecnologie intelligenti già disponibili in commercio per gestire la variabilità delle rinnovabili in modo sicuro e senza un aumento complessivo dei costi. Diversi studi mostrano che l’Italia può uscire dal carbone senza bisogno di nuovo gas ma sfruttando le infrastrutture esistenti".