'I followers su facebook sono meri osservatori', rigettato il ricorso dell'associazione contro impianto rifiuti
"Non può essere considerata rappresentativa della collettività locale di riferimento e i followers su facebook sono meri osservatori che con ciò solo non mostrano aderenza all'associazione". Così il Tar Calabria su una vicenda nel comune di Rende
26 February, 2019
di Tiziana Giacalone
Lo scorso 18 febbraio il Tar Calabria ha rigettato il ricorso dell'associazione Crocevia contro il decreto di ampliamento di un impianto di trattamento rifiuti nel comune di Rende, che dalla fine di agosto produce biometano e sarebbe la causa degli odori nauseabondi avvertiti dai residenti e confermati dall’azienda. I giudici amministrativi non sono entrati nel merito della questione perché l’associazione non è legittimata a impugnare l’atto: secondo il Tar non può essere considerata rappresentativa della collettività locale di riferimento e i followers su facebook sono "meri osservatori che con ciò solo non mostrano aderenza all'associazione".
I criteri che permettono di classificare un’associazione di protezione ambientale riconosciuta sono stabiliti dall’art. 13 della l. n. 349/1986 (Legge che ha istituito il Ministero dell’Ambiente). Mentre è per giurisprudenza consolidata che le associazioni non riconosciute possono stare in giudizio e sono legittimate a impugnare atti amministrativi che incidono sull'ambiente solo se ricorrono determinate condizioni.
Tanto per cominciare (cfr. ex multis, Consiglio di Stato n. 4909/2012; n. 4233/2013) l'associazione non riconosciuta deve perseguire obiettivi di tutela ambientale "in via statutaria e non occasionale". È poi necessario che la realtà associativa abbia un adeguato grado di rappresentatività e stabilità nell'area in cui si trova il bene che si presume leso. Nel caso di Crocevia, si tratta della qualità dell’aria minacciata dall’impianto di biometano, “autorizzato ritenendo che le nuove modifiche fossero sostanziali, quasi irrilevanti, quando invece - precisa il direttivo - consentono addirittura il raddoppio dei volumi di rifiuti da assoggettare a trattamento”.
Ciò che non ha convinto il Tar è la rappresentatività della collettività locale di riferimento, ovvero i 35 mila cittadini di Rende (CS). Si legge nella sentenza che la rappresentatività “non può prescindere dalla considerazione, quanto meno indiziaria, del numero delle persone fisiche costituenti l’associazione”. I soci fondatori di Crocevia sono 18, mentre gli associati sarebbero circa 71; numeri che i giudici considerano "di estrema esiguità e come tale non rappresentativi della comunità locale di appartenenza".
A
sanare la carenza di legittimità a
impugnare l’atto amministrativo non sono stati sufficienti neppure
i seguaci su cui la pagina facebook
dell’associazione può contare: “è
irrilevante il dato dell’essere seguita sul social
network facebook, essendo i followers meri osservatori che con ciò
solo non mostrano aderenza alla associazione”.
Un approccio che sa di chiusura “Non è certo una novità che la giurisprudenza amministrativa sia molto restrittiva in tema di accesso alla giustizia da parte delle associazioni e dei comitati”, commenta l’avvocato Umberto Fantigrossi, amministrativista, membro della Commissione Ambiente dell'Ordine degli Avvocati di Milano.
Forse è arrivato il momento di rivedere certe posizioni? “Si tratta di una posizione antica che meriterebbe di essere riconsiderata perché soprattutto in campo ambientale quasi mai vengono in discussione interessi privati e meramente individuali. A fronte di lesioni a beni collettivi un più ampio accesso alla giustizia amministrativa, da parte delle formazioni sociali, sarebbe senz’altro più coerente con i principi costituzionali e con gli indirizzi dell’ordinamento comunitario.”