Spreco di Libri. Alla Biblioteca Civica di Torino l’usato come presidio di cultura e sostenibilità ambientale
Siamo a Torino nella città del Salone del Libro e Cecilia Cognigni ci spiega come la Biblioteca Civica con le sue molteplici iniziative tratta il libro usato. Testi e volumi donati dai cittadini per i quali disfarsi dei libri non è solo un modo per far spazio in casa o in cantina
17 April, 2019
La cultura del riuso, della riduzione dei rifiuti e la lotta agli sprechi passa anche dalle biblioteche. Può sembrare strano ma contrastare lo ‘spreco di libri’ è una pratica che trasforma il libro usato in un presidio di cultura e sostenibilità ambientale.
L’inchiesta di Eco dalle Città sulle iniziative e le attività che ridanno dignità al libro usato salvandolo dal cassonetto si arricchisce di un nuovo tassello. Siamo a Torino nella città del Salone del Libro e Cecilia Cognigni (Responsabile Area Servizi al pubblico, Attività culturali, Qualità e Sviluppo della Biblioteca civica centrale di Torino) ci spiega come la Biblioteca Civica con le sue molteplici iniziative tratta il libro usato. Testi e volumi donati dai cittadini per i quali disfarsi dei libri non è solo un modo per far spazio in casa o in cantina.
La Biblioteca civica Centrale di Torino accetta donazioni da parte dei cittadini? Come?
Le acquisizioni delle biblioteche pubbliche avvengono prevalentemente per acquisto o dono, meno frequentemente per scambio. La Biblioteca civica Centrale accetta donazioni da parte dei cittadini, solitamente distinte in due tipologie: le cosiddette “generiche”, provenienti cioè da cittadini sovente “forti lettori”, regolate da un disciplinare che prevede sia una selezione “a monte” sia la possibilità che i doni vengano inseriti a catalogo oppure nel circuito del bookcrossing, per renderli comunque disponibili al pubblico; le donazioni “importanti”, come ad esempio le biblioteche d’autore (di scrittori, docenti, giornalisti, etc…), che seguono invece un diverso iter di acquisizione.
In altri paesi il libro è considerato un bene di consumo, da scambiare, da donare, da far girare e non prevalentemente da conservare; in Italia e in parte anche a Torino, la cultura del libro, benché radicata, non si esprime ancora del tutto in una visione di questo genere. Non si pensa spesso a donare o scambiare qualche cosa di “attuale”: normalmente le motivazioni sono “devo disfarmi di questi libri”, “devo liberare spazio in casa”, “ho una cantina piena di libri polverosi”. Il disciplinare deriva proprio dalla necessità di “regolare” la donazione, per evitare di ricevere libri non di interesse o in condizioni tali da non poter esser inseriti né a catalogo né in altro circuito. Inoltre, porre alcuni limiti e regole rende le persone maggiormente consapevoli rispetto alla destinazione finale del libro: un meccanismo finalizzato alla circolazione virtuosa di beni che promuovano la lettura e il patrimonio di conoscenza.
Il dono comunque non sostituisce mai l’acquisto, può integrarlo ma non surrogarlo. È l’acquisizione che può dare slancio e vitalità alle biblioteche, perché viene gestita in maniera ragionata mentre la donazione non può esserlo: è normata ma non scelta. Inoltre è un dato di fatto che nei paesi in cui le biblioteche pubbliche sono radicate, anche i consumi culturali (libri, cinema, musica, teatro) sono più forti; un fatto che nel nostro paese non è ancora percepito come una opportunità per il sistema libro.
Quindi le persone vedono in questo servizio anche una buona opportunità di disfarsi dei libri che non servono più?
Può accadere. Per questo prima di ricevere la donazione mettiamo in chiaro alcuni punti. La biblioteca non è un luogo in cui disfarsi di libri inutili, magari rimasti in cantina per anni ma un luogo che “patrimonializza” i beni della comunità; così se un libro non ha la possibilità di essere inserito a catalogo, entra almeno in un circolo virtuoso attraverso il bookcrossing, contribuendo ad arricchire il patrimonio di conoscenza dei cittadini.
Parliamo di un vero e proprio bookcrossing? Nel senso che l’utente oltre a prelevare il libro deve metterne un altro a disposizione dei fruitori del servizio?
Il claim del bookcrossing delle Biblioteche civiche torinesi è “Libri liberi, liberi da vincoli” e in quest’ottica non è previsto necessariamente lo scambio con altri libri, dato comunque il suo buon funzionamento.
Con quale frequenza rimettete in circolo i libri donati?
Mediamente ogni settimana riforniamo gli spazi destinati a questi libri.
Ricevete donazioni anche direttamente dalle case editrici?
L’editoria italiana, benché più generosa rispetto al passato, è comunque ancora legata a logiche di parte che non prevedono cospicue donazioni alle biblioteche. Abbiamo ricevuto donazioni da parte degli editori per situazioni particolari, le biblioteche nelle carceri ad esempio, gestite da decine di anni dalle Biblioteche civiche torinesi e alimentate anche da doni provenienti dalla Fondazione Circolo dei Lettori. In questo periodo riceviamo anche donazioni in denaro nell’ambito dell’Art Bonus, una legge che offre ai cittadini l’opportunità di effettuare erogazioni liberali per finanziare direttamente specifici progetti di sostegno ai luoghi della cultura, sia in tema di servizi sia sul restauro. Attualmente sono cinque i progetti che la Biblioteca civica Centrale prova a finanziare con tale modalità e i risultati sono soddisfacenti, anche in considerazione della conseguente fidelizzazione dei lettori.
Per le biblioteche ricevere donazioni di libri dai privati è un valore aggiunto o nel lungo periodo è un peso?
È sempre un valore aggiunto perché offre la misura di quanto le biblioteche siano sentite dalla comunità. Grazie agli acquisti e ai doni si riesce a garantire un servizio anche alle fasce di popolazione che non possono permettersi l’acquisto di un libro. Esiste poi un altro tipo di donazione, come dicevo. Torino è una città di autori, giornalisti, studiosi, intellettuali. Per questo nel corso degli anni le Biblioteche civiche hanno acquisito anche delle donazioni importanti. Una delle più significative acquisizioni di questo genere, che è possibile consultare presso la Biblioteca civica Primo Levi, è il fondo bibliografico e archivistico di Alfredo Salsano (che è stato il direttore editoriale della Bollati Boringhieri, uno dei fondatori della collana Temi di questa casa editrice, prima ancora aveva lavorato per l’Einaudi) che aveva stabilito di donare, alla sua morte, il suo archivio e le sue biblioteche di Torino e Parigi alle Biblioteche civiche torinesi. È ovvio che questo tipo di donazioni non può entrare nel bookcrossing perché riveste invece un interesse storico-culturale per la città e per il paese.
Avete mai provato a realizzare dei mercatini con questi libri per sostenere la biblioteca e i vostri progetti?
Non ancora, ma stiamo valutando come realizzarli, tenendo anche conto del necessario rinnovo costante e dello svecchiamento delle collezioni: procedura utile e fondamentale, radicata nelle biblioteche pubbliche di tutto il mondo, che stiamo cercando di pianificare al meglio.
Dove stoccate i libri che vi vengono donati?
Sia nelle biblioteche civiche di quartiere sia presso il Centro Rete, il cui ruolo è anche quello di ricevere e ridistribuire sul territorio tali donazioni alimentando il patrimonio librario dove più utile, BiblioBus compreso.
Cosa è il BiblioBus?
Il BiblioBus di Torino è una biblioteca civica itinerante, un sogno a lungo inseguito e finalmente realizzato grazie al Progetto AxTo, attraverso cui si è ottenuto un finanziamento dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che ne ha consentito l'acquisto, l'allestimento e la messa in funzione con personale di formazione bibliotecaria.
Il Bibliobus si reca in luoghi con esigenze particolari o distanti dalle biblioteche civiche di zona, ad esempio la zona mercatale di Borgo Vittoria oppure i giardini Pugno a Mirafiori Sud. Una biblioteca che raggiunge luoghi e destinazioni diverse, che va incontro alle persone, per portare libri e letture, consentendo di fruire gratuitamente di opportunità e servizi al cittadino fondamentali, molto apprezzati.
Anche le Biblioteche civiche sono costrette a inseguire le novità editoriali?
Le novità vanno acquistate per diverse ragioni: sono attrattive, soprattutto la narrativa, sia per il pubblico fidelizzato sia per il lettore occasionale che magari non può permettersi un acquisto frequente, sia per chi viene a sfogliare i nuovi arrivi per valutare se convenga acquistarli oppure no.
In questo modo la biblioteca risulta essere anche un veicolo promozionale, un modo per incentivare gli acquisti in libreria o sul web. La seconda ragione è che la produzione editoriale sovente ha vita breve, spesso non supera i sei mesi dalla pubblicazione, per poi uscire rapidamente dal mercato; se la biblioteca non ne ha effettuato nel frattempo l’acquisto, in un determinato territorio quei libri non saranno disponibili e sarà molto difficile reperirli in futuro. Quindi, per fare in modo che “non escano di scena” e possano essere letti anche dalle generazioni future, la biblioteca deve acquistarli e renderli disponibili attraverso il suo catalogo. Il digitale può risolvere in parte il problema ma rappresenta una quota di mercato ancora limitata, in quanto questo tipo di editoria non coinvolge tutti gli editori, soprattutto nel panorama italiano.
Gli editori hanno capito che la biblioteca stimola le vendite?
Parzialmente, così come per i librai. Non tutti identificano ancora le biblioteche come alleate, nonostante si siano fatti in questo senso grandi passi avanti. Va comunque tenuto conto che il mondo delle biblioteche italiane è molto variegato: vi sono esperienze forti e radicate come quella di Torino ma in altre aree del paese non esistono purtroppo biblioteche pubbliche. La conseguenza è che la rete delle stesse non ha la forza per interagire dialetticamente alla pari con il mondo dell’editoria.
Non è quindi scontato l’accesso a tale tipo di servizio ed è chiaro che può crearsi un gap. In molte zone del paese per i cittadini leggere un libro vuol dire trovarlo magari solo in una biblioteca accademica, se frequenta l’università (se non è studente spesso potrà solo consultarlo, ma non averlo in prestito), in libreria oppure, in biblioteche autogestite da associazioni di quartiere, ma non nelle biblioteche pubbliche.
In Italia il problema vero è la diffusione della lettura e di luoghi che sappiano promuoverla: a fronte di una presenza significativa di forti editori e di cosiddetti “lettori forti”, sono relativamente pochi coloro che leggono. Questo costituisce un punto di forza ma anche una grande debolezza.