MedSeaLitter: l'impatto delle plastiche sulla flora marina e i risultati dei monitoraggi
20 mila km di mare percorsi e monitorati con imbarcazioni, aerei e droni. 6.500 oggetti galleggianti registrati di cui il 90% plastiche. Oggetti e frammenti di plastica nel 65% delle tartarughe marine esaminate e nel 50% dei pesci (boga) monitorati
11 June, 2019
Oltre 20.000 km di transetti di mare percorsi, di cui circa 1.600 km con piccole e medie imbarcazioni e quasi 19.000 km con grandi imbarcazioni (traghetto); 6.500 oggetti galleggianti registrati tra naturali (tra il 13 e il 25%) e rifiuti dovuti ad attività umane (tra il 75 e l’87%), di cui la maggior parte (tra l’80 e il 90%) composto da polimeri artificiali (plastica), mentre il restante è composto da carta (circa 3%), e poi vetro, metallo e tessuti. I monitoraggi per testare la metodologia di osservazione dei rifiuti sono stati effettuati durante il periodo da febbraio 2017 a dicembre 2018 nel Mediterraneo (es. costa spagnola, Golfo del Leone, AMP Capo Carbonara, lungo transetti transfrontalieri in mar Ligure, Mar di Sardegna-Baleari, Mar Tirreno, Canale di Sardegna e Sicilia, Mar Adriatico e Ionio).
Nello specifico, in alto mare tramite traghetto, sono stati percorsi oltre 23.500 km (per un totale di 2.088 chilometri quadrati) su rotte che percorrono il Mediterraneo (Ancona-Patrasso, Civitavecchia-Barcellona, Livorno-Bastia, Palermo-Tunisi, Tolone-Ajaccio, Tolone-Ile Rouse, Cagliari-Palermo) e sono stati registrati 4.859 rifiuti con dimensioni maggiori di 20 cm, con una densità media variabile da 1 a 10 rifiuti ogni km2 percorso.
Lungo la costa invece, i monitoraggi sono stati effettuati con piccole o medie imbarcazioni dalle quali è possibile avvistare anche i rifiuti di minori dimensioni. Sugli oltre 1600 chilometri percorsi sono stati avvistati 1415 rifiuti con dimensione maggiore di 2,5 cm, per una densità che, secondo le stime, può arrivare sino a 600 oggetti per chilometro quadro di mare.
Il monitoraggio ha riguardato anche i rifiuti galleggianti alla foce del fiume Tevere. In questo caso, durante l’anno di osservazioni sono stati registrati 1442 oggetti, con una media che varia da 76 a 95 oggetti all’ora, di cui l’85% con dimensione compresa tra 2,5 e 20 cm e il restante superiore a 20 cm.
La comparazione tra i dati relativi agli oggetti maggiori di 20 cm in zone di alto mare, con quelli costieri e alla foce di un corso d’acqua come il Tevere conferma un gradiente che aumenta andando sottocosta fino alla foce dei fiumi, dimostrando che le foci sono gli input principali della dispersione dei rifiuti in mare e che le azioni di mitigazione devono considerare anche le aree dell’entroterra e non solo quelle costiere.
L’aumento dei rifiuti nel periodo primavera – estate conferma
poi l’importanza della pressione antropica sulla produzione dei rifiuti nelle
località costiere e marittime.
I risultati del progetto MedSeaLitter sono stati illustrati questa mattina a Roma, nel corso della prima giornata dedicata al progetto finanziato con fondi UE per oltre 2 milioni di euro, realizzato attraverso una rete di collaborazione tra Aree Marine Protette – supportate da istituti di ricerca, associazioni ambientaliste e università di 4 Paesi UE (talia, Spagna, Francia e Grecia), che ha permesso di sviluppare per la prima volta un protocollo condiviso di monitoraggio sui rifiuti marini e i loro effetti nel Mar Mediterraneo.
I monitoraggi effettuati tramite drone hanno permesso, invece, di registrare sottocosta una densità di oggetti che varia da 34 a 40 oggetti ogni chilometro quadro. Questi dati emergono dall’analisi di oltre 4700 immagini registrate a una quota variabile da 20 a 65 metri sul livello del mare.
Gli oggetti galleggianti
più frequenti provengono dal settore pesca e da quello legato al cibo: il 23% sono cassette di polistirolo, il 16% bottiglie di
plastica, il 15 frammenti di oggetti non riconoscibili, il 13 % buste di
plastica e l’11% frammenti di polistirolo.
"Oltre 260 specie, tra cui invertebrati, tartarughe,
pesci e mammiferi marini, – dice Patrizio Scarpellini, direttore del Parco Nazionale delle Cinque
Terre – sono direttamente o indirettamente colpiti dal fenomeno;
alcuni rimangono impigliati, altri ancora li ingeriscono, con conseguente
disfunzione del movimento e dell'efficienza riproduttiva, lacerazioni, ulcere e
morte. Il problema dei rifiuti marini e in particolare la frazione plastica, è
un fenomeno che ha effetti devastanti non solo sulla biodiversità, ma anche
sulla qualità delle acque e degli interi sistemi territoriali. Nel nostro parco
la sinergia con i fruitori del mare è obbiettivo condiviso... il battello
spazzamare, i libretti su cui si segnalano le "catture" e le presenze
plastiche, l'informazione e la tutela, la formazione per i ragazzi e gli
adulti".
Il progetto
ha messo a punto anche metodologie di analisi dei contenuti stomacali del biota
per verificare la presenza di microframmenti di plastica grazie alle attività dei partner di MedSeaLitter in
collaborazione con i centri di recupero tartarughe marine e le reti di
monitoraggio degli spiaggiamenti. Anche
questa metodologia viene messa ora a disposizione delle Aree Marine Protette.
Il monitoraggio effettuato ha rivelato la presenza di oggetti e frammenti plastici nel tratto digestivo di oltre il 65% delle tartarughe Caretta caretta esaminate e nel 50% dei pesci Boga.
Lo studio è stato eseguito su oltre 130 esemplari di tartaruga marina Caretta caretta, già decedute, recuperate grazie alle reti di spiaggiamento tra il 2017 e il 2018 in Spagna, Francia, Italia e Grecia.
Le analisi delle feci e del contenuto del tubo digerente ha evidenziato la presenza di rifiuti ingeriti pari al 65%, con un’incidenza che varia dal 43% (in Italia) al 100% (in Spagna).
Il 70% delle particelle rinvenute è plastica. Nel 53% si tratta di frammenti di buste, per il 20% frammenti più spessi di oggetti e per il 9% filamenti di plastica. Tra gli oggetti identificabili trovati durante le necropsie ci sono, ad esempio, etichette di birra, bastoncini di lecca-lecca, palloncini e involucri di caramelle.
Per i monitoraggi sulle microparticelle ingerite dalle
specie ittiche è stato usato come indicatore il pesce Boga (Boops boops).
Nel complesso, tra il 2018 e il 2019, sono stati analizzati 750 individui e
sono stati trovati oltre mille frammenti
di plastica in poco più della metà di questi (51%), con una media presenza
tra 1 e 5 frammenti, con un’incidenza variabile a seconda dell’area geografica
di analisi.
“L’Unione europea è fortemente impegnata nella tutela dell’ambiente ed è in prima linea nella lotta globale contro i rifiuti marini - afferma Beatrice Covassi, Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea -. Oltre alla definizione di politiche e provvedimenti normativi, come il piano d'azione per l'economia circolare e la direttiva sulla plastica monouso, l’UE sostiene finanziariamente progetti e tecnologie che contribuiscono a salvaguardare gli ecosistemi. In quest’ottica MedSeaLitter rappresenta un progetto molto importante: auspichiamo che il protocollo sviluppato venga adottato dal maggior numero possibile di Aree Marine Protette, in modo da definire modalità di gestione uniformi dei rifiuti marini per limitarne l’impatto ambientale."
Il Mediterraneo è uno dei 25 biodiversity hotspots del mondo, ovvero una delle regioni con il maggior numero di specie viventi in tutto il pianeta. È anche un punto cruciale per gran parte delle rotte migratorie degli uccelli paleartici, e nelle sue acque vivono circa 900 specie di pesci e cetacei e circa 400 specie vegetali.
Come per tutti i mari e gli Oceani, il
Mediterraneo è fortemente minacciato dalle concentrazioni di rifiuti. La
maggior parte dei rifiuti marini (circa il 95%) è composta da plastica
(UNEP/MAP 2015) e sempre secondo l’UNEP il Mar Mediterraneo è attualmente una
delle sei aree maggiormente invase da marine litter nel mondo,
con concentrazione dei rifiuti in alcune aree comparabile a quella delle
cosiddette “isole galleggianti” dell’Oceano Pacifico. Questo è dovuto
principalmente alla sua struttura di bacino semichiuso con ridotti scambi
d’acqua con l’Oceano Atlantico.
L’impatto sull’ambiente e sul biota marino dei rifiuti, in
particolare le plastiche, sono oramai noti anche al grande pubblico. Per poter
conoscere nei dettagli il fenomeno, le fonti di origine, la distribuzione ed il
rischio di esposizione del biota (in particolare i cetacei e tartarughe
presenti all’interno della Direttiva Habitat per i quali la plastica
galleggiante è considerata una minaccia per la loro conservazione) il programma
INTERREG MED ha finanziato il progetto Medsealitter che aveva
come scopo principale lo sviluppo e la validazione di un protocollo di
monitoraggio del marine litter e dei sui potenziali effetti sulle specie
animali marine protette. Il poter utilizzare un protocollo unico di
semplice applicazione ma validato scientificamente, permette di paragonare nel
tempo e nello spazio l’evoluzione del fenomeno, e quindi di valutare
tempestivamente ed efficacemente i risultati delle misure messe in atto per la
riduzione delle plastiche a mare.
E il progetto ha portato ai risultati sperati: la
metodologia individuata per il monitoraggio dei rifiuti galleggianti andrà ad
aggiornare le linee guida europee per i monitoraggi previsti dalla Marine
Strategy, mentre in Italia il protocollo MedSeaLitter verrà utilizzato dalle
agenzie regionali per i monitoraggi previsti in attuazione della Direttiva.
Un lavoro coordinato tra Francia, Spagna, Grecia e Italia (ISPRA, Parco Nazionale delle Cinque Terre, AMP di Capo Carbonara e Legambiente). Per la realizzazione, sperimentazione e validazione del solo protocollo relativo alla parte di osservazione visiva a mare sono stati percorsi più di 20.000 km da diverse imbarcazioni (con piccole imbarcazioni quali i gommoni dell’AMP di Capo Carbonara, le medie imbarcazioni tipo Goletta Verde di Legambiente, con i traghetti di linea del programma ISPRA FLT) censendo e georeferenziando più di 6.000 rifiuti. Altre osservazioni sono state condotte in mare utilizzando droni ed aerei, mentre un protocollo è stato sperimentato per le osservazioni visive alla foce dei fiumi. Le zone monitorate per la sperimentazione hanno incluso la costa spagnola, il Golfo del Leone, l’AMP Capo Carbonara, e transetti transfrontalieri in mar Ligure, Mar di Sardegna-Baleari, Mar Tirreno, Canale di Sardegna e Sicilia, Mar Adriatico e Ionio.
I risultati finali evidenziano come il protocollo messo a punto può essere utilizzato da diverse imbarcazioni e con l'uso di diverse tecniche, ovvero tramite monitoraggio visivo operato da un osservatore esperto o tramite la registrazione di immagini e/o video. Il metodo permette anche di valutare il rischio di esposizione ai rifiuti da parte delle specie quali cetacei e tartarughe. La valutazione dei trend di abbondanza e dei materiali dei rifiuti marini galleggianti potrà dare un supporto alle politiche di riduzione dei rifiuti previste dalle Direttive Europee quali Waste e Strategia Marina. Lo sforzo scientifico nella validazione del protocollo realizzato dal progetto Medsealitter verrà inoltre capitalizzato sia a livello europeo, con il suo inserimento nelle Linee Guida del monitoraggio del Marine Litter per la Strategia Marina, sia a livello nazionale nel del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, con il l’utilizzo nei monitoraggi nazionali previsti dal Ministero dell’Ambiente.
Dopo la prima giornata di MedSeaLitter, dedicata alla tutela della biodiversità marina e all’importante contributo dato dalle Aree Marine Protette, l’incontro internazionale promosso dal progetto continuerà domani a partire dalle ore 9.00 e si concluderà con la presentazione (dalle 11 alle 13.30), della nuova guida “Il mare più bello” di Legambiente e Touring Club con premiazione dei sindaci dei comprensori turistici che si aggiudicheranno le “Cinque vele” della guida.