Rifiuti di Roma: se anche il Fatto Quotidiano vuole la discarica...
Secondo intervento della Lupa Verde sulle vicende della complicata gestione rifiuti nella Capitale
09 July, 2019
di Lupa Verde
L'articolo del 7 luglio di Vincenzo Bisbiglia sul Fatto Quotidiano merita una serie di riflessioni approfondite e anche qualche smentita. In primo luogo non è assolutamente vero che la raccolta dei materiali post consumo a Roma sia fallita (anzi è l'unico sito ove si raccoglie ancora con una media tra il 65% e l'80% di raccolta differenziata). Ma il nodo è a monte.
E’ però attorno a questa “ideologia dei rifiuti” che gioca da anni la partita politica: chi da un lato assume le discariche ed inceneritori come la soluzione ultima e necessaria, al punto che nessun sistema può essere credibile senza il fulcro di queste dotazioni impiantistiche, dall’altro c’è chi ha ben chiaro che il futuro e l’innovazione del settore dei rifiuti si coglie con la sfida dell’economia circolare che mira a massimizzare il recupero di materia ambendo a superare radicalmente il ricorso allo smaltimento in discariche ed inceneritori.
E’ su queste due posizioni opposte che si gioca la partita dei rifiuti ed è sulla capacità di impostare la “via nuova” che si gioca la concretezza della sfida dell’economia circolare. Ed è qui che assume un ruolo centrale la politica perché è il luogo dove devono essere assunte le decisioni con coraggio, coerenza e lungimiranza. Difficile da attuare nell’epoca dei social dove la sfida politica si gioca facendo riferimento alla pancia della gente. Si è man mano creata una classe politica sempre meno coraggiosa, coerenti e lungimirante che ha capito che i risultati si ottengono sfidandosi sull’orizzonte effimero dei minuti dei social piuttosto che assumersi l’onere e la responsabilità di costruire la “via giusta” per un futuro migliore. Ecco allora che il consenso perde di vista il progetto e assume come fondamento il dire agli elettori quello che vogliono sentirsi dire creando mostri latenti da combattere e capri espiatori da sacrificare guidando l’ignaro cittadino in una grande operazione di “distrazione di massa” dove il fare soccombe a scapito dell’apparire e dove le decisioni, che chi governa è chiamato ad assumere, sembrano sempre più nemiche del consenso.
L’Italia è piena di amministratori 2.0 che hanno perso l’arte dell’amministrare a beneficio dell’apparire e la gestione Raggi sembra essere la frontiera più evoluta di questo “non” modo di governare. E’ indubbio che Roma sul tema rifiuti sconti mali decennali costruiti dalla mala politica nati in ere geologiche dove nemmeno i M5S esisteavano, ma è altrettanto vero che la Raggi e il M5S hanno conquistato Roma al grido del cambiamento indicando nella gestione dei rifiuti la loro avanguardia. Prendiamo spunto dai fatti per descrivere il funerale dell’arte del governare di fronte alla nuova frontiera dell’apparire. E la seconda smentita è che il problema a Roma non sono le aree di trasferenza, ma la gestione tecnica dei flussi. In questi 5 mesi non è stata fatta una corretta gestione dei flussi ( come faceva invece Bagnacani). Non facendo gestione dei flussi per incapacità della politica e del mamagement non sanno dove e come mandare fuori i rifiuti.
La prima criticità del sistema romano della gestione dei rifiuti è la grave insufficienza degli impianti di trattamento dei rifiuti raccolti. Il comportamento rivoluzionario dopo tanti decenni di nulla avrebbe dovuto porre le sue fondamenta nella progettazione della nuova dotazione impiantistica. L’amministrazione Raggi in tre anni ha saputo presentare due utilissime stazioni di compostaggio per il trattamento della frazione umida. Il colpo di scena è che l’iter autorizzativo dopo un anno è stato bocciato dal Comune stesso. Per non parlare della decapitazione a firma Raggi del CDA di AMA che aveva poco prima presentato un piano industriale che con 13 impianti avrebbe reso finalmente autonoma la città restituendo normalità.
Giustamente e corentemente la Raggi ambisce ad un sistema che superi discariche ed inceneritori. Questa posizione merita un plauso da parte di tutti i cittadini romani che avrebbero vissuto con apprensione questa eventualità e un plauso dai sostenitori dell’economia circolare, ma c’è un però. Appare evidente a tutti che ciascun nuovo modello di gestione dei rifiuti necessiti di un periodo di transizione dal vecchio al nuovo all’interno del quale si attuano ricette di breve, impure rispetto al modello ideale finale, ma necessarie per “transitare”, agendo con determinazione nella costruzione delle fondamenta del nuovo futuro sistema.
Virginia Raggi ha meritevolmente introdotto un nuovo sistema di raccolta domiciliare spinta pronto per l’applicazione della tariffa puntuale. In pochi mesi su 320.000 abitanti è stato applicato il modello con risultati sorprendenti nelle zone più difficili di Roma: una raccolta stabile al 70% di differenziata. Una vera rivoluzione per una città che non sa come trattare il rifiuto indifferenziato e un tocca sana per l’ambiente. Questa quindi è stata la svolta di Roma? Purtroppo no perché la governance di AMA fautrice di questo cambiamento è stata mandata a casa nel febbraio scorso con il conseguente blocco dell’estensione del modello.
Il modello a regime, in cui si ipotizza il 70% di raccolta differenziata in tutta la città prevede una drastica riduzione del rifiuto indifferenziato e gli impianti del piano industriale di AMA erano programmati per la gestione autonoma senza ricorrere all’aiuto di terzi. Il transitorio richiede però somma capacità di pianificare i flussi dei rifiuti prodotti mese per mese, sia tenendo conto dei picchi stagionali, sia recependo gli effetti virtuosi dell’estensione del modello di raccolta differenziata.
I risultati degli ultimi mesi, dopo la cacciata del vecchio CDA, sono sotto gli occhi di tutti: la programmazione dei flussi di rifiuti è stata assente e così la città si è svegliata improvvisamente nel bel mezzo della più grave crisi dei rifiuti che Roma abbia mai visto, l’estensione della raccolta porta a porta sulla cittadinanza è stata bloccata, il nuovo servizio per le utenze non domestiche da opportunità si è trasformato in un problema per l’incapacità di mandare a regime un sistema che avrebbe introdotto numerosi benefici, il piano industriale di Bagnacani (Presidente e AD di AMA rimosso a febbraio dalla Raggi), che avrebbe garantito l’autosufficienza di Roma, è stato chiuso in un cassetto e dichiarato inesistente con tanto di specifica che si trattava di qualche slide. I sindacati hanno ripreso il governo dell’azienda concordando benefit per i lavoratori disponibili a lavorare all’interno dell’impianto TMB di Rocca Cencia, specie nei festivi e domenicale, dimenticando che la forza lavoro oggi sarebbe in teoria in esubero avendo Rocca Cencia ereditato gli operai del ex Salario.
La ricerca delle contraddizioni, in grado di spiegare la realtà oltre all’inganno dei post, restituirebbe un elenco corposo di evidenze che non lascierebbero dubbi che l’attuale situazione di Roma prima ancora delle conseguenze di un complotto è da identificare nell’incapacità o nella non volontà di operare le scelte tipiche di chi governa. Le non scelte della Raggi si stanno rivelando il più forte ed inossidabile sostegno al sistema inceneritorista che dalle emergenze estrare le sue ragioni vincenti (si veda Napoli con l’inceneritore di Acerra). Giunti a questo punto del disastro dei rifiuti romani, su cui nessuno scommetterebbe un euro sulla possibilità di uscirne, si può facilmente dedurre che la “rivoluzione” dei rifiuti della Raggi ha determinato un punto di non ritorno in cui discariche ed inceneritori ricompariranno sulla scena in grande stile mentre l’Europa tutta sta voltando pagina verso sistemi evoluti che recuperano materia. Il suo agire ha prodotto risultati esattamente opposti a quelli dichiarati, disastro celato dalla narrazione di responsabili terzi che si succedono giorno dopo giorno.
Ai romani e all’Italia intera non resterà che continuare ad osservare gli spot mediatici della sindaca volti a convincere che la responsabilità prima delle condizioni di Roma sono di Zingaretti, dimenticando che l’ente che lei guida e la sua municipalizzata AMA sono i primi protagonisti nel bene o nel male della soluzione. Si continuerà ad assistere a decisioni improcastinabili puntualmente disattese per essere dalla parte (?) dei cittadini: AMA ha bisogno di centri di trasferenza per migliorare la logistica dei rifiuti ed essere efficiente? È più facile intraprendere campagne mediatiche dove la Sindaca si fa’ garante dei cittadini, contro AMA e la città tutta, vietando zone e non decidendo per altre. La raccolta differenziata ha bisogno di tempo, caro Bisbiglia: basta analizzare in quanto tempo altre città sono passate a regime porta a porta. ma ha anche bisogno del sostegno della politica. Le aree di trasbordo erano state evidenziate da un gruppo di lavoro già a Gennaio: perchè tutto si è fermato?
I cittadini non sono contenti del servizio AMA? Invece che supportare le esigenze dell’azienda per recuperare punti di efficienza, la si tiene bloccata per la mancata approvazione del bilancio 2017 e 2018 e si inventa una giocata mediatica che distrae l’opinione pubblica sulla responsabilità dei dirigenti AMA che, grazie alla Raggi, pagheranno di tasca propria i disservizi. Così per tutto ciò che non va c’e l’AMA, Zingaretti, i fornitori, il sistema che non funziona…, la lista sarebbe lunghissima, ma sul piano mediatico, a disastro in corso, si continua a narrare le gesta instancabili dell’eroina, la sindaca Raggi, pronta a sfoderare la sua spada contro chiunque può assumere il ruolo di capro espiatorio senza farsi scrupoli, se serve, attinge mostri e colpevoli dalle sue stesse membra (partecipate, manager, uffici comunali e dirigenti) per una narrazione mediatica perfetta a fronte di un disastro nella sua drammaticità altrettanto perfetto.
Dove servirebbe assumere decisioni, meglio essere populisti! tanto la lentezza dei processi farà si che siano le future giunte a mettere la firma su nuove discariche e nuovi inceneritori che appariranno come inevitabili. La strategia Raggi, con riscontrabili colpe ed omissioni, sta riempiendo discariche ed inceneritori italiani a casa di altri cittadini, ma è chiaro che quelli non votano a Roma pertanto se ne faranno una ragione.
Per mettere a tappeto Zingaretti, reo di essere latitante sul nuovo piano regionale dei rifiuti, la Raggi avrebbe dovuto produrre fatti concreti: raccolte differenziate spinte in tutta la città, pianificazione di impianti di trattamento con presentazione delle relative autorizzazioni, punti logistici in tutta la città per trasferenze e isole ecologiche, un’AMA più forte con contributo del Socio. Nulla di tutto questo è stato fatto pertanto non rimane che scaricare su Zingaretti le colpe per salvare se stessi.
A farne le spese saranno tutti coloro cittadini, associazioni ed istituzioni che stanno lavorando alacremente per costruire un futuro migliore in cui i rifiuti saranno una risorsa trasformandosi da problema ad opportunità. Mentre l’Europa avanza l’Italia e la sua capitale arretrano. L’esperienza in corso a Roma dimostra che ad essere boicottata non è l’amministrazione Raggi, ma ad essere boicottato è il modello possibile di economia circolare che il sistema romano ha contribuito a compromettere seriamente con precisi protagonisti istituzionali. Non è vero che occorre una discarica da 700.000 tonnellate ( desiderio di tutti secondo Il Fatto): è vero invece che occorreva lasciar lavorare chi questo cambiamento ormai necessario lo stava realizzando concretamente, occorreva lasciar lavorare chi stava progettando i 13 impianti che avrebbero reso Roma autosufficiente, occorreva che il nuovo progetto industriale di raccolta porta a porta potesse essere realizzato in tutti i municipi.