Dal 1° gennaio 2020 in Italia è in vigore il divieto per i cosmetici da risciacquo contenenti microplastiche
La messa al bando delle particelle solide in plastica, utilizzate per potenziare l'effetto di alcuni prodotti come dentifrici e creme esfolianti, è stata introdotta dal legislatore italiano, in anticipo rispetto all’Ue, con la legge di bilancio del 2018. Eppure tra gli scaffali di qualche negozio questi prodotti sono ancora presenti
03 January, 2020
di Tiziana Giacalone
Dal 1° gennaio 2020 in Italia è entrato in vigore il divieto di mettere in commercio cosmetici da risciacquo, ad azione esfoliante o detergente, contenenti microplastiche. La messa al bando delle particelle solide in plastica, aggiunte intenzionalmente per potenziare l'effetto di alcuni prodotti come dentifrici, creme esfolianti e scrub è stata introdotta dal legislatore italiano, in anticipo rispetto all’Ue, con la legge di bilancio del 2018, la n. 205 del 27 dicembre 2017.
Le
microplastiche bandite dai cosmetici sono le
piccole particelle di polimeri insolubili in acqua, di misura non
superiore a 5 millimetri, utilizzate per il loro effetto abrasivo, e
che con il risciacquo passano attraverso gli impianti fognari e si
disperdono nei mari compromettendo l'ecosistema. Dati allarmanti
sull’inquinamento da plastica generato
dall’industria cosmetica arrivano
dall’Unep (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) che a
novembre ha dedicato a questo problema la campagna di
sensibilizzazione “What’s in your bathroom”. Nel sottolineare quanto sia difficoltoso per gli impianti
di trattamento delle acque filtrare le microplastiche, che i pesci e
gli altri animali marini scambiano per cibo, l’Onu ha invitato i
consumatori a controllare i prodotti presenti in bagno e a sostituire
quelli con le microplstiche consultando un'apposita tabella.
Studi
recenti, esaminando le feci dei partecipanti alla ricerca
scientifica, hanno anche dimostrato la presenza nell’intestino
umano di microplastiche (non solo le micro
perle dei cosmetici).
L’emendamento alla legge di bilancio del 2018, che era stato voluto dall’allora presidente della Commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci, colloca l’Italia tra i paesi europei che in campo ambientale, almeno sulla carta, anticipano il legislatore europeo. E non è la prima volta. Come ricorda il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, l’Unione europea con le direttive sulla riduzione dei sacchetti di plastica e della plastica monouso si è ispirata alla normativa italiana.
Cosa accade nel resto dell’Unione europea?
L'Echa, l'Agenzia europea per le sostanze chimiche, con un rapporto pubblicato a fine gennaio 2019 aveva presentato una proposta, su richiesta della Commissione europea, per ridurre le microplastiche intenzionalmente aggiunte nei cosmetici e in altri prodotti.
Tenuto conto di un’analisi secondo cui i microgranuli in plastica appositamente aggiunti negli esfolianti per il corpo (quindi non soltanto quelli che si formano con l'usura di pneumatici o tessuti) hanno maggiori probabilità di accumularsi negli ambienti terrestri e acquatici, arrivando anche all’uomo, l’Agenzia ha esortato la Comunità europea a ridurre entro il 2020 l’immissione sul mercato delle microplastiche e a segnalarne la presenza al consumatore attraverso le etichette.
A settembre del 2018 anche il Parlamento europeo aveva avanzato la richiesta di mettere al bando la microplastica entro il 2020, ma ad oggi oltre all’Italia si registrano singole iniziative di stati che impongono il divieto come nel caso di Francia, Svezia e Gran Bretagna.
Sanzioni per chi trasgredisce il divieto e più attenzione alle etichette
La norma italiana prevede una sanzione amministrativa pecuniaria per i trasgressori del divieto appena entrato in vigore. Chi mette in commercio prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche “è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 25.000 euro, aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione riguarda quantità ingenti di prodotti cosmetici oppure un valore della merce superiore al 20 per cento del fatturato del trasgressore.”
Eppure
la pagina Facebook di Clean Sea Life, un progetto sulla tutela
dell’ambiente marino finanziato dal programma Life dell’Unione
Europea, segnala che è bastato fare un giro tra gli scaffali di
qualche negozio italiano per scoprire che questi prodotti sono ancora presenti.