Ai ritmi attuali nel 2040 la dispersione della plastica in mare sarà di 30 milioni di tonnellate l'anno. Nuovo studio internazionale
Pubblicati su Science i risultati, catastrofici, di un ampio studio sulla dispersione di plastica nell'ambiente, condotto da un pool di ricercatori internazionali, sotto il coordinamento dell'organizzazione filantropica statunitense PEW Trust. Il lavoro si avvale anche del contributo dell'italiano Enzo Favoino
24 July, 2020
"Evaluating Scenarios Toward Zero Plastic Pollution" (Valutazione degli scenari per arrivare ad annullare l'inquinamento da plastica) è il titolo di un articolo appena pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Science, che include i risultati di un ampio studio sulla dispersione di plastica nell'ambiente, le principali cause ed i relativi contributi, le strategie e le pratiche per affrontare e contenere il problema, fino a risolverlo. Condotto da un pool di ricercatori internazionali, sotto il coordinamento dell'organizzazione filantropica statunitense PEW Trust , il lavoro si avvale anche del contributo dell'italiano Enzo Favoino, della Scuola Agraria del Parco di Monza e Coordinatore Scientifico di Zero Waste Europe.
Lo studio, il primo che sistematizza le valutazioni numeriche sui contributi delle diverse strategie, intende fornire una guida nella individuazione delle opzioni più efficaci per prevenire la dispersione di plastica, e dei relativi effetti numerici a medio e lungo termine. "Per stimare l'efficacia degli interventi per ridurre l'inquinamento da plastica, abbiamo modellizzato stock e flussi per cinque scenari tra il 2016 e il 2040, dal 'business as usual' agli scenari di intervento più radicale" spiega Favoino. "L'implementazione congiunta di tutti gli interventi ridurrebbe l'inquinamento da plastica del 40% rispetto al 2016 e del 78% rispetto al 'business as usual' nel 2040. Purtroppo, anche con un'azione immediata e concertata, ben 710 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entrerebbero, cumulativamente, negli ecosistemi acquatici e terrestri".
"Il principale messaggio dello studio - prosegue Favoino - è dunque che non solo il 'business as usual' prefigura scenari catastrofici, facendo aumentare la dispersione di plastica nei mari e negli oceani dagli attuali 8 milioni di tonnellate/anno a circa 30 milioni di tonnellate nel 2040, ma anche gli 'impegni volontari' che recentemente sono stati definiti da alcuni grandi produttori ed utilizzatori di plastica. Impegni che in genere sono impostati sull'aumento delle capacità di riciclo e sull'impiego di quote crescenti di polimeri riciclati ma e che danno una risposta del tutto marginale ed insoddisfacente al problema, riducendolo per una percentuale che oscilla appena tra il 3 ed il 6%".
"Per evitare tale massiccio accumulo di plastica nell'ambiente, è dunque necessaria ed urgente un'azione coordinata globale per ridurre il consumo, aumentare i tassi di riutilizzo, raccolta e riciclo, espandere e consolidare i sistemi di gestione dei rifiuti nelle aree non ancora coperte da servizi di tale tipo, valorizzare il ruolo del settore informale. Ma soprattutto, necessitano politiche e pratiche più aggressive che aggrediscano il problema alla radice, lavorando soprattutto sui livelli più elevati della gerarchia delle azioni: la riduzione, la durevolezza, il riuso, la minimizzazione del monouso".