Il libro "Le città contro l'effetto serra"
Cento buoni esempi da imitare. Pubblichiamo l'introduzione, nel sommario l'elenco delle città citate
14 November, 2005
<b>Perché questo libro?</b>
L’effetto serra minaccia la sopravvivenza del genere umano sul nostro pianeta. Per contrastarlo sono necessarie politiche locali che invertano la tendenza all’aumento delle emissioni dei gas climalteranti (anidride carbonica e metano in primo luogo). In varie cittadine e città europee sono già stati realizzati efficaci progetti che vanno in questa direzione, il che dimostra che “si può fare”, ovvero che questi progetti non sono frutto di poetiche utopie e che per iniziare un cammino virtuoso nel campo della difesa dell’ambiente, dal momento che esistono già esempi collaudati in materia, non è sempre necessario partire da zero. Abbiamo quindi pensato fosse utile raccogliere e documentare questi progetti sotto forma di schede dettagliate, per realizzare una sorta di “ricettario di buone pratiche” pronte all’uso a fine di “nobile imitazione”. Si tratta del primo strumento del genere in Italia, pensato soprattutto per gli amministratori dei Comuni medi e medio-grandi in prima linea sulle questioni trattate nel volume, ma anche per essere utile a chi, da ambientalista o da cittadino attivo, voglia stimolare i propri amministratori a fare qualcosa in difesa del clima. Per consentirne la lettura ai non addetti ai lavori, il testo è corredato da un sintetico ma esauriente glossario ragionato. I criteri di base che abbiamo adottato nel selezionare i progetti sono stati la rilevanza delle ricadute positive in termini di riduzione delle emissioni; la continuità e il radicamento del progetto; l’ampiezza e la varietà tipologica dei soggetti e partner coinvolti; l’originalità; la trasferibilità; la trasparente e accurata documentazione anche sui problemi affrontati nella realizzazione e, infine, l’economicità. Per eventuali omissioni ci scusiamo fin da ora con i lettori e gli amministratori interessati, con l’impegno, se ci riusciremo, a integrare una futura edizione con progetti altrettanto virtuosi che ci verranno segnalati. Così come ci scusiamo per eventuali errori o imprecisioni che fossero sfuggiti nonostante lo scrupoloso lavoro di raccolta, selezione e controllo delle informazioni, sia direttamente con i proponenti e i realizzatori sia attraverso il materiale informativo (pubblicazioni specifiche e siti web) da questi prodotto.
Le sezioni che compongono il manuale sono dieci:
<i>- Uso e gestione razionale dell’energia
- Energie rinnovabili
- Mobilità sostenibile
- Risparmio idrico
- Pianificazione integrata, ecourbanistica
- Bilanci, benchmarking, certificazione
- Collaborazione pubblico-privato
- Acquisti verdi
- Gestione integrata dei rifiuti
- Comunicazione ed educazione ambientale</I>.
<B>Le conseguenze dell’effetto serra</B>
Il fenomeno di surriscaldamento del pianeta non viene negato (quasi) più da nessuno e non è più solo un soggetto adatto a film del genere “catastrofismo fantascientifico”. Negli ultimi trent’anni le temperature della calotta polare artica sono infatti aumentate di oltre 2 gradi centigradi, mentre dagli anni 70 lo spessore del ghiaccio è diminuito del 40%; il che vuol dire che a questo ritmo di scioglimento il ghiaccio estivo andrà perduto entro il 2040. Per parte sua, la calotta polare antartica negli ultimi cinquant’anni ha visto salire la temperatura di 2,5 gradi, e fra il 1973 e il 1993 il ghiaccio marino al Polo sud è diminuito del 20%. I ghiacciai del pianeta stanno riducendosi letteralmente a vista d’occhio: secondo gli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) attivato dall’Onu, entro il 2050 sparirà un quarto dei ghiacciai montani. Nel frattempo aumenta la temperatura degli oceani. Tra le conseguenze prevedibili dell’effetto serra balzano in primo piano i cambiamenti climatici su scala mondiale, con incremento delle precipitazioni, primavere anticipate, aumento delle ondate di calore e della siccità; l’innalzamento del livello degli oceani con allagamento delle aree costiere, che verrebbero sommerse, e sparizione di arcipelaghi (le Maldive, per fare un esempio); l’incremento del fenomeno della desertificazione e degli incendi nelle foreste; la diffusione di malattie tropicali; l’aumento dei disastri collegati al clima. Già tra 1990 e 1998 le compagnie di assicurazione e riassicurazione hanno versato 91,8 miliardi di dollari per risarcimenti dovuti a disastri naturali collegati ai cambiamenti climatici.
<B>Perché sono necessarie politiche efficaci a livello locale</b>
Nel dicembre 1997 a Kyoto è stato firmato un protocollo che impegna i paesi sottoscrittori a diminuire le emissioni di anidride carbonica (principale gas serra) del 5,2% entro il 2012 rispetto ai livelli di emissione del 1990. Un obiettivo di gran lunga al di sotto delle richieste degli scienziati che si occupano del fenomeno. Tuttavia – a cominciare dagli Stati Uniti, che non hanno firmato il protocollo – nemmeno questo obiettivo viene condiviso e perseguito con politiche efficaci. Poche le eccezioni, tra cui Inghilterra e Germania. Quest’ultima, in particolare, si è data un obiettivo di riduzione molto più marcato. Il 17 febbraio 2005, con la sottoscrizione degli accordi anche da parte della Russia, il protocollo è entrato in vigore. Per l’Italia, che non ha ancora messo in campo misure adeguate a raggiungere gli obiettivi di riduzione per i quali si è impegnata, si prefigura il rischio certo di ingenti “multe” da pagare sotto forma di diritti di emissione di anidride carbonica da acquistare dai paesi che emettono quantitativi di CO2 inferiori al tetto massimo a loro disposizione. Se i gas serra (anidride carbonica e metano in primis) sono riconducibili ai luoghi dove si coltiva e si produce, dove c’è alta mobilità motorizzata, dove si riscaldano e illuminano abitazioni e uffici, dove si consuma e si producono i rifiuti solidi urbani; se un terzo dei consumi energetici è legato agli usi domestici; se il trasporto è responsabile per un quinto delle emissioni di gas serra con una tendenza di forte crescita e la metà degli spostamenti avviene nelle aree urbane, allora è proprio lì, a livello locale, che si può e si deve agire per ottenere una consistente mitigazione dell’effetto serra. A partire dalle politiche di gestione dell’offerta e della domanda di energia, dei trasporti, dell’urbanistica e dell’uso del suolo. E senza trascurare il comportamento dell’ente locale come consumatore (di riscaldamento, elettricità, di beni di consumo, parco auto…), come proprietario e/o azionista di riferimento delle aziende che gestiscono lo smaltimento dei rifiuti, la produzione di energia e i trasporti locali, come promotore di campagne di educazione ambientale all’uso efficiente dell’energia nella vita quotidiana e, infine, come consulente energetico. Il funzionamento del nostro apparato produttivo – delle abitazioni, del sistema dei trasporti e del terziario – si basa oggi sull’uso di fonti energetiche fossili, ovvero sulla combustione di petrolio, carbone e metano per ottenere elettricità o carburanti da trazione. Mitigare l’effetto serra significa, dunque, uscire dall’epoca del fossile. Si tratta certamente di una scelta complessa, che coinvolge l’economia internazionale, nazionale, locale, domestica e le abitudini quotidiane consolidate, ma che apre anche interessanti scenari all’innovazione tecnologica, agli investimenti, alla partecipazione civica nelle scelte per il governo del territorio. D’altra parte, con il petrolio ormai stabilmente e abbondantemente oltre i 60 dollari al barile, un’inversione di tendenza in direzione della riconversione dell’industria energetica dovrebbe diventare una necessità economica e non solo ambientale, un’opportunità. “Dovrebbe”, perché è incredibile constatare la velocità con la quale è stato metabolizzato l’aumento del costo del greggio (che finora non si può certo dire abbia funzionato da stimolo per lo sviluppo delle energie del futuro). Alla fine di giugno 2005 il superamento della barriera dei 50 dollari aveva allarmato i mercati mondiali, occupando le prime pagine dei quotidiani; poi, in soli due mesi, a inizio settembre, quando si sono superati i 70 dollari e New Orleans sprofondava in un mare di acqua e fango a causa della disastrosa violenza dell’uragano Katrina, le proteste da noi si sono concentrate… sulla mancata diminuzione del prezzo della benzina alla pompa pur in presenza degli aumentati introiti da parte dello Stato attraverso le accise sul carburante! Per tacere dell’Enel, il colosso energetico italiano, che ha in programma la costruzione di nuove centrali a… carbone “pulito”! Uscire dal fossile per salvare il clima deve diventare l’asse attorno al quale far ruotare il funzionamento quotidiano delle cose. Una seria politica del clima a livello locale cercherà dunque di fare in modo diverso le cose che da sempre sono compito istituzionale degli enti locali, con ricadute positive anche a livello territoriale. Se nella politica per la salvaguardia del clima l’obiettivo globale trova una sua espressione concreta con le azioni locali, il contributo locale alla soluzione del problema globale implica un approccio coerente con lo sviluppo sostenibile a livello territoriale. Per cui ridurre il traffico motorizzato individuale e il consumo energetico, aumentare l’impiego delle fonti di energia rinnovabili, adottare una gestione intelligente di una sempre minore produzione di rifiuti, pianificare un uso dei suoli il più vicino possibile ai cicli naturali, sono azioni che migliorano anche la vivibilità e l’economia locali.
<B>Dalle buone idee alle buone pratiche</B>
Dalla padella al serbatoio: i Comuni di Graz (Austria) e di Valencia (Spagna) riciclano gli oli di frittura dei ristoranti per produrre il biodiesel con cui fanno marciare gli autobus. Sempre Graz, nell’ambito del programma “Ecoprofit” diffuso oggi in molti altri comuni europei, promuove interventi win-win (ovvero in cui tutte le parti coinvolte traggono solo benefici) che sostengono l’economia locale e migliorano la vivibilità: sono oltre cento le imprese della città austriaca che collaborano con il Comune sottoponendosi a una certificazione ambientale biennale. A Berlino lo standard energetico degli edifici pubblici supera quello nazionale del 30%, e il 15% dell’energia proviene da fonti rinnovabili. I Comuni di Barcellona e di Carugate (Milano) sostengono l’installazione di pannelli solari termici per la produzione di acqua calda con regolamenti edilizi e incentivi. Risultato di Barcellona: 19.593 metri quadrati di collettori installati, più che in tutti i capoluoghi di provincia italiani messi insieme. A Heidelberg (Germania) il 25% del fabbisogno elettrico è coperto da fonti rinnovabili (solare, biomassa, idroelettrico). Il sovrapprezzo termico incassato dalla municipalizzata che produce l’eco-elettricità viene reinvestito in impianti che utilizzano fonti rinnovabili per alimentare scuole e strutture sportive pubbliche. A Brescia più di un quarto delle case sono riscaldate tramite teleriscaldamento. Grazie alla bioarchitettura, nel quartiere Kronsberg di Hannover (tremila appartamenti) le emissioni di CO2 sono state ridotte del 75%. La cittadina tedesca di Engelskirchen soddisfa l’intero fabbisogno di energia elettrica del ginnasio Aggertal con il sole, grazie a una centrale fotovoltaica progettata in collaborazione con l’ente elettrico locale e con il Comune, finanziata – e qui sta la novità civica del progetto – da insegnanti e genitori degli allievi. Il rendimento dell’impianto ammortizza il capitale investito. Molti enti locali dimostrano inoltre che nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato riescono a rafforzare il tessuto economico del territorio. A partire dalla certificazione delle prestazioni energetiche per l’edilizia privata offerta dalla Provincia autonoma di Bolzano, che – oltre a essere economicamente conveniente – rende gli immobili meglio vendibili e affittabili, riduce l’inquinamento atmosferico e fa bene al clima. I proprietari di immobili a uso abitativo possono richiedere alla Provincia il certificato “CasaClima” che fornisce informazioni sul profilo energetico dello stabile. Nel documento vengono descritti in modo trasparente i costi energetici, il che produce un impulso concreto a investire nell’efficienza energetica. Di tutti questi, e di molti altri progetti, il manuale offre una sintetica descrizione, insieme ai riferimenti telefonici e/o di posta elettronica per approfondirne la conoscenza direttamente con gli attuatori. Il comune denominatore delle buone pratiche qui selezionate è la quotidianità, il riferimento all’andamento ordinario delle cose. Molte si sono diffuse anche al di fuori della città che le ha viste nascere. Dalla scuola di Engelskirchen, per esempio, è nato un movimento (“Solarsave”) che ha dato vita a numerosi progetti nel Land Nord Reno-Westfalia e in altre parti d’Europa; la certificazione energetica degli edifici si sta estendendo rapidamente a partire da “CasaClima” (Bolzano) e parecchi sono ormai i regolamenti edilizi in elaborazione che prevedono l’obbligo di usare il termosolare per la produzione di acqua calda sanitaria. In altre parole, sono passati i tempi delle singole azioni spettacolari a favore di un modello generalizzato di produrre, distribuire, consumare e smaltire in modo sostenibile. In questo contesto assumono una particolare rilevanza i metodi di monitoraggio, dei bilanci ambientali e sociali preventivi e consuntivi, come CLEAR – City and Local Environmental Accounting and Reporting, per guidare i processi in atto e controllarne i risultati.
<B>Italia: che fare?</b>
Non ci sfugge il quadro di difficoltà in cui si muovono le amministrazioni locali oggi in Italia: finanziarie in primo luogo, ma anche legislative. Ci preme tuttavia sottolineare che molti dei progetti qui illustrati si riferiscono a città italiane, e dunque dimostrano che anche da noi è possibile fare qualcosa; parecchi di essi, inoltre, sono contengono le premesse per autoripagarsi. Quindi, in molti casi basta volere… Starà comunque anche ai cittadini premere perché le amministrazioni locali intraprendano la strada dello sviluppo locale sostenibile in difesa del clima. Dal ministero dell’Ambiente, infine, ci aspettiamo che metta a disposizione finanziamenti per la ricerca e normative adeguate per promuovere la sostenibilità locale. Non meno essenziale è però lo sviluppo di una altrettanto adeguata sensibilità ad affrontare nelle varie sedi e istituzioni il problema intersettoriale e culturale del raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto, in termini che siano all’altezza del quinto paese industrializzato al mondo quale si fregia di essere l’Italia. Con la speranza – scevra da ogni sia pur minima presunzione – che anche questo nostro lavoro possa portare il suo piccolo contributo al comune sforzo e impegno in difesa del clima. Lo sforzo nostro e di quei figli, nipoti e pronipoti dai quali abbiamo avuto in prestito la Terra.