Il terzo rapporto nazionale sulla cultura civica in Italia
Presentato a Roma il 22 Luglio il rapporto di Legambiente
30 June, 2003
L'Introduzione del rapporto, di Ermete Realacci, Presidente di Legambiente La pubblica indifferenza è per uno stato democratico peggio della tirannia di un principe. Uno studio sul vandalismo, sul senso della collettività, sulla fiducia nelle istituzioni, sulle radici più o meno individualiste della società, parte proprio dal significato di questo giudizio di Montesquieu: l'adesione e la partecipazione dei cittadini alle istituzioni, al territorio ed alla collettività è la spina dorsale dello Stato. Il Rapporto sulla virtù civica in Italia è nato tre anni fa proprio per sondare le condizioni e l'evoluzione dell'anima civica della società: perché l'interesse collettivo è motore anche del rispetto dell'ambiente. Non sarà un caso, infatti, se in Europa soltanto il nostro Paese soffre in maniera tanto macroscopica di abusivismo edilizio; se ogni estate, nel momento della penuria d'acqua, ci scontriamo comunque contro sprechi assurdi e prelievi illegali; se l'interesse economico particolare continua ad affermarsi a scapito della salute dei cittadini e dell'ambiente. Questo Paese, forse minoranza, ha effetti perniciosi sulla legalità, sulla coesione sociale, sul rispetto reciproco e sulla solidarietà. Ma c'è fortunatamente anche un'Italia positiva. All'incertezza dell'economia, ai rischi legati al terrorismo internazionale, ad un panorama di diffusa insicurezza, gli italiani hanno risposto con la riscoperta e la rinnovata scommessa nei rapporti sociali, nel legame col territorio e le sue istituzioni. In breve, nella messa in discussione di quell'individualismo che negli anni passati sembrava essere il nostro segno distintivo. In quei ritratti del nostrano senso civico che sono le tipologie di civicness individuate da Abacus, spicca la metamorfosi in atto da un senso civico radicato su valori individualistici, verso un sentimento allargato agli altri membri della società e al territorio: quella che era una fascia minoritaria (nel 2001 erano il 20% le persone che dichiaravano un individualismo subordinato agli interessi collettivi) si avvia a modificare significativamente gli equilibri in campo (oggi toccano il 40%). Resta alto, tuttavia, anche in termini puramente monetaristici, il prezzo pagato per una delle forme più evidenti di sprezzo della collettività: il vandalismo. La prima parte del Rapporto è tutta dedicata a questo fenomeno 'rimosso': con grande fatica, infatti, abbiamo raccolto informazioni uniche e originali, e i risultati sono da ogni punto di vista allarmanti. La nostra è insieme una denuncia e un richiamo, una proposta di collaborazione che rivolgiamo alle istituzioni pubbliche statali e locali: perché vetri rotti, panchine divelte, mura imbrattate sono l'autodenuncia di un malessere sociale e di un senso di appartenenza territoriale compromesso che deve preoccupare prima di tutti lo Stato. Resiste però una sconcertante disattenzione e rassegnazione da parte delle istituzioni. Quest'anno una prima risposta c'è stata: il Comune dei Roma ha di recente istituito un Ufficio per il decoro urbano, che permetterà di conoscere meglio il fenomeno e attivare conseguenti campagne di prevenzione. Sì, perché contro il vandalismo, tanto diffuso da essere entrato di forza fra i principi progettuali di servizi e spazi pubblici (dai vetri antiurto alle pellicole antigraffio, fino alle telecamere e ai materiali ignifughi) a poco servono denunce e multe (nel 92% dei casi si tratta dei soliti ignoti). Ben altri risultati danno invece tutte quelle iniziative intese a promuovere la partecipazione attiva dei cittadini (adozioni di aree verdi, affidamento ad associazioni di volontariato): come dire che senza la partecipazione alla collettività e, quindi, la percezione del bene comune come qualcosa che è, in modo peculiare, anche proprio, il vandalismo non conoscerà battute d'arresto. La litigiosità e l'apparente inconcludenza di certa politica, considerazioni economiche che sembrano scavalcare ogni altra esigenza sociale o ambientale: non è difficile spiegare il disamore degli italiani verso le istituzioni registrato anche quest'anno nel Rapporto. Per 3 italiani su 4 la nostra classe dirigente è tale che diventa impensabile servirsene come punto di riferimento; più di due terzi degli italiani giudica tv, radio e giornali disinteressati alla promozione del senso civico. E' la politica nazionale il principale bersaglio delle critiche: mentre solo il 40% dichiara la sua fiducia al Parlamento nazionale, l'Unione europea raccogli consensi dal 70% degli intervistati, Comuni e Regioni dal 60%. Risultati che sono la cartinadi tornasole di quel rinnovato interesse ai rapporti orizzontali nella società - con associazioni, forze politiche, comitati - e col territorio di cui si diceva. Di questi rapporti, di questa partecipazione che torna a farsi meno mediata, e di questo rinvigorito radicamento nel proprio territorio una parte del Paese è stata custode paziente e fedele. Il “paesaggio” della civicness è strettamente intrecciato con l’Italia dei territori, delle città e dei piccoli centri: una rete di relazioni e tradizioni che ha fatto da culla ad un patrimonio straordinario di beni culturali e ambientali, di tradizioni e abilità manifatturiere, di saperi e sapori. Un’Italia nella quale la coesione sociale, alimento indispensabile del senso civico, è elemento costitutivo della vita economica e culturale. Coesione che può e sa concretizzare quel valore aggiunto in termini di turismo, produzioni tipiche, artigianali ed enogastronomiche, e che si candida a diventare un importante volano per l'economia italiana nel suo complesso. Appunto per valorizzare e difendere questo patrimonio, specialmente quello radicato nella fitta trama dei piccoli comuni, è nata la campagna "Piccola Grande Italia" e la proposta di legge che prevede misure di salvaguardia della vita nei nostri centri minori. Questi borghi, questi paesi - ricordava il Presidente della Repubblica Ciampi - rappresentano un presidio di civiltà, concorrono a formare un argine contro il degrado idrogeologico. Riconquistiamo questi luoghi. Essi sono parte integrate, costitutiva della nostra identità, della nostra Patria. Possono essere un luogo adatto alle iniziative di giovani imprenditori. L’informatica e le tecnologie possono favorire questo processo. La tendenza verso il ritorno ai piccoli centri è già in atto, ben visibile nei dati preliminari dell’ultimo censimento. Ma può diventare anche questa grande avventura un’opportunità da cogliere.