Care imprese, l’ambiente è una risorsa (sempre più scarsa)
- da l'Unità del 22.12.2005
23 December, 2005
<b>Edo Ronchi</B>
Quando eravamo solo un miliardo, quando le potenzialità della tecnica sorprendevano perché facevano viaggiare i primi treni, quando solo un piccola parte dell'umanità era coinvolta da produzioni industriali e da consumi di massa, l'ambiente era una risorsa abbondante: la sua capacità di assorbire inquinanti, specie su scala globale, non poneva rilevanti problemi; le risorse che forniva, dall'energia alle materie prime, dalle risorse marine alle terre coltivabili, dall'aria pulita all'acqua potabile, non ponevano problemi di disponibilità.
Oggi viviamo in un mondo diverso, profondamente cambiato: rapidamente abbiamo superato i sei miliardi, l'economia è globalizzata. Sono aumentati enormemente produzioni e consumi; nuovi Paesi, con miliardi di abitanti, hanno avviato una rapida e consistente crescita economica.
L'ambiente è diventato così una risorsa scarsa. Dai rapporti del Panel intergovernativo degli scienziati di 80 paesi che analizzano i cambiamenti climatici (IPCC), fino al Millenium Ecosystem Assessment, promosso dalle Nazioni Unite con la partecipazione di circa tremila scienziati di tutto il mondo, emerge chiaramente che i servizi, essenziali allo sviluppo, messi a disposisizione dagli ecosistemi e la loro capacità di carico, sono sottoposti a pressioni non sostenibili e cominciano a scarseggiare.
La questione ha ormai una tale rilevanza, anche economica, da coinvolgere non solo larghi settori dell'opinione pubblica, ma delle stesse imprese .
Un'indagine, condotta da Arthur D. Little, su un gruppo di aziende globali in Europa, Usa, Giappone ed Italia, tra il 2004 e l'inizio del 2005, rileva che, fra quelle che dichiarano di aver adottato criteri di sostenibilità, il 72% afferma di averne tratto benefici con la creazione di nuovi prodotti o nuovi servizi ed il 60% di avere tratto vantaggi con l'accesso a nuovi mercati.
Le certificazioni ambientali, con le norme ISO 14001, sono passate in Italia da 644 nel 2000 a ben 3.695 nel 2004, le registrazioni EMAS riguardano 419 siti e 322 organizzazioni. Il marchio europeo di qualità ecologica, Ecolabel, è passato in Italia da 2 prodotti e servizi nel 1998, a 1.449 nel 2005. Siamo ai primi posti al mondo per produzioni agricole biologiche certificate.
Perché un numero elevato, e crescente, di imprese adotta volontariamente certificazioni ambientali? Perchè la qualità ambientale è un requisito di importanza crescente per la credibilità e l'immagine di un'impresa, per la capacità dei suoi prodotti di conquistare mercati dove i consumatori attenti sono in numero crescente, nonché per reggere la concorrenza di Paesi che producono con costi inferiori, ma non danno garanzie di qualità, e segnatamente di qualità ambientale.
In un recente articolo sul Sole24Ore, significativamente titolato «Da vincolo a risorsa: così l'impresa vince con l'ambiente», Emilio Gerelli, sottolinea che un numero crescente di consumatori maturi non percepisca l'accrescimento del benessere da un aumento quantitativo dei consumi, bensì «dalla qualità della vita che si acquisisce anche finanziando la tutela ambientale».
Senza trascurare il fatto che puntando su un elevato livello ambientale, con le certificazioni si razionalizzano e si riducono i consumi di energia, si punta a ridurre i rifiuti e a riciclarli, quindi a risparmiare materie prime sempre più care, oltre a ridurre le emissioni inquinanti. Il cambiamento climatico produce già effetti rilevanti, aggrava gli eventi atmosferici estremi, influisce sulle aspettative dei cittadini e sui i mercati. L'aumento del prezzo del petrolio è ormai consistente, e, prevedibilmente, proseguirà per un periodo non breve, perché la domanda è in continua crescita e la disponibilità di petrolio convenzionale è limitata.
In questo contesto il Protocollo di Kyoto può diventare una opportunità per l'aumento dell'efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Il potenziale dell' aumento dell'efficienza e della riduzione dei consumi di energia è molto elevato: la sostituzione dei motori elettrici con quelli ad elevata efficienza, così come quella degli elettrodomestici, il miglioramento del rendimento energetico degli edifici e quello dell'efficienza energetica dei mezzi di trasporto e dei sistemi di mobilità, fino a quelli della generazione di energia elettrica, sono interventi maturi, economicamente convenienti, che promuovono sostenibilità e competitività.
Le nuove fonti energetiche rinnovabili e pulite (eolico, solare, biomasse e biocarburanti), stanno diventando un settore strategico. La Germania, leader mondiale dell'eolico e del solare, ha fatturato nel settore delle rinnovabili, nel 2004, ben 13,4 miliardi di euro, vi impiega 151 mila addetti, ha recentemente stipulato con la Cina un mega contratto per la fornitura e l'installazione di 20.000 MW di eolico
Il 14 giugno scorso le associazioni delle piccole e medie imprese, PMI (Confagricoltura, Confapi, CNA, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti), hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per la promozione dell'efficienza energetica, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e della generazione distribuita, a conferma del fatto che il tema è maturo in rappresentanze importanti delle imprese italiane ed anche delle potenzialità delle PMI, più agili, più legate al territorio.
Il made in Italy sui mercati ha un valore aggiunto quando è associato ad un'idea di qualità, di bellezza del nostro Paese e dei suoi territori. «Quando in quei paesi (emergenti) si sarà consolidata una generazione nuova in grado di apprezzare i consumi di qualità - scrivevano lo scorso anno Giuliano Amato e Carlo De Benedetti su la Repubblica - essa si rivolgerà quasi naturalmente verso quel made in Italy che nel mondo è sinonimo del buon vivere».
Una parte consistente delle nostre imprese è legata ad un modello di sviluppo locale, spesso articolato in distretti di PMI, caratterizzati da un territorio di appartenenza, al punto che taluni studiosi parlano di sviluppo territoriale locale. Vi sono settori importanti, dove si gioca il presente ed il futuro anche di un gran numero di imprese, come il turismo e l' agro-alimentare, per i quali la qualità del territorio e dell'ambiente è vitale per reggere la concorrenza internazionale. Nell'agricoltura italiana ed europea, inoltre, è in atto un processo che punta a valorizzarne il carattere multifunzionale (produttivo,ma anche di gestione e manutenzione del territorio,di sviluppo dell'agriturismo e delle potenzialità agroenergetiche), legando in maniera stringente sostenibilità e competitività.
In conclusione emerge,a me pare abbastanza chiaramente, che l'innovazione ecologica è la chiave decisiva per realizzare un rapporto virtuoso fra la sostenibilità e la competitività. L'innovazione ecologica non piove dal cielo, richiede conoscenze e competenze, formazione e ricerca, diffusione delle buone pratiche, accesso alle migliori tecnologie disponibili, insieme all'attivazione di politiche pubbliche, di strumenti volontari, economici e normativi.
Per non fare solo chiacchiere sull'innovazione e per non riproporre ricette ormai obsolete, come quelle della crescita qualunque e a qualsiasi costo, è richiesta soprattutto una nuova consapevolezza culturale: risorsa indispensabile per diventare più sostenibili e più competitivi.
*responsabile dipartimento