L\'erba del vicino non è sempre più verde...
Il commento di Roberto della Seta, presidente Nazionale di Legambiente
23 October, 2006
L'erba del vicino non è sempre più verde. Ma l'erba di Goteborg - 181 metri quadrati di prati e giardini pubblici per abitante - sicuramente è molto più estesa di quella delle città italiane: Roma, una delle nostre "migliori", ha 23 metri per abitante. Berlino non è certo il paese del sole, eppure detiene il primato europeo degli impianti solari installati negli edifici pubblici; niente invece nelle assolatissime Napoli e Palermo, ancora molto poco a Roma. Barcellona non è forse l'eden del trasporto pubblico, ma in pochi anni ha realizzato una rete su ferro che è circa il doppio di quella di Milano, con tempi di esecuzione delle opere dimezzati rispetto a quelli di casa nostra.
Tre esempi, ma tanti altri se ne potrebbero fare, per introdurre una domanda: è possibile che in fatto di politiche per migliorare l'ambiente urbano, le città italiane abbiano sempre qualcosa da invidiare alle colleghe straniere? Dalla Scandinavia alla Spagna, dalla Francia alla Germania, sono tanti, troppi, i centri grandi e piccoli dove c'è più verde e meno traffico, aria più pulita e meno abusivismo edilizio che in uno qualsiasi dei 103 capoluoghi di provincia italiani. E visto che spesso la differenza non nasce da arretratezza economica - basti pensare alle città padane: tra le più ricche d'Europa - allora vuol dire che dipende, almeno in parte, da un eccesso di inerzia, da un deficit di "modernità" di chi le nostre città governa.
Questa inattività, questa pigrizia, risaltano con evidenza scorrendo le centinaia di dati di Ecosistema Urbano 2007, l'annuale ricerca di Legambiente e Ambiente Italia sullo stato di salute ambientale dei comuni capoluogo italiani. Da un anno all'altro, nell'insieme delle 103 città esaminate, l'emergenza smog è rimasta immutata, ci si continua a muovere soprattutto in automobile e i passeggeri dei mezzi pubblici restano pochissimi, la raccolta differenziata dei rifiuti si mantiene largamente al di sotto di quel 35% fissato come soglia minima da una legge del 1997.
Del resto, al di là dei numeri è l'esperienza quotidiana dei cittadini a dire in maniera netta che in quasi tutte le zone chiave della vivibilità urbana (la mobilità, la gestione dei rifiuti, la qualità dell'aria e i livelli di rumore...) prevale l'immobilismo. Le colpe sono varie, e non sempre ricadono sui sindaci. Per esempio, non è colpa degli amministratori locali se da molti anni lo Stato investe poco nelle infrastrutture per il trasporto pubblico urbano. Però capita sovente che questo dato oggettivo venga usato come un alibi dai "primi cittadini": che molte cose utili potrebbero farle "a costo zero", dalla sperimentazione di forme di "road pricing" sul modello di Londra o Stoccolma, alla moltiplicazione delle corsie preferenziali.
Naturalmente, il grigio del nostro panorama urbano non è uniforme. Dei passi in avanti ci sono stati: sono cresciute le zone a traffico limitato, inesistenti o quasi dieci anni fa; molti comuni del nord hanno "imparato" a recuperare buona parte della spazzatura che producono; Milano, fino a ieri unica metropoli europea senza un depuratore, si è messa "in regola"; a Roma l'amministrazione comunale ha introdotto l'obbligo di utilizzare l'energia solare su tutte le nuove costruzioni.
Nel complesso, però, è proprio il grigio a dominare, con due grandi, immensi buchi neri. Il primo è la mobilità. Traffico e inquinamento non sono prerogative italiane, ma del "non fare" abbiamo spesso l'esclusiva. A Milano come a Roma, a Napoli come a Torino, a Bologna come a Firenze, i governi urbani sembrano non vedere che la soluzione al problema può venire soltanto da un forte, deciso privilegio accordato al trasporto pubblico. Questa scelta non può attendere la realizzazione di una rete adeguata di metropolitane, per la quale servono decenni e che peraltro è spesso impraticabile per mancanza di soldi: bisogna agire subito, agire per rendere svantaggioso, sconveniente, magari anche "politicamente scorretto", l'uso dell'auto in città.
L'altro buco nero, meglio una voragine, è la drammatica arretratezza delle città del centro-sud nello smaltimento dei rifiuti. A Napoli, a Bari, in Sicilia, anche nel Lazio, la raccolta differenziata non decolla, mentre decollano e imperversano l'illegalità, il rischio per la salute, le ecomafie.
Questo il quadro generale che esce da Ecosistema Urbano. Quanto alle contromisure, una le riassume tutte: capire - devono capirlo i sindaci ma pure gli ambientalisti - che la sostenibilità urbana non è mitigare le dinamiche negative in atto (più auto, più inquinamento, più rifiuti), ritagliare in città qualche oasi di verde o di marciapiede in più e rassegnarsi al resto; è invece rinnovarle, le nostre città, renderle più moderne e più civili anche nel segno dell'ambiente.
Roberto Della Seta
Presidente nazionale di Legambiente