Rubbia e la sfida dell´energia "Sarà l´acqua il carbone del futuro"
Il Nobel per la Fisica fa il punto sulla ricerca delle fonti alternative che faranno muovere il mondo dopo il petrolio. Salvandolo dall´autodistruzione
01 January, 2003
Le proposte dell´Enea dal nuovo nucleare agli specchi solari. A partire dal 2015 le maggiori emissioni nocive verranno dai paesi in via di sviluppo E la dipendenza della produzione elettrica da sorgenti fossili sta diventano insostenibile GIOVANNI VALENTINI Saranno il Sole e l´Acqua, forniti provvidamente da madre natura, a salvare la Terra dall´autodistruzione? Con un´incoraggiante sintonia tra le ambizioni della ricerca scientifica e le aspettative del genere umano, Carlo Rubbia - commissario straordinario dell´Enea (Ente per le Nuove tecnologie, l´Energia e l´Ambiente) e Premio Nobel per la Fisica - apre il cuore alla speranza, mentre incombe sul mondo lo spettro di una nuova "guerra del petrolio", rilanciando un affascinante progetto sulle fonti alternative. Più che una scelta, è una necessità vitale per tutti gli abitanti del pianeta. L´attuale dipendenza della produzione elettrica dalle sorgenti fossili - carbone, petrolio e gas naturale - è ormai prossima a diventare insostenibile. A partire dal 2015, i paesi in via di sviluppo diventeranno la principale fonte di emissioni nocive, mentre quelle di anidride carbonica aumenteranno al ritmo del 2,1 per cento all´anno, arrivando a + 42% nel 20010, + 60% nel 2020 e + 75% nel 2030. E in Europa, questi "veleni" derivano per il 94% dal consumo energetico. In tali condizioni, le conseguenze risulterebbero disastrose sia sul piano ambientale sia su quello economico e sociale. Sarebbe inevitabile, innanzitutto, un cambiamento climatico di immense proporzioni con una crescita esponenziale dell´effetto serra: innalzamento della temperatura, piogge di tipo tropicale, inondazioni, alluvioni. Lo sviluppo sostenibile, inoltre, potrebbe essere penalizzato da problemi di sicurezza negli approvvigionamenti energetici: basti pensare che oggi il settore strategico dei trasporti è quasi interamente dipendente dal petrolio, le cui riserve sono per il 65% in Medio Oriente, con le incognite e i rischi politici che ne discendono; oppure che metà delle riserve di gas naturale si trova in due paesi, l´ex Unione Sovietica e l´Iran. Si aggraverebbe infine la grande questione della povertà, con un ulteriore incremento del "gap" tra il Nord e il Sud del mondo. Per interrompere il circolo vizioso, secondo il professor Rubbia c´è una sola via d´uscita: sviluppare tecnologie innovative più accettabili ed efficaci. Tanto più che, in base a tutte le previsioni, il contributo delle energie rinnovabili continuerà a essere trascurabile, passando nei prossimi trent´anni dal 2 al 3 per cento. Ma per modificare questo scenario apocalittico occorrono una grande volontà politica e forti investimenti. Le soluzioni possibili indicate dall´Enea sono tre: 1) la combustione pulita del carbone, senza emissioni nocive, attraverso il sequestro dell´anidride carbonica nel sottosuolo; 2) un nuovo nucleare basato sul metodo della "fertilizzazione", partendo sia dalla fissione sia dalla fusione; 3) una forma alternativa di energia rinnovabile, a basso costo e continuamente disponibile, ricavata dalla concentrazione della luce solare. In tutte queste opzioni, l´idrogeno - l´elemento più abbondante e leggero dell´universo - dovrà avere un ruolo fondamentale come vettore energetico, complementare all´elettricità, entrambi senza emissioni al punto di utilizzo. Carbone pulito. Disponibile su larga scala, distribuito in maniera piuttosto uniforme sui vari continenti, al momento il carbone ha un prezzo inferiore di oltre quattro volte a quello del petrolio o del gas naturale. La sua utilizzazione presenta però sostanziali inconvenienti: il costo ambientale indiretto è elevato e le emissioni di anidride carbonica sono molto maggiori. Per produrre un carbone pulito, l´idea base è quella di mettere in contatto carbone e acqua a una temperatura tanto elevata da separare idrogeno e anidride carbonica, con una tecnologia analoga a quella usata per produrre il "gas di città". In questo modo, da fossile con il più alto impatto ambientale, il carbone sarebbe trasformato in un combustibile senza emissioni né effetto serra. E i costi di conversione verrebbero coperti dal differenziale tra il carbone e il gas naturale che l´idrogeno andrebbe a sostituire. Nuovo nucleare. Nonostante il disastro della centrale russa di Chernobyl, nell´ultimo decennio il consumo di energia nucleare è aumentato del 25,9 per cento. Ma nel '99, le 436 centrali installate nel mondo hanno prodotto appena il 16% dell´elettricità planetaria. L´energia nucleare quindi ha ridotto soltanto del 5,6% le emissioni globali che provocano l´effetto serra e perciò il suo ausilio è stato relativamente modesto. Con le tecnologie attuali, aumentare l´energia nucleare a un livello tale da frenare l´effetto serra aprirebbe numerosi problemi. Le riserve naturali di uranio sono inferiori a quelle del petrolio; il deposito delle scorie a lunga vita risulterebbe impraticabile; e comunque l´efficienza di conversione termodinamica di un reattore resterebbe limitata. Da qui, appunto, l´invito di Rubbia a ripensare completamente il nucleare, con nuove soluzioni e nuove tecnologie. Energia solare. Oggi le fonti rinnovabili costituiscono appena il 2% della domanda di energia primaria e tutte le previsioni indicano che fino al 2020 potranno raggiungere al massimo il 3%. Da una parte, infatti, il costo dell´energia così prodotta deve diventare competitivo; dall´altra, questa deve superare la sua variabilità e la sua dipendenza dalle condizioni meteorologiche, per essere disponibile quando il consumatore ne ha bisogno. «Sono convinto - dice il professor Rubbia - che il progresso tecnologico è possibile e ha le potenzialità per risolvere anche questi problemi. Tuttavia, per raggiungere un risultato in tempi ragionevoli, è necessario un nuovo e vigoroso sforzo della ricerca, accompagnato dalla volontà politica e dalla disponibilità di finanziamenti adeguati». Per un propizio paradosso della natura sono proprio i paesi più poveri, quelli economicamente e socialmente arretrati, i più ricchi di sole. E possono scoprire una miniera d´ora proprio nel proprio habitat, nelle zone aride o desertiche. E´ possibile dunque immagazzinare e gestire l´energia solare? E come? Il metodo più semplice, secondo Rubbia, è quello di utilizzarla per riscaldare una sostanza adeguata, capace di trattenerla e poi di restituirla. In pratica, l´energia solare viene raccolta sotto forma di liquido caldo e quindi accumulato in un serbatoio termicamente isolato. Per raggiungere temperature comparabili a quelle dei combustibili fossili, l´energia solare dev´essere per così dire catturata e concentrata da un impianto di specchi parabolici. L´Enea ne ha già costruito un prototipo sperimentale che sarà completato entro il 2006, scegliendo una località favorita dalla forte insolazione e forse predestinata anche dal nome: Specchia, in Puglia. Qui la superficie del campo solare è di mezzo chilometro quadrato. Ma, per rendere l´idea e fare un esempio concreto, l´equivalente della produzione mondiale di petrolio ne richiederebbe uno pari a un quadrato di 165 chilometri di lato. Dal sole - composto per il 75 per cento da nuclei di idrogeno - all´energia pulita, il passo è breve. Un semplice processo termo-chimico, generato dal calore solare, provoca la dissociazione dell´acqua permettendo così la produzione diretta dell´idrogeno senza alcuna emissione. «L´innovazione - conclude convinto il professor Rubbia - è la migliore tra le energie rinnovabili». E con una civetteria letteraria, il Premio Nobel per la Fisica cita una profezia di Jules Vernes, da "L´isola misteriosa" del 1870: «L´acqua sarà il carbone del futuro».