Ripensate quell´inutile grattacielo
Marco Travaglio risponde all'appello per una vasta discussione e valutazione di impatto ambientale intorno al progetto del grattacielo San Paolo - da la Repubblica del 04.03.2007
05 March, 2007
Questo è l'appello di chi propone una vasta discussione e valutazione di impatto ambientale, energetico, urbanistico, paesaggistico sul progetto di costruire una o due torri di 150 metri nei pressi di Porta Susa. Si tratta di dubbi e domande aperte che non devono essere trascurate in nome di una superficiale idea di modernità o di compattezza. Evidentemente la discussione sul progetto San Paolo è propedeutica a un interrogativo che riguarda anche tutte le altre prospettate o possibili costruzioni che superino gli 80 metri. Sono necessarie così ingenti nuove cubature? Non è sufficiente una migliore utilizzazione delle aree dimesse? Quali sarebbero le modificazioni del paesaggio della città, vista dal basso e dalla collina? E' opportuno che sorga un nuovo «simbolo» della città, accanto alla Mole? Quali sono i bilanci energetici e di sostenibilità di tali costruzioni? (Occorrerebbe un calcolo che tenga conto di tutti i fattori, compresa l'energia occorrente per la costruzione e per gli ascensori). Per quanto riguarda il caso particolare del San Paolo nella nuova fusione bancaria: per difendere l'occupazione a Torino è necessario un investimento immobiliare di quella portata? Proponiamo che in varie forme e sedi si dibattano e approfondiscano queste domande in modo da arrivare a una decisione partecipata, anche se non necessariamente condivisa.
<b>Luciano Re, Silvia Mantovani, Giorgio Faraggiana, Vanda Bonardo, Maurizio Cossa, Flavia Bianchi, Diego Novelli, Luca Mercalli, Giovanni Maria Lupo, Annamaria Pintus, Anna Todros, Raffaele Radicioni, Ferdinando Cartella, Silvana Fagnani, Paolo Hutter, Emilio Soave, Roberto Gnavi</b>
Cari amici, per quel che può valere sono assolutamente d'accordo con voi. Dopo il blocco delle opere pubbliche seguito a Tangentopoli, per la basilare ragione che non c'era più una lira e, soprattutto, i costruttori erano quasi tutti in galera o in tribunale, l'Italia sta vivendo una nuova stagione di euforia cementifera, un dissennato revival dei progetti faraonici e delle cattedrali nel deserto modello anni 80. Spuntano ecomostri dappertutto, gabellati per simboli della «modernità», dello «sviluppo», del «progresso», con cantieri infiniti che intasano l'aria di polveri-killer e alla fine lasciano sul campo monumentali insulti all'estetica e al buon gusto.
Non credo che l'idea geniale di sconvolgere il panorama di Torino con uno o due grattacieli da 150 metri sulle ceneri di Porta Susa si discosti da questa deriva nazionale, in controtendenza con tutti gli allarmi che si levano da ogni parte del mondo sul futuro del pianeta. Non vorrei che la discussione pro o contro le Twin Towers alla torinese, che potremmo ribattezzare Gianduja e Giacometta, si incanalasse come al solito nei binari dell'ideologismo senza ideologia. Sarebbe bello se l'antica concretezza e l'antico buonsenso per cui andava celebre Torino portassero a una discussione molto terra-terra, senza contrapposizioni artificiali tra riformisti e radicali, modernisti e antimodernisti, e si concentrasse intorno a una domanda molto più prosaica, ma concreta: servono a qualcosa, queste torri?
<b>Marco Travaglio</b>