CO2, la sigla del terrore
La lezione di Sir King climatologo da laurea. "Il problema dei mutamenti atmosferici è più importante della lotta ad Al Qaeda. La calda estate del 2003 ha ucciso 30mila volte in Europa: altro che attentati - da La Repubblica del 15.05.2007
15 May, 2007
Intervista di <b>Luca Mercalli</b>
<b>Professor King, molti scienziati ritengono che scienza e politica siano due mondi distinti, una torre d´avorio dove lavorano i ricercatori, e un serraglio dove si giocano interessi e destini degli uomini. Lei da anni lavora a fianco dei politici di uno dei paesi più importanti al mondo, cosa ne pensa?</b>
«Si può certamente governare senza scienza, ma non si può governare bene. La scienza ha il dovere di dialogare con le istituzioni e con i cittadini, deve fornire informazioni ma anche soluzioni credibili e soggette a un processo di validazione secondo metodi condivisi. Non dico che tutti gli scienziati debbano per forza dialogare con la politica, basta un loro rappresentante. Ma i risultati della ricerca devono assolutamente essere considerati nelle scelte di governo».
<b>Lei ha detto che il problema dei cambiamenti climatici è più importante della lotta al terrorismo.</b>
«Sì, lo sostengo sempre. Il terrorismo ha catalizzato da anni tutti i più importanti sforzi dei governi, sia sul piano organizzativo, sia su quello della comunicazione. Forse però non ci accorgiamo che abbiamo un elefante nella stanza, un modo di dire inglese che sottolinea l´enormità di problemi sotto gli occhi e che non vengono affrontati con sufficiente urgenza. La caldissima estate 2003 ha causato oltre 30.000 vittime in Europa: confrontiamole con quelle del terrorismo... non dico che si debba sottovalutare quest´ultimo, voglio solo dire che si dovrebbero usare gli stessi mezzi, la stessa mobilitazione, la stessa forza comunicativa destinate a contrastare il terrorismo a maggior ragione anche per il problema clima. Del resto, i cambiamenti climatici, se non gestiti in tempo saranno causa non solo di nuovo terrorismo, ma di guerre e conflitti: le migrazioni di popoli sottoposti a disastri meteorologici, l´aumento del livello dei mari, la competizione per le risorse energetiche e alimentari, l´aumento della popolazione, sono tutte bombe innescate pronte a far esplodere l´instabilità geopolitica».
<b>Ma possono le negoziazioni internazionali, come il protocollo di Kyoto, risolvere il problema, pensando anche alla tumultuosa crescita dei consumi e dell´inquinamento dell´Asia?</b>
«Mettere d´accordo con qualche riunione 187 paesi, ognuno con circa 6 rappresentanti diplomatici, è veramente difficile. Qualche passo si è fatto, ma forse, al di là degli accordi globali, bisogna anche puntare sugli accordi bilaterali: ogni paese industrializzato dovrebbe tessere relazioni con altre nazioni in via di sviluppo mettendo al primo posto la riduzione dell´impatto sul clima».
<b>Ma sono processi lenti, abbiamo abbastanza tempo? O impareremo direttamente dalle catastrofi?</b>
«Il tempo è poco e dobbiamo agire con grande urgenza. Sicuramente le catastrofi climatiche cominceranno a comparire qua e là. Sarà un processo di accumulo di crisi locali che agiranno anche sulla consapevolezza dei cittadini e dei governi. Per certi versi saranno salutari, ci spingeranno a correre prima possibile ai ripari».
<b>Lei è ottimista o pessimista?</b>
«Rispetto a tre anni fa sono ottimista, almeno per il Regno Unito. Abbiamo fatto enormi progressi culturali, oggi i tre principali partiti britannici fanno a gara per proporre programmi con la maggior riduzione di emissioni. Entro il 2050 si vuole ridurre del 60 per cento la produzione di gas climalteranti e i partiti presentano piani realistici, efficienza energetica delle abitazioni e delle industrie, attività di sequestro di CO2 dalle centrali elettriche, investimenti sulle energie rinnovabili... a Londra ho tenuto una dozzina di conferenze perché, oltre a essere minacciata dall´aumento del livello del mare, è la piattaforma finanziaria del paese, così ora in questo settore si sviluppano anche ingenti investimenti privati. Tra qualche anno le quotazioni della CO2 risparmiata saranno importanti come quelle dell´oro».
<b>Eppure ci sono sempre voci contrarie o scettici rispetto alla reale esistenza e gravità del cambiamento climatico!</b>
«Il problema sta nell´informazione. Ci sono certamente molte incertezze nella scienza del clima come in tante altre scienze. Ma ci sono molte più certezze di quanto si pensi, più che sufficienti per spingerci all´azione. Spesso si vogliono creare dei contraddittori privi di solidità scientifica, si mettono a confronto i dati dei climatologi con le opinioni, spesso ideologiche o peggio foraggiate da un certo mondo industriale conservatore, nel tentativo di screditarle. Ciò che è irritante è che anche molti scienziati - non direttamente coinvolti nella ricerca sul clima - usano la loro autorevolezza per creare confusione con secondi fini».
<b>Professor King, un consiglio per Torino.</b>
«E´ stato emozionante ricevere una laurea da questa vostra antica università europea. La stessa università deve ora utilizzare la sua conoscenza per stimolare nuove e più incisive scelte politiche. Deve domandarsi quali saranno i rischi climatici per questa regione e anticipare le soluzioni. Deve proporre all´industria dell´auto di evolversi. Non più solo domandarsi se è possibile fare un motore che consumi meno, ma rivedere l´intera progettazione dell´autoveicolo, tramite un´analisi energetica complessiva, dalla culla alla tomba. Nuove forme, nuovi materiali più leggeri, nuovi propulsori, anche elettrici. Abbiamo di fronte sfide globali di enorme pericolosità. Ma abbiamo anche enormi opportunità di far partire un´economia virtuosa, addirittura un vero business dell´efficienza energetica».