Dipingere il buio, spunti sulla luce in città
16 February, 2015
"Aveva trovato quel che stava cercando nella tasca interna del mantello. Sembrava un accendino d'argento. Lo aprì con uno scatto, lo tenne sollevato e lo accese. Il lampione più vicino si fulminò con un piccolo schiocco. L'uomo lo fece scattare di nuovo, e questa volta si fulminò il lampione appresso. Dodici volte fece scattare quel suo ‘Spegnino’, fino a che l'unica illuminazione rimasta in tutta la strada furono due capocchie di spillo in lontananza: gli occhi del gatto che lo fissavano."
(Harry Potter e la pietra filosofale)
Tempo fa, di notte, amavo salire sopra una montagna poco distante dalla casa in cui abitavo: il monte Musinè, all'imbocco della Val di Susa. Il Musiné emerge direttamente dalla pianura, di colpo. Rapidissimamente si passa dai 300 ai 1100 metri di altezza, con una brusca pendenza. Per questo motivo gli abitanti della zona e i suoi abituali frequentatori lo hanno soprannominato “lo spacca-gambe”.
Dalla cima si ha dunque una visuale privilegiata sulla vasta pianura sottostante, dove giace la città di Torino.
Di giorno la pianura è grigio-foschia attenuata e confusa. La città appare come una distesa uniforme e brulicante in cui i particolari sono poco distinguibili l'uno dall'altro.
Alle pendici del monte invece puoi distinguere i paesi dai tetti rossi, circondati da campi, prati e qualche bosco.
Il caos della città, con i suoi impegni e la sua fretta, è presente ma distante, in sordina, te lo sei lasciato alle spalle per un attimo.
Di notte è tutto diverso, ci sono le luci.
Se mentre stai camminando ti volti sei quasi accecato ed invaso da un'enorme fittissima distesa di luci. Ciò che colpisce di più lo sguardo è che le luci sono sempre accese, non c'è intermittenza, è tutto fermo. E la loro intensità pungente te le fa sembrare vicinissime. Galleggiando sul buio la marea luminosa annulla le distanze, rende tutto uguale ed immobile, ancora più indistinguibile che di giorno, e molto molto più presente.
Sul sentiero che sale sei immerso nel buio, nell'aria fresca, nei contorni soffusi degli alberi e delle rocce. In cielo ed in terra tutte le cose assumono diverse sfumature dello stesso colore della notte; tranne le stelle, che brillano tranquille con una delicatezza e un'intensità che le nostre luci artificiali si sognano.
C'è una bella differenza fra i due tipi d'intensità: le luci della pianura sono forti, pungenti, grossolane, sempre accese, immobili; le luci delle stelle vibrano, si muovono, non si staccano bruscamente dal buio ma ne emergono, se ne lasciano avvolgere ed intridere; la loro intensità è profondissima, interna, arriva da lontano.
Le stelle sono palle di fuoco incandescenti in grado bruciare qualsiasi cosa, eppure ai nostri occhi appaiono morbide e soffici: sono una forza straordinaria e potenzialmente distruttiva che si manifesta in maniera gentile.
E poi fra una stella e l'altra c'è spazio, c'è buio, l'occhio si adagia e si calma nel respiro della notte.
Mi vengono in mente le altre maestre dell'illuminazione notturna: le lucciole. Chi ha avuto la possibilità di vedere un prato o un bosco inondati di lucciole sa cosa voglio dire.
Le lucciole dipingono il buio, mi catapultano in un altro mondo. Il loro accendersi e spegnersi che danza e che fluttua disseminandosi intorno... Non hai un punto di riferimento preciso, fermo, sicuro, stabile, continuamente sei agganciato e abbandonato, e nel momento in cui una ti abbandona ce n'è subito un'altra che ti riaggancia, in un punto diverso dello spazio. Incredibilmente rimani a galla, continuamente teletrasportato simultaneamente in molti luoghi.
Di fronte alle lucciole puoi solo abbandonarti, lasciarti andare. La pretesa del controllo e dell'unificazione annegano nella pluralità dei punti di vista, che danzano armonicamente insieme.
A differenza delle luci della città, le lucciole non coprono permanentemente il buio. Lo ascoltano e lo completano, inserendosi nei suoi spazi. Come i grandi pittori ed architetti, le lucciole miscelano sapientemente pieno e vuoto, chiaro e scuro. L'oscurità non viene scacciata, rimane il luogo da cui tutto nasce e dove tutto finisce, per poter ricominciare.
Ecco, l'illuminazione pubblica potrebbe ispirarsi alle stelle e alle lucciole, che lasciano lo spazio al buio, incantandolo.
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