Il 18 agosto Seattle vota per tassare i sacchetti usa e getta
Mancano pochi giorni al referendum del 18 agosto, quando i cittadini di Seattle saranno chiamati a decidere se tassare, una volta per tutte, i sacchetti monouso di plastica e carta. L’imposta, già prevista da un’ordinanza del 2008, è stata “congelata” a causa dell’opposizione delle industrie produttrici. L’ultima parola spetta dunque agli elettori. A breve sapremo chi l’avrà spuntata!
06 August, 2009
di Massimiliano Milone
Tassa o non-tassa? Ecco come si è arrivati al referendum del 18 agosto
Seattle è stata una delle prime città degli Stati Uniti ad aver introdotto, nel luglio 2008, una “Green Fee” (tassa verde) di 20 centesimi per ogni sacchetto di plastica e carta acquistato.
L’imposta doveva entrare in vigore il 1 gennaio 2009, al fine di incoraggiare l’uso di borse riutilizzabili e ridurre nel contempo la produzione di rifiuti, ma non è mai stata applicata: per il momento i cittadini di Seattle possono utilizzare gratuitamente tutti i sacchetti usa e getta che vogliono.
Cosa ha determinato il “ritiro” della tassa?
L’industria della plastica, appena emanato il decreto nel 2008, ha esercitato una decisa azione di contrasto. Con un investimento superiore a 250.000 $ l’American Chemistry Council (ACC), che rappresenta i produttori leader delle materie plastiche negli Stati Uniti, è riuscito a raccogliere firme sufficienti (circa 20 mila firme valide) per indire un referendum, impedendo così l’entrata in vigore della legge.
Secondo quanto dichiara il Sierra Club (la più antica e grande organizzazione ambientale degli Usa con centinaia di migliaia di soci sparsi in tutto il territorio degli Stati Uniti) gli operatori, reclutati dall’ACC, sarebbero stati pagati 2 $ a firma raccolta.
Il prossimo 18 agosto, in occasione delle elezioni primarie in cui si dovrà eleggere il nuovo sindaco, gli elettori decideranno quindi se ratificare la tassa (pagando 20 cent a sacchetto) o respingerla.
L’ordinanza riguarderà esplicitamente quattro categorie di negozi: le drogherie, gli alimentari, i supermercati, i discount. Tutti gli altri distributori, compresi i grossisti di borse, non saranno interessati direttamente dall’ordinanza.
I sostenitori del SÌ
«Riciclare i sacchetti è positivo, ma non è come ridurli» ha ribadito il Presidente del Consiglio comunale di Seattle Richard Conlin, promotore della legge insieme al Sindaco Gregory J. Nickels.
In caso di vittoria del SÌ il Comune finanzierà con gli introiti una serie di programmi per ridurre i rifiuti e realizzerà campagne di sensibilizzazione e di educazione per incoraggiare l’uso dei sacchetti riutilizzabili. Una parte dei fondi servirà per acquistare borse da regalare alle famiglie a basso reddito e a tutti i bisognosi di assistenza. Infine una parte sarà utilizzata per riequilibrare i costi dei rifiuti solidi della città.
Inoltre i negozianti, a seconda del proprio fatturato, potranno trattenere una quota della tassa (5 cent per ogni 20 cent raccolti) per coprire i loro costi o l’intera cifra nel caso di negozi più piccoli (quelli con lordo annuo delle vendite minore di 1.000.000 $).
Il Seattle Public Utilities stima che, una volta entrata in vigore la legge, entreranno nelle casse comunali circa 10 milioni di dollari all’anno.
Un gruppo di cittadini, a sostegno del Sindaco e in risposta alle azioni dell’American Chemistry Council, ha fondato il movimento Green Bag Campaign per sensibilizzare la popolazione e conquistare il voto favorevole al referendum. Il gruppo, messo insieme dal Sierra Club di Seattle, si autofinanzia con donazioni e raccolte fondi.
«Questo agosto gli elettori di Seattle possono inviare un chiaro messaggio al Big Oil e ai loro alleati dell’industria chimica: giù le mani da Seattle!» si legge sul sito della Green Bag Campaign. Ed ancora: «Votando per approvare il Referendum 1 possiamo ridurre i rifiuti, l’inquinamento e lo spreco e fare un piccolo passo avanti per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio estero. Il tuo voto per approvare il Referendum 1 sosterrà le politiche locali che incoraggiano l’uso di sacchetti riutilizzabili “verdi”. Il “sacchetto verde a pagamento” è facoltativo: se si porta con sé una borsa riutilizzabile infatti non si paga un centesimo. Ma fuori dallo Stato le aziende chimiche vogliono proteggere i loro profitti e hanno già speso quasi 250.000 $ per forzare il voto del referendum».
I sostenitori della legge riconoscono che una tassa di 20 centesimi aumenterebbe di un paio di dollari le bollette settimanali delle drogherie, ma taglierebbe della metà il numero dei sacchetti usati (sull’esempio della PlasTax irlandese, dove la riduzione dei sacchetti è stata del 90% a soli tre mesi dall’introduzione della tassa).
A Seattle si utilizzano ogni anno 360 milioni di sacchetti usa e getta tra plastica e carta (quasi 1 milione al giorno) con un consumo annuo procapite di 500 shopper di plastica (valutazioni del Seattle Public Utilities).
Una volta abbandonati rischiano di mettere in pericolo la fauna selvatica della baia di Puget Sound (un braccio dell’Oceano Pacifico), contribuendo ad avvelenare il mare.
«E’ una vergogna che queste industrie statali siano più interessate ad aumentare i loro profitti invece di lavorare per ridurre l’inquinamento e l’uso del petrolio» ha dichiarato Heather Trim del People for Puget Sound.
«Usando meno petrolio i benefici legati alla riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento sono inestimabili» ha confermato Brady Montz del Sierra Club.
Convincere gli elettori a dire di sì, anche quelli disposti a prendere in considerazione misure fiscali, come quelle di Seattle, potrebbe essere difficile in periodo di recessione. Ma i sostenitori ritengono che sia giusto raccogliere denaro dalla tassa perché ognuno deve fare la propria parte.
«Per un sacco di gente questo è un non-sforzo» ha detto Rob Gala, portavoce della campagna: «I cittadini capiscono l’inefficienza economica dei prodotti usa e getta».
La campagna diventa globale su Facebook, YouTube e Twitter
Al grido “Green bags for a green city!” (Sacchetti verdi per una città verde!) i sostenitori della tassa hanno invaso il social network Facebook.
Gli iscritti al gruppo Seattle Green Bag Campaign hanno superato il migliaio e crescono di giorno in giorno. Si legge su Facebook: «I sacchetti di carta e di plastica rappresentano uno spreco e un fastidio enorme per Seattle. Ci stiamo impegnando tutti insieme affinché la nostra città passi alle borse riutilizzabili così da generare un contesto più vivibile e un futuro più sano per tutti noi. E per fare questo, abbiamo bisogno di te. Unisciti a noi. Sacchetti verdi per una città verde!».
Anche Twitter con il suo Seattle Green Bag raccoglie di giorno in giorno nuove adesioni: finora gli iscritti che “cinguettano” sul referendum sono circa 500.
Ed infine dal canale YouTube dedicato al referendum è possibile guardare l’emozionante video della “Seattle Green Bag Campaign”.
Il coro dei NO
Si è schierata per il NO la Coalizione Stop the Seattle Bag Tax, capitanata dall’American Chemistry Council (i cui affiliati sono aziende come Exxon-Mobil, Dow Chemical, Chevron, Dupont).
George Griffin, che ha raccolto le firme per il referendum, ha riportato i commenti dei firmatari: «Vogliamo lasciare le cose così come sono. Noi vogliamo riciclare, basta pensare ad un modo migliore: non vogliamo però essere penalizzati se dimentichiamo un sacchetto».
Le motivazioni che dovrebbero portare gli elettori a votare NO sono riportate chiaramente sul sito dell’American Chemistry Council: «Riteniamo che l’imposta non sia necessaria. Nel 2007 abbiamo commissionato un’indagine, da cui è emerso che il 91% dei residenti di Seattle già riutilizza e ricicla i sacchetti di plastica. Inoltre la storia ha dimostrato che gli sforzi volti a ridurre, riutilizzare e riciclare i sacchetti di plastica, in alternativa alla tassazione dei consumatori in periodo di recessione, sono buoni sia per l’ambiente che per l’economia».
Dunque anche la recessione economica è diventato motivo di divisione. «Con l’aumento dei prezzi alimentari e della benzina, il Comune ha deciso di aggiungere ulteriori tasse alle famiglie di Seattle: quest’ordinanza non poteva arrivare in un momento peggiore. Purtroppo, i residenti di Seattle devono assumersi l’onere di costi elevati per programmi che non aiuteranno l’ambiente» ha detto Sharon Kneiss, Vice-Presidente della Divisione Prodotti dell’ACC.
Secondo uno studio realizzato nel 2006 dal King County Solid Waste Division i sacchetti di plastica rappresentano solo lo 0,4% dei rifiuti solidi urbani che arrivano in discarica ed è quindi discutibile affermare che la tassa faccia risparmiare spazio in discarica o porti ad un guadagno ambientale significativo.
«Ma allora perché stiamo andando verso la tassa? Anche se arrivassimo a una riduzione dei sacchetti del 70% questa misura potrebbe costare ai residenti di Seattle 15 milioni di dollari l’anno» ha dichiarato Adam Parmer, portavoce della Coalizione Stop the Seattle Bag Tax.
Secondo l’ACC la PlasTax irlandese ha portato ad una diminuzione apparente dell’uso dei sacchetti del 90% nel breve periodo, ma ad un aumento nel lungo periodo.
Invece gli Stati Uniti nel 2006 hanno stabilito il record nel riciclo dei sacchetti con un aumento del 24% in un solo anno.
Per avvalorare la sua tesi l’ACC assicura che sarebbe meglio adottare programmi simili a quelli di alcune città degli Stati Uniti in cui la politica del riciclo, e non quella del divieto e delle imposte, si è rivelata vincente.
Prima su tutte New York city, che nel gennaio 2008, ha adottato una legge che ha portato i programmi di riciclo in decine di migliaia di negozi della città: la legge stabilisce infatti che i supermercati recuperino e riciclino le buste di plastica dei consumatori. Anche Chicago e Austin (nell’aprile 2008) si sono mosse in questo senso: la prima con la creazione di programmi di riciclo dei sacchetti di plastica presso le farmacie e i negozi alimentari e la seconda con il lancio di un ambizioso programma di riciclo in collaborazione con ambientalisti, dettaglianti e industria della plastica.
«Il riciclo è una soluzione pratica e funzionale per ridurre lo spreco dei sacchetti: è positivo per l’ambiente e non tassa le famiglie che faticano ad arrivare a fine mese» ha affermato Steve Russell, Direttore della Divisione Plastica dell’ACC.
Il riciclo dei sacchetti di plastica, secondo l’ACC, è aumentato del 27% a livello nazionale dal 2005 al 2007.
Recentemente, i membri del Progressive Bag Affiliates (PBA) della Virginia (membri dell’ACC) hanno lanciato l’iniziativa “Full Circle Recycling”, il cui obiettivo è arrivare a riciclare il 40% dei sacchetti di plastica entro il 2015. PBA ritiene infatti che attraverso una maggiore sensibilizzazione dei consumatori e dei negozianti questi numeri possano continuare a salire.
Davide contro Golia!
I principali sostenitori del sacchetto a pagamento sono la Green Bag Campaign e la Bring your own bag (BYOB). I principali oppositori sono la Coalizione Stop the Seattle Bag Tax e la Washington Food Industry.
Ma tra le due correnti c’è una grossa differenza in termini di finanziamento.
La Green Bag Campaign finora ha raccolto per la sua campagna 64.000 $ ed ha acquisito il sostegno locale con strumenti quali Internet, Facebook, YouTube e Twitter.
Nel mese di maggio, in risposta ad una richiesta del sindaco Nickels, la ChicoBag ha dichiarato su Facebook di essere un’entusiasta sostenitrice del referendum ed ha deciso di donare l’1% dei suoi ricavi alla campagna pro-tassa: «Si tratta di una delle leggi più importanti che abbiamo mai visto» precisa la società.
Tutt’altra storia per la Coalizione Stop the Seattle Bag Tax, che di certo non ha problemi di finanziamento.
Pochi giorni fa i PBA hanno donato 300.000 $ da usare per informare i residenti di Seattle sull’efficacia del riciclo.
L’American Chemistry Council ha investito di recente altri 500.000 $ per finanziare la campagna anti-tassa verde. Parmer ha dichiarato al Seattle Times di aver impiegato questi fondi per pagare gli spot radiofonici, gli annunci via Internet, i messaggi via posta e i focus group per informare la popolazione.
Il denaro proviene sempre dal PBA della Virginia, i primi sostenitori della coalizione per fermare la tassa sui sacchetti: nel 2008 hanno offerto alla campagna circa 250.000 $.
Ad oggi il contributo totale ammonterebbe a circa 1,1 milioni di dollari secondo l’ACC e il Seattle Times. Di opinione diversa sono i sostenitori della Green Bag Campaign: secondo loro il finanziamento avrebbe raggiunto la cifra astronomica di 1,4 milioni di dollari. Si tratterebbe di uno dei più grandi contributi che la città di Seattle abbia mai visto!
Su YouTube da pochi giorni circola il video “Seattle is Not for Sale” (Seattle non è in vendita) sul recente contributo di 500.000 $, elargito in un solo giorno dall’ACC (e sostenuto da Exxon Mobil e da altri giganti del petrolio).
Botta e risposta tra le due coalizioni
Rob Gala, portavoce della campagna Green Bag Campaign, ha detto che un “no” potrebbe avere un effetto negativo sulle altre città. Adam Parmer, portavoce della Coalizione Stop the Seattle Bag Tax, ha ribattuto: «Non credo. Possiamo dimostrare di essere verdi, ma anche ecologicamente sensibili».
L’American Chemistry Council (ACC) si è detta preoccupata per l’effetto che la tassa di 20 cent avrà sui poveri: «Non ci sono deroghe per le banche alimentari e per i senzatetto».
A quest’accusa i sostenitori della tassa rispondono che l’ACC usa questo argomento per convincere in modo compassionevole gli elettori di Seattle che l’ordinanza è ingiusta. La città invece prevede di utilizzare una parte della tassa (15 cent su 20) per fornire gratuitamente sacchetti riutilizzabili a tutte le famiglie e significativi quantitativi supplementari di borse ai cittadini a basso reddito.
Intanto diverse Food Bank hanno incoraggiato i clienti a portare le proprie borse, a volte con incentivi (come quello di fornire prodotti alimentari aggiuntivi quando qualcuno riporta la sua borsa).
Derek Wertz del “Jewish Family Service” dice di aver visto un numero rilevante di persone con le loro borse. E aggiunge: «Sono personalmente motivato a votare per il referendum non solo per gli ovvi motivi di carattere ambientale, dato che le borse riutilizzabili sono di gran lunga più sostenibili dai sacchetti di plastica, ma anche per ragioni politiche: dobbiamo eliminare la nostra dipendenza da altri paesi. Poiché la maggior parte dei prodotti in plastica sono a base di petrolio, è logico che l’ACC si schieri contro la tassa».
«Il nostro centro sta facendo il possibile per fornire ai clienti sacchetti riutilizzabili e ridurre l’uso di carta e sacchetti di plastica ha detto Matteo Brouwer del “Downtown Food Bank”.
Bill Hobson, direttore esecutivo del Downtown Emergency Service Center di Seattle ha detto: «Dal nostro punto di vista, quella dell’ACC è disinformazione. I rifugi dei senzatetto non sono affatto condizionati negativamente».
«Le persone a basso reddito si preoccupano per l’ambiente come il resto della città e lo fanno anche portando i loro sacchetti» ha detto Sharon Lee, direttore esecutivo del Low Income Housing Institute.
I promotori del Referendum 1, guidato dagli ambientalisti, le piccole imprese, gruppi di quartiere non sono sorpresi dalla tattica dell’ACC: «Sapevamo che l’ACC non poteva vincere semplicemente discutendo di politica: si sono impegnati in una campagna ingannevole per cercare di vincere queste elezioni» ha ribadito Heather Tronca del People For Puget Sound. «Se la grande industria chimica fosse veramente interessata al cibo e ai senzatetto utilizzerebbe il denaro che spende contro il referendum per donare cibo ai più poveri».
Cosa dicono i sondaggi? The winner is…
Il Seattle Postglobe ha reso noti i risultati di un sondaggio realizzato a Seattle nella metà di luglio. Tra i soggetti intervistati (più di un migliaio tra i possibili elettori) il 51% si è detto contrario al sacchetto a pagamento mentre il 42% si è detto favorevole. Il restante 7% non si è espresso al riguardo.
I risultati di un altro sondaggio, effettuato alla fine di giugno, ha avuto un esito diverso: il 47% a favore della tassa, il 46% contrario e il 7% indeciso.
Dunque, secondo questi due sondaggi, aumenterebbero i cittadini contrari alla tassa sui sacchetti.
Da queste indagini è venuto anche fuori l’identikit degli elettori: sarebbero contrari alla tassa gli elettori più anziani, i conservatori, i repubblicani e quelli con una bassa istruzione mentre sarebbero favorevoli alla tassa gli elettori giovani, i liberali, i democratici e quelli con istruzione medio-alta.
Tuttavia emerge dal sondaggio che una buona parte degli intervistati potrebbe cambiare parere concentrandosi maggiormente sulla questione!