Via dalle campagne i pannelli solari stanno meglio in città
Il fotovoltaico va concentrato nei centri urbani, per non danneggiare le biodiversità. L'automatismo per cui l'energia rinnovabile è sempre sostenibile è sbagliato - da La Repubblica del 17.04.2010
19 April, 2010
Carlo Petrini
Il fotovoltaico è diventato una delle tecnologie portanti del nuovo modello energetico che si sta affacciando grazie alla terza rivoluzione industriale, la "rivoluzione verde". Vi sono tuttavia crescenti perplessità sul suo uso intensivo e centralizzato, che coinvolge molti terreni agricoli d´Italia e d´Europa.
Se si configura secondo il modello energetico cui siamo stati abituati, il fotovoltaico rischia infatti di fare danni quali erosione dei suoli, perdita di fertilità, di terreni agricoli, di biodiversità, cibi e sovranità alimentare.
Sia chiaro: il fotovoltaico rimane centrale nella rivoluzione energetica, bisogna soltanto fare in modo che non comprometta altre risorse utili e sfrutti invece la miriade di spazi a lui più adatti. Sono questioni che vanno prese seriamente come dimostra uno studio scientifico dell´Arpa Puglia inviato alla Regione il 2 marzo scorso. Nel 2009 la stima dell'Arpa è che siano stati installati in Puglia impianti fotovoltaici per 738 MW, impegnando una superficie agricola di circa 2.214 ettari, mentre nei primi due mesi del 2010 sono giunte richieste di installazioni a fronte di altri possibili 1217 ettari rubati all'agricoltura: un vero boom, giustificato dallo sforzo dell'amministrazione di portarsi avanti nel raggiungimento del famoso obiettivo 20-20-20 (la riduzione del venti per cento delle emissioni di CO2 e l´implementazione del 20 per cento dell'energia totale prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020). Sforzo apprezzabile ma che in questo caso merita cautela: questi impianti hanno un impatto ambientale da tenere assolutamente in considerazione se, come sta avvenendo, sono fortemente concentrati in alcune aree.
Con distese enormi di pannelli fotovoltaici i suoli sottostanti perdono permeabilità; l'attività biologica tende a morire dando luogo a fenomeni di desertificazione che ne decreterebbero l'infertilità e aumenterebbero il pericolo di alluvioni. Inoltre non si può calcolare che succederà quando tutti questi pannelli andranno smaltiti.
Si tenga poi conto che le reti energetiche che abbiamo non sono ancora pronte a tali incrementi: basti il dato che in Puglia le perdite di energia per trasmissione sulla rete ammontano a circa il 70 per cento dell´energia prodotta da fonti rinnovabili.
"Andiamoci piano con i pannelli", verrebbe da dire, ma il problema vero non sono i pannelli: è una visione che risente ancora della vecchia logica centralistica delle energie fossili, secondo cui bisogna "concentrare" in poche centrali la produzione, quando invece le fonti del 20-20-20 (il sole, il vento, l´acqua, la biomassa) sono per loro natura distribuite e non concentrate come l´uranio, il gas, il carbone o il petrolio.
Questa idea che le energie rinnovabili vadano raccolte in "grandi centrali" anziché in milioni di piccole installazioni distribuite, è l´ibrido per cui le energie del futuro andrebbero prodotte secondo le logiche del passato. Ciò provoca l´equivoco di fondo secondo cui l´energia rinnovabile sarebbe "sostenibile" per definizione, mentre non è così. Se si creano dei danni ambientali, anche il fotovoltaico (e qualunque altra tecnologia rinnovabile) diventa "insostenibile".
In realtà c´è un modo sostenibile di inserire il fotovoltaico nel mix energetico e nel contesto agricolo. Per farlo bisogna privilegiare l´autoconsumo e la produzione più distribuita possibile. In pratica questo si traduce con politiche mirate a portare il fotovoltaico sui tetti in ambito urbano e industriale - e in luoghi abbandonati, come capannoni o strade dismesse - mentre per quanto riguarda l´ambito agricolo, a seguire regole che lo rendono compatibile con la sovranità alimentare del territorio e la produzione locale del cibo.
Esistono oggi tecnologie come il fotovoltaico su serra; quello per azionare pompe irrigue e sistemi di refrigerazione o altri consumi legati alla trasformazione: sono sostenibili. Per quanto riguarda i terreni coltivati poi, nulla vieta di utilizzare pannelli montati su piloni abbastanza alti da permettere la coltivazione dei prodotti nella terra sottostante.
All´impiego in aree agricole bisogna però aggiungere le enormi potenzialità in ambito urbano e industriale: da uno studio condotto in Sicilia, emerge che anche utilizzando soltanto il 6,5 per cento delle superfici disponibili su fabbricati sia residenziali, sia industriali nella regione, si potrebbe ottenere una potenza superiore a quella complessiva già installata su tutto il territorio nazionale.
Un modello distributivo di questo tipo, oltre a permettere un'integrazione nel tessuto urbano, industriale e rurale, garantisce anche un altro enorme vantaggio: la redistribuzione della ricchezza prodotta dall´energia. Si darà lavoro a migliaia di piccole e medie aziende installatrici e se ne creeranno di nuove; ma anche il cittadino, il piccolo imprenditore e chiunque disponga di una superficie adatta, potranno godere del reddito supplementare ventennale garantito dall´incentivo statale.
La sfida futura per i governi sarà quella di promuovere un modello distribuito: le regioni che per prime lo implementeranno permetteranno a tutti, e non solo ai grandi gruppi finanziari e alle banche, una reale uscita dalla crisi e una crescita duratura e legata alle risorse del territorio, a sistemi di economia locale.