Coltivare in città
Capitolo 6.5 tratto dal libro "Piano B 4.0" di Lester Brown
13 May, 2010
Mentre mi trovavo a Stoccolma per una conferenza, nell’autunno del 1974, mi capitò di passare accanto a un orto comunitario vicino a un grande condominio. Era un bel pomeriggio di ottobre, con tanta gente che curava il proprio orto a pochi passi da casa. A distanza di 35 anni ricordo ancora la scena grazie all’aura di soddisfazione che emanava da quelle persone che producevano verdure e fiori. Ricordo che pensai: “È il segno di una società civilizzata”. Nel giugno 2005, la FAO ha riferito che le fattorie urbane e periurbane, quelle che si trovano nelle città o nelle loro immediate vicinanze, forniscono cibo a circa 700 milioni di residenti urbani in tutto il mondo. Si tratta soprattutto di piccoli appezzamenti, terreni abbandonati, cortili e persino tetti di palazzi.55
All’interno e nelle vicinanze di Dar Es Salaam, la capitale della Tanzania, ci sono circa 650 ettari di terra dove si coltivano ortaggi. Questi terreni forniscono prodotti freschi alla città, e danno sostentamento a 4.000 contadini che lavorano intensamente i loro piccoli appezzamenti per tutto l’anno. Lontano, dall’altra parte del continente africano, un progetto della FAO permette ai cittadini di Dakar, nel Senegal, di produrre fino a 30 chilogrammi annui di pomodori per metro quadrato, con un ciclo continuo di coltivazione di orti collocati sui tetti dei palazzi.56
A Hanoi, in Vietnam, l’80% degli ortaggi freschi proviene da fattorie all’interno o subito fuori dalla città che producono anche il 50% della carne di maiale e pollo che vi viene consumato. La metà del pesce d’acqua dolce viene fornito da intraprendenti allevatori di pesce urbani. Il 40% delle uova si produce all’interno della città o nelle periferie. I contadini urbani riciclano in modo ingegnoso i rifiuti umani e animali per nutrire le piante e per fertilizzare le vasche da itticoltura.57
Gli acquacultori di Calcutta, in India, gestiscono vivai utilizzando le acque di scarico e producono 18 mila tonnellate di pesce ogni anno. I batteri delle vasche di depurazione demoliscono i rifiuti organici provenienti dal sistema fognario cittadino. Ciò favorisce la crescita delle alghe che vanno a nutrire i pesci. Questo sistema fornisce alla città approvvigionamenti di pesce fresco costanti e di qualità decisamente migliore rispetto a qualsiasi altro presente sul mercato di Calcutta.58
La rivista Urban Agriculture descrive come Shanghai sia riuscita a creare intorno alla città un sistema di riutilizzo continuo delle sostanze nutritive. L’amministrazione comunale gestisce 300 mila ettari agricoli in cui vengono riciclati i rifiuti di origine umana provenienti da aree prive di sistemi fognari moderni. Metà del maiale e dei polli consumati a Shanghai, il 60% delle verdure, il 90% di latte e uova arrivano dalla città e dai dintorni.59
A Caracas, in Venezuela, un progetto della FAO finanziato dal governo ha realizzato nei quartieri della città 8.000 micro orti di un metro quadrato ciascuno, molti dei quali a pochi passi dalle cucine delle famiglie. Non appena un ortaggio è maturo viene raccolto e al suo posto sono interrate nuove piantine. Ogni metro quadrato, coltivato in continuazione, può produrre 330 cespi di lattuga all’anno, 18 chilogrammi di pomodori o 16 chilogrammi di cavoli. L’obiettivo del Venezuela è di raggiungere in tutta la nazione 100 mila micro orti nelle aree urbane del paese e 1.000 ettari di appezzamenti fertilizzati con il compost.60
C’è una lunga tradizione di orti collettivi nelle città europee. Sorvolando Parigi se ne possono vedere in gran numero alla periferia della città. La Community Food Security Coalition (CFSC) riferisce che il 14% dei londinesi produce da sé una parte del proprio cibo. Per Vancouver, la più grande città della costa occidentale del Canada, la percentuale è pari a un impressionante 44%.61
In alcuni paesi, come gli Stati Uniti, vi è un potenziale enorme e inespresso per gli orti urbani. Un’indagine ha indicato che Chicago ha 70 mila lotti liberi e Filadelfia ne ha 31 mila. I lotti liberi a livello nazionale sarebbero centinaia di migliaia. La relazione della Community Food Security Coalition elenca i motivi per i quali la coltivazione urbana è una soluzione da perseguire. Essi hanno “un effetto rigenerativo (...) quando i lotti liberi si trasformano da pugni in un occhio, o da pericolose discariche, in giardini generosi, belli e sicuri, che nutrono i corpi e le anime delle persone”.62
Nella città di Filadelfia, negli Stati Uniti, fu chiesto a coloro che si dedicavano all’orticoltura la motivazione della loro attività. Il 20% rispose che lo faceva per svagarsi, il 19 per migliorare il proprio benessere psicologico e il 17 per mantenersi in forma. Un ulteriore 14% ha affermato di desiderare l’alta qualità dei prodotti freschi garantita da un orto. Altri hanno dichiarato che era soprattutto per motivi di costi e di convenienza.63
Una tendenza parallela alla diffusione degli orti urbani sono i mercati contadini locali, dove i coltivatori vendono direttamente ai cittadini frutta e ortaggi freschi, carne, latte, uova e formaggio prodotti nelle zone limitrofe alla città.
Con l’inevitabile aumento dei prezzi del petrolio i benefici economici della diffusione dell’agricoltura urbana e del consumo di cibo prodotto localmente diventeranno ancora più evidenti. A parte la disponibilità di prodotti più freschi, ciò aiuterà molti a scoprire i benefici sociali e psicologici arrecati dagli orti urbani e dal consumo di prodotti locali.