Recupero urbano senza memoria: la storia del "Villaggio del Lavoratore" di Bari raccontata ad Eco dalle Città
Il 25 maggio 2010 pubblicavano la notizia dell'inaugurazione a Bari del “Giardino del Lavoratore”, un'area all'interno del Villaggio dei Lavoratori, nel quartiere San Paolo, alla periferia nord-ovest della città. Il recupero del giardino è avvenuto nell’ambito della campagna nazionale di Legambiente, SalvaItalia. Riceviamo e pubblichiamo, in esclusiva per Eco dalle Città, la storia del Villaggio scritta da Vally Sabbà, figlia e collaboratrice di Carlo Sabbà, fondatore del Villaggio del Lavoratore
22 June, 2010
Scorrendo le pagine di internet, con mia grande sorpresa, ho letto che al Villaggio del Lavoratore è stato inaugurato “Il giardino del Lavoratore”.
Non abito più al Villaggio da molti anni, ma, poiché ne conosco le origini, essendo stata al fianco del suo fondatore, vorrei “rettificare” il concetto che si è fatto del luogo.
Il Villaggio fu fondato nel ’50, sotto forma di cooperativa, la prima, a contributo statale in Puglia, per merito di Carlo Sabbà, un veneto venuto negli anni ’30 nel Sud per l’impianto dello stabilimento petrolifero A.N.I.C ( S.T.A.N.I.C dopo la fusione italo - americana).
La zona su cui sorse il Villaggio era “Lamasinata”, una zona impervia, con sterpi e cespugli talmente fitti e alti da coprire residuati bellici; dove proliferavano topi e serpenti; dove, nelle piccole grotte adiacenti i binari della ferrovia, si nascondevano i malintenzionati. Non arrivava l’Acquedotto, non c’era l’energia elettrica: un vero deserto!
Tuttavia, quella zona era l’unica accessibile alle tasche dei lavoratori dello stabilimento e vicina al loro posto di lavoro. Carlo Sabbà scomodò sindaci, assessori, onorevoli, autorità del luogo e della capitale. Il terreno fu bonificato con l’arrivo di acqua e luce; fu posta la prima pietra alla presenza delle autorità e dei “Pionieri”, le cui foto sono in mio possesso.
Si diede inizio ai lavori. Sorse il “Villaggio del Lavoratore”, così denominato da chi ne ebbe l’idea, in pieno accordo con i soci. Era un piccolo agglomerato senza pretese, ma pulito e tranquillo, dove tutte le famiglie si conoscevano e al bisogno si aiutavano. Le case erano circondate da giardini ben curati.
Un appartamento, non ancora assegnato, fu adibito temporaneamente ad aule scolastiche; un locale, alla messa della domenica. I nostri figli potevano spaziarvi senza pericoli, poiché, a quel tempo, il Villaggio era tutt’altro che degradato, anzi, a noi pareva una piccola oasi di pace.
Parte del terreno, purtroppo, fu venduto, si potrebbe dire svenduto, onde rimpinguare le casse e completare le opere. Sorsero le case dei Ferrovieri, di Santamato, di via Messenape…
Il Villaggio si espandeva ed erano necessari i servizi urbani, soprattutto la Scuola, il cui edificio era già previsto nel piano regolatore. In seguito si seppe, invece, che gli stanziamenti erano stati stornati ad altre opere della città.
Non ci fu mai chiaro come mai il Comune pagasse cifre esorbitanti a privati per fitto locali (un prefabbricato; alcuni seminterrati di via Messenape), e molti di noi chiesero se con tutto quel danaro di dieci lunghi anni di fitto non avessero potuto costruire l’edificio promesso. Non ci fu mai data risposta.
Per fortuna, sorse la chiesa, “La Sacra Famiglia” e al Villaggio si stava ancora bene. Mamme di buona volontà si dedicarono alla cura dei suoi locali; il Parroco di turno permetteva che li si usasse per le rappresentazioni teatrali degli alunni, i cui genitori mettevano a disposizione anche i loro talenti, quali la musica, il canto, la messa in opera delle dovute attrezzature …
I giovani frequentavano la Parrocchia. “Il piccolo popolo” del Villaggio, riusciva a colmare in parte le mancate strutture.
I veri guai incominciarono quando il Villaggio fu accorpato al S. Paolo, un grande quartiere, che di problemi ne aveva davvero tanti! Figurarsi se il Comitato di quartiere avesse potuto tenere in gran conto i nostri problemi.
Giunse il tempo in cui, attendendo alle norme di legge, la cooperativa fu sciolta ed ogni socio divenne proprietario della propria casa, ma era come se non fosse più proprietario del Villaggio. Iniziarono gli atti di teppismo, di vandalismo, i furti…
Adesso nel Villaggio non ci sono neppure le scuole: quelle di prima sono state chiuse perché inagibili. Non ci sono servizi, malgrado altre abitazioni siano sorte negli spazi che avrebbero dovuto essere adibiti al “verde”.
Ritengo meritevoli coloro che hanno lottato e ottenuto uno spazio di aggregazione per giovani e meno giovani, tuttavia, mi indigna che si parli solo dell’attuale degrado del Villaggio e che il 25 maggio, giorno dell’inaugurazione, non si sia fatto un ben che minimo cenno alla sua storia e al suo fondatore, Carlo Sabbà, che, con tanti sacrifici, rimettendoci talvolta del suo, riuscì a far estendere la città, oltre il canalone, e a cui era stato promesso il nome di una strada. “Perché non quello della piazzetta?”, mi sono chiesta.
Vally Sabbà