Emergenza rifiuti: perché questa è la crisi peggiore?
L'attuale crisi di Napoli e provincia è forse la più grave che si sia mai vista. I motivi sono diversi. Sicuramente un peso rilevante è da attribuire alle decisioni che, negli ultimi due anni, sono state prese in termini di gestione dei rifiuti per la Regione Campania. Oggi più che mai, trovare una soluzione all’emergenza sembra un’impresa titanica
18 November, 2010
Se non si trova adesso una soluzione per smaltire i rifiuti nelle altre province, è chiaro che in un territorio con 60 mila tonnellate di immondizia a terra c’è un disastro ambientale: Oggi non è così, ci sono 8-9 mila tonnellate che sono smaltibili se il territorio è quello della regione Campania. Con queste parole, Gaetano Pecorella, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie, si è espresso sulla situazione di Napoli e provincia. Una crisi gravissima, che sembra senza via d’uscita.
Se è vero che questa versione non è condivisa da tutti, l’assessore all’igiene del comune di Napoli Giacomelli, ottimisticamente prevede di poter recuperare circa 500 tonnellate al giorno, è pur vero che la situazione di questi giorni, mostra molti più punti deboli e criticità rispetto all’ultima crisi vissuta dal capoluogo campano solo due anni fa.
La crisi è più grave, e per tanti motivi.
Innanzitutto, c’è il problema della cosiddetta provincializzazione del ciclo dei rifiuti. Con la fine dell’emergenza, attraverso un decreto legge, è stata sancita l’autosufficienza delle singole province ed è stata demandata a queste ultime la gestione dei rifiuti. Una situazione che ha peggiorato la posizione di Napoli, secondo il suo primo cittadino, Rosa Russo Iervolino, che ha dichiarato, riferendosi all'intera provincia: Napoli occupa l’8% del territorio regionale, sul quale insiste il 53% della popolazione. Se questo non si forza, Napoli avrà bisogno di un’altra discarica.
E qui si arriva al secondo punto: il problema dello spazio. Un'altra discarica. Si, ma dove? Durante l’emergenza 2007-2008, lo scenario era quello di una popolazione che malamente accettava l’ipotesi di apertura di una discarica a Napoli. Questo è successo a Chiaiano, ma il problema è stato risolto con la militarizzazione. A Terzigno, la promessa di compensazioni ambientali aveva portato i sindaci ad accettare l’idea di un invaso. Oggi le condizioni sono cambiate. Lo spazio per una discarica a Napoli, non c’è. L’unico è stato ormai completamente riempito, e l’attuale emergenza ha dato il colpo di grazia: parliamo di Chiaiano a cui manca poco per la completa saturazione. La cattiva gestione del ciclo dei rifiuti degli ultimi due anni ha portato allo spreco dell’unico asso nella manica che poteva essere giocato. E ora dove si va? Dopo il suo sopralluogo, Pecorella è stato lapidario, quando ha riferito di discariche a cielo aperto, sostanzialmente in via di esaurimento. A questo si aggiunge che quelle previste per legge sono state cancellate. Lo ha fatto Berlusconi con Cava Vitiello, dopo le proteste dei cittadini del vesuviano. Sulla questione si è espresso chiaramente l’assessore regionale all’ambiente, Romano. La cancellazione dei siti nei quali realizzare le discariche, dalla legge 123 del 2008, ha detto, contribuirà a rendere ancora più difficile la gestione perché è evidente che aprire nuovi impianti di smaltimento in zone non indicate nel testo di legge, quando vengono cancellate quelle previste, è difficile da far digerire a chi deve accogliere quegli impianti.
C’è poi la questione dell’incenerimento. Due anni fa Berlusconi venne a Napoli dicendo che avrebbe aperto l’impianto di Acerra e che quest’ultimo sarebbe servito a bruciare le ecoballe ed una parte della produzione dei rifiuti campani. L’inceneritore era una soluzione a portata di mano, di fatto l’impianto già c’era, bastava completarlo, almeno così veniva dichiarato. Oggi la situazione è un’altra. Innanzitutto, quell’impianto ha mostrato tutti i suoi problemi strutturali, a causa dei quali molto spesso il funzionamento delle linee è stato interrotto. A questo si aggiunge che, pur volendo oggi delegare all’incenerimento la soluzione della crisi rifiuti, si dovrebbe attendere almeno due anni, tra gare e tempi di realizzazione, per usufruire di un nuovo impianto.
E dove la mettiamo la faccenda della fiducia? Due anni fa, vennero offerte delle soluzioni. Le discariche sono a norma, si disse. Non creeranno problemi alla popolazione residente nei pressi degli invasi. Non è andata così. I fetori dei mesi estivi provenienti dalla discarica Ex cava Sari, hanno portato alle conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. La cattiva gestione degli ultimi due anni ha inferto l’ennesimo colpo al rapporto tra cittadini ed istituzioni. Ha dimostrato che i cittadini avevano ragione. Oggi qualsiasi parola spesa a favore delle discariche non ha più peso, non ha credibilità. Ma non solo. Oggi sono le stesse amministrazioni locali a non avere più fiducia nello “Stato”. E il motivo è semplice: non hanno ricevuto ancora i soldi previsti come misure compensative per aver accettato impiantistica per la gestione dei rifiuti sul proprio territorio. Oggi, ancor più che due anni fa, è difficile creare una collaborazione dal basso.
E poi c’è la raccolta differenziata. Durante la crisi del 2008, la raccolta differenziata a Napoli schizzò improvvisamente, raggiungendo, a febbraio dello stesso anno, quota 18%. La mobilitazione fu generale: associazioni, parrocchie, famiglie, aziende, commercianti. Tutti fecero partire progetti, organizzarono raccolte straordinarie, tanto da far aumentare la percentuale, anche con la crisi e i sacchetti per strada. Oggi, non è così. Manca il fervore di due anni fa. Noi facevamo la raccolta, sensibilizzavamo, ma i compattatori mischiavano tutto. Ci sono anche dei filmati che lo testimoniano. Questo ha creato sfiducia. Il napoletano si impegna, ma non vuol essere preso in giro ha detto Augusto la Cala, responsabile di Bidonville, qualche giorno fa ad Eco dalle Città.