Puglia, rifiuti: Consulta boccia due articoli della legge regionale n. 36 del 2009
Accolto il ricorso del Governo dalla Corte Costituzionale. Contestata parte della legge n. 36 del 31 dicembre 2009, in materia di rifiuti, della Regione Puglia. La motivazione della sentenza: “In assenza della relativa disciplina statale, non sono ammesse iniziative da parte delle Regioni”. Il Ministro Fitto: “importante avviare nei fatti quella stagione di dialogo e confronto con il Governo”
24 December, 2010
Continua il braccio di ferro tra il Ministro dei Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto e la Regione Puglia, sulle leggi in ambito ambientale. Giudice sempre la corte costituzionale. Dopo il ricorso accolto sulla legge delle energie rinnovabili e sulla valutazione di impatto ambientale, questa volta a essere impugnata è stata la legge 36 del 31 dicembre 2009, “Norme per l’esercizio delle competenze in materia di gestione dei rifiuti in attuazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.
Complessa la questione al centro del conflitto. Il 15 dicembre 2010 la sentenza 373 del 2010 della Corte Costituzionale, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 3 (comma 1, lettera f, secondo periodo), e 6, (comma 4). La ratio della norma può essere riassunta in questa frase: “La competenza in tema di tutela dell’ambiente, in cui rientra la disciplina dei rifiuti, appartiene in via esclusiva allo Stato, e non sono perciò ammesse iniziative delle Regioni di regolamentare nel proprio ambito territoriale la materia pur in assenza della relativa disciplina statale”.
Pur rispettando l’esercizio delle competenze delle Regioni - spiega la Corte - “è bensì vero che le Regioni debbono rispettare la normativa statale di tutela dell’ambiente, ma possono stabilire, per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (in materia di tutela della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, etc.), livelli di tutela più elevati”. Principio però non applicabile in questo caso, in cui la Regione non dichiara di intervenire nell’ambito della propria competenza. L’art 3, infatti, determina che la Regione interviene per regolamentare «gli ambiti di attività soggetti alla previa emanazione di disciplina statale nelle more della determinazione degli indirizzi nazionali, come nel caso dei criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani». E, con ciò, si invade la competenza statale.
Altra contesa sulla questione dell’affidamento diretto, in deroga al criterio dell’unicità della gestione dei rifiuti. Secondo la norma della Regione Puglia l’attività di gestione degli impianti per il trattamento dei rifiuti può essere concessa con “affidamenti limitati al servizio di raccolta, trasporto e igiene urbana”, in virtù delle concessioni di costruzione e gestione degli impianti già affidate dal Commissario delegato per l’emergenza ambientale.
La disposizione dell‘art 6, sempre secondo la Corte, “si pone in contrasto con l’art. 200 (comma 1 lett.a) del d.lgs. n. 152 del 2006, il Testo Unico Ambientale, secondo cui la gestione dei rifiuti urbani è organizzata, fra l’altro, sulla base del criterio del superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti.
“Poiché anche la disposizione in esame, concernendo la disciplina dei rifiuti interviene nella materia della tutela dell’ambiente, essa invade un ambito di competenza riservato in via esclusiva al legislatore statale”.
Il ministro per le Regioni, Raffaele Fitto, dichiara: “La sentenza della Corte Costituzionale ha ritenuto in parte illegittima un'altra Legge della Regione Puglia, la 36/09 in materia di rifiuti. Ciò dimostra quanto sia importante avviare nei fatti e, spero, da subito, quella stagione di dialogo e confronto tra Governo e Regione. Applicando anche con la Puglia quel metodo di confronto e conciliazione preventiva che da tempo adottiamo con altre Regioni su molte materie - aggiunge - eviteremmo continui ricorsi alla Consulta''.