CO2: Enel inaugura a Brindisi l’impianto di cattura. Stoccaggi previsti a Cortemaggiore e nel mar Adriatico
Inaugurato il 1 marzo 2011 l’impianto pilota di cattura dell’anidride carbonica della centrale Enel a carbone di Brindisi che prevede (dal 2012) il sequestro di circa 20.000 tonnellate di CO2 in un anno, mentre, dal 2015 per l’impianto di Porto Tolle il recupero sarà di 1 milione. Lo stoccaggio avverrà a Cortemaggiore nel sottosuolo e nell’Adriatico. Per Greenpeace: “Una falsa speranza”
04 March, 2011
Parte da Brindisi la scommessa dell’Enel sulla riduzione delle emissioni di CO2, al fine di onorare gli impegni sottoscritti nell'ambito del Protocollo di Kyoto dal nostro Paese. All’inaugurazione dell’impianto pilota Ccs (cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (Carbon capture and storage) erano presenti il ministro per l’Ambiente Prestigiacomo, il commissario europeo all’Energia, il tedesco Gunther Oettinger, l'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, e, tra i relatori del progetto, il direttore divisione Ingegneria e Innovazione e il responsabile Ricerca dell’Enel, Livio Vido e Sauro Pasini. Secondo gli obiettivi stabiliti dall’Unione Europea, per contribuire il meno possibile all’aumento delle temperature globali, l’Italia dovrà ridurre le emissioni di gas serra, nel periodo 2008–2012, del 6,5% rispetto al 1990.
La centrale a carbone “Federico II” sarà provvista di un impianto pilota di Ccs (per ora senza la fase di stoccaggio). Se nei prossimi due anni il progetto dovesse condurre ai risultati sperati, la tecnologia adottata a Brindisi potrebbe rappresentare un modello per le centrali a carbone di tutta Italia, a cominciare da quella di Porto Tolle a Rovigo.
L’impianto CCS di Brindisi
Durante l’inaugurazione del 1 marzo 2011, Livio Vido ha fornito nel dettaglio ulteriori elementi riguardo all’intera operazione. “L’impianto pilota di Brindisi è di piccola taglia - ha spiegato l’ingegnere – ed entrerà in funzione nel 2012. Il suo costo complessivo sarà di 20 milioni di euro. L’esperimento servirà a catturare 20.000 tonnellate circa di anidride carbonica sulle 13 milioni prodotte in un anno". Verranno aspirati 10.000 metri cubi di fumi per separare 2,5 tonnellate l’ora di CO2, pari, secondo Vido, "alla stessa quantità che viene assorbita in un anno da circa 800mila alberi, ovvero una foresta di dieci chilometri quadrati”. Nell’impianto CCS pugliese l’anidride carbonica, dopo essere stata “catturata”, verrà sottoposta ad un “lavaggio chimico” e “liquefatta”. Il prodotto trattato verrà quindi trasportato per un migliaio di chilometri (in apposite autocisterne) nel cuore della pianura padana, a Cortemaggiore, in provincia di Piacenza, dove sarà "iniettato e immagazzinato" nel sottosuolo, in un giacimento di gas esaurito e già utilizzato dall’Eni per lo stoccaggio di metano.
L’impianto CCS di Porto Tolle (Rovigo)
Dovremo aspettare però altri quattro anni per avere un progetto industriale, su larga scala, capace di aspirare il 40% delle emissioni di uno dei gruppi da 660 megawatt. A beneficiarne sarà prima di tutto l'impianto Ccs di Porto Tolle, che entrerà in esercizio appunto nel 2015, e che godrà di un investimento pari a un miliardo di euro, speso per la metà in costi di impianto, il rimanente spalmato nel corso del decennio sui costi di esercizio. L’impianto di Porto Tolle, molto più grande, sarà in grado di catturare circa 1 milione di tonnellate di CO2. La vecchia centrale a olio combustibile sarà in questo modo “riconvertita” a carbone. Il trattamento è simile a quello dell’impianto pilota di Brindisi, ma prevederà in più il processo stoccaggio. Data la vicinanza con il mare, il “sequestro” avverrà in un giacimento di gas esaurito, tramite un gasdotto a 1500 metri sotto il livello del mare Adriatico. Il ciclo artificiale del gas prevede di imprigionare l’anidride carbonica in una “trappola geologica”, così come per migliaia di anni lo è stato il gas metano estratto precedentemente.
I finanziamenti pubblici
Il progetto Ccs dell’Enel sarà supportato dall’Ue con un finanziamento di circa 100 milioni di euro, il 70% dei quali sarà finanziato nell'ambito del programma European Economic Plan for Recovery. Enel è inoltre in gara per i fondi europei Ner (New entrants reserve), pari a circa 350 milioni di euro, che saranno assegnati entro la fine del 2012. Altri finanziamenti potranno giungere dal meccanismo economico dei certificati “bianchi”, rilasciati dalle istituzioni a quelle imprese virtuose che dimostrano di aver ridotto l’anidride carbonica con l’introduzione di nuove tecnologie.
Gli aspetti negativi
La tecnologia Ccs, comunque,non è priva di problemi. Anche se per i più ottimisti gli alti costi del petrolio e l’odierna disponibilità carbonifera fanno pensare al Ccs come alla tecnologia del futuro, Greenpeace ha messo in evidenza gli aspetti sfavorevoli in un proprio rapporto “Sequestro di CO2: una falsa speranza”. Secondo l’associazione, i costi ambientali, energetici ed economici sono troppo onerosi: per ogni due centrali con tecnologia Ccs ce ne vuole quasi un'altra per sostenere la tecnologia da un punto di vista energetico. L’iniezione di CO2 nelle sacche geologiche richiede infatti molta energia, pari al 40% della potenza sviluppata da una centrale. Tra i costi ambientali, invece, c’è sempre il rischio di perdite (dovute ad esempio ai terremoti) che renderebbero vano tutto il lavoro. Inoltre rimane presente un certo pericolo di asfissia (effetto Nyos) in caso di incidente, nel caso in cui gli sfiatatoi di sicurezza si rivelassero non sarebbero sufficientemente ampi e sicuri. Nel caso specifico della centrale "Federico II", infine, va considerata la produzione di anidride carbonica prodotta dalle autocisterne speciali che trasporteranno CO2 liquefatta durante i viaggi di andata e ritorno da Brindisi a Cortemaggiore.