Napoli: donne contro i rifiuti
Elena Vellusi, referente regionale del Co.re.ri, spiega la nascita del presidio mensile in piazza Matteotti a Napoli, per tenere desta l’attenzione sul dramma dei rifiuti in Campania
21 April, 2011
da Galileo (giornale di Scienza) del 20 aprile 2011
Un presidio mensile per tenere desta l’attenzione sul dramma dei rifiuti in Campania. Lo hanno istituito lo scorso 14 aprile in piazza Matteotti a Napoli l’associazione Mamme Vulcaniche di Boscoreale, Mamme in lotta di Terzigno, Donne in Nero di Napoli, il Comitato Donne 29 Agosto Acerra e le Donne del Co.re.ri (Coordinamento Regionale Rifiuti). “La lotta per una gestione oculata e responsabile del ciclo dei rifiuti ha visto protagoniste soprattutto noi donne. L’azione sinergica ad Acerra, a Pianura, a Giugliano, a Chiaiano, a Serre, a Terzigno, a Boscoreale, a Boscotrecase e a Napoli, ha un unico obiettivo: far emergere i danni che lo smaltimento irresponsabile dei rifiuti comporta alla salute e all’ambiente”, ci spiega con fierezza Elena Vellusi, referente regionale del Co.re.ri, annoverata da “L’Unità” tra i nuovi mille, ovvero tra quei cittadini che si distinguono per il particolare impegno civile. Galileo l’ha intervistata.
Qual è l’obiettivo di questo presidio?
Il presidio è un invito ad invertire la rotta, ad abbracciare politiche di riciclo e recupero della materia piuttosto che di smaltimento, fondato sulle discariche e l’incenerimento dei rifiuti (vedi Galileo). Bisogna creare al più presto dei percorsi alternativi, filiere certificate per il raggiungimento della percentuale di raccolta differenziata prevista per legge, nonché l’istituzione di un registro tumori regionale, con criteri scientifici, tecnici e di trasparenza, e la mappatura dei siti legali e illegali su cui sono state aperte discariche, così da rendere chiaro lo sconvolgimento di un intero territorio regionale.
Nella vicenda rifiuti la voce dei cittadini è stata tenuta nella giusta considerazione?
Più in sede europea che italiana. L’Europa ha ammonito più volte la Campania per la violazione della direttiva 2008/98/CE che mira proprio alla riduzione dei rifiuti, potenziando la raccolta differenziata, il riciclo e il riutilizzo. L’amministrazione locale, nel tentativo di arrestare la procedura d’infrazione 2007/2195, ha presentato alla Commissione europea il Piano regionale di gestione dei rifiuti, e il Co.re.ri, dal canto suo, ha provveduto a redigere e a far pervenire alla Commissione le sue osservazioni in merito: su tutte l’assoluta mancanza di una politica del riutilizzo, del riciclaggio e della riduzione dei rifiuti a monte. Proprio in questi giorni è giunta la risposta da Bruxelles: la Commissione ha valutato attentamente le nostre osservazioni e si è impegnata a tenerle presenti in sede di valutazione del Piano regionale.
Cosa vi preoccupa di più?
Quello che inquieta è che il decreto 90/2008, emanato per fronteggiare l’emergenza rifiuti dal governo in carica, all’art. 9 comma 2, consente il trasferimento nelle discariche anche di rifiuti pericolosi quali le ceneri leggere e pesanti, le scorie da incenerimento e i fanghi contenenti sostanze pericolose. Il principale timore, a questo punto, è la compromissione della salute dei cittadini.
Come ha dimostrato un articolo uscito su L’Espresso a firma di Emiliano Fittipaldi, uno studio epidemiologico sullo stato di salute delle popolazioni campane è stato fatto: si chiama Sebiorec ed è rimasto per anni nei cassetti della Regione Campania, che lo aveva peraltro commissionato ai tempi di Bassolino. I risultati parlano di presenza di diossina "tipo Seveso", la più pericolosa tra le diossine, nel sangue dei campani, associata al consumo di mozzarella e verdure. La Regione è intervenuta presentando pubblicamente il rapporto in una conferenza stampa, smentendo in toto i rischi per la salute umana, eppure ai più è parso anomalo il divieto per l’Isde, Medici per l'Ambiente, di partecipare alla conferenza stampa. Antonio Marfella, esponente della sezione campana dell’associazione medica, ha infatti manifestato tutto il suo dissenso, sottolineando che è tecnicamente impossibile che un danno ambientale non si ripercuota sulla salute pubblica.