Intervista a Raffaele Sforza: Mobility manager aziendale della Regione Puglia
Intervista a Raffaele Sforza, esperto di mobilità sostenibile e dal 1 settembre Mobility Manager Aziendale della Regione Puglia. Tra gli obiettivi il piano di mobilità sostenibile a vantaggio dei lavoratori della nuova sede della Regione Puglia nel quartiere Japigia
02 September, 2011
Sta andando al lavoro in bicicletta, io invece, l'ho raggiunta a piedi. Che cosa si intende per mobility manager aziendale?
Il mobility manager aziendale e il mobility manager di area sono due figure previste dal decreto del ministero dell’ambiente del 27 marzo 1998, nato all’indomani degli accordi di Kyoto. Il decreto obbliga le aziende e gli enti pubblici locali con almeno 300 dipendenti o quelli più grandi (più di 800 dipendenti) con sedi distaccate, a individuare un responsabile della mobilità aziendale affinché venga predisposto un piano di spostamento casa-lavoro dei dipendenti, al fine di disincentivare l’uso individuale dell’auto e influire positivamente sul traffico stradale cittadino e sugli agenti inquinanti.
Ha parlato di obbligo. Ma l’obbligo di istituire questa figura è stato disatteso un po’ da tutti, in Italia. È così?
Queste norme derivano da un decreto "interministeriale" (controfirmato dai ministeri della Sanità e dei Lavori pubblici) che però è rimasto disatteso a causa dell’assenza di sanzioni. Siamo l’unico paese in Europa ad aver creato questa figura senza seguire un iter parlamentare. In Olanda questa figura, nata 40 anni fa, si occupa dell’organizzazione dei trasporti: il mobility manager organizza gli spostamenti casa-lavoro, ma anche casa-scuola, e, ad esempio, cura l’organizzazione delle merci per ottimizzarne il trasporto.
Come nasce la sua nomina? Perché la Regione Puglia ha deciso di istituire questa figura proprio in questo momento?
La Regione Puglia ha circa 4000 dipendenti, che lavorano in diverse sedi. Nessuno fino adesso si è mai preoccupato di comprendere come i dipendenti regionali dovrebbero spostarsi, come dovrebbero svolgersi i trasporti finalizzati ai rifornimenti, come i cittadini dovrebbero raggiungere la varie sedi. Pensiamo alle molteplici conferenze di servizi, verifiche di PUG, o di Valutazione Ambientale Strategica che si svolgono ogni giorno nelle varie sedi della Regione e che muovono da tutta la Puglia consiglieri, sindaci, cittadini, con auto di servizio o auto private. Il tutto avviene senza un piano di mobilità.
Sarebbe una novità per le altre regioni?
So che questa figura esiste in Emilia Romagna e in qualche altra regione. La mia nomina è effettiva dall’1 settembre e da poco ho incominciato a prendere contatti. E’ importante conoscere il lavoro dei precedenti colleghi, per comprendere il contesto, i poteri e le competenze di cui di fatto sono stati investiti.
Ci può dare qualche anticipazione sui progetti futuri ? Qual è l’aspetto principale di cui lei dovrà occuparsi?
In vista della nuova sede regionale del rione Japigia, che già dai primi giorni del prossimo anno vedrà spostarsi alcune centinaia di dipendenti, occorrerà varare un piano di mobilità, obiettivo esplicito della determina con cui sono stato nominato. Si tratta di una bellissima sede, ma bisognerà capire in che modo un pendolare potrà raggiungerla. La situazione non è semplice poiché si dovrà tener conto del carico di traffico di Via Gentile, già sovraffollata per la presenza dell’Ipercoop, nonché della sede del Comando di polizia municipale. Occorrerà comprendere le forme di accessibilità che esistono in quella zona e soprattutto i margini di interazione della Regione Puglia con le altre amministrazioni (in primo luogo Comune e Assessorato all’urbanistica).
Ha già delle soluzioni?
Poiché la sede è a Sud, tra Torre Quetta e Japigia, mi piacerebbe sapere se i fasci di binari a ridosso della torre, a seguito dello spostamento del nodo ferroviario, potrebbero servire come metropolitana di superficie, per gli spostamenti sia da sud che da nord, istituendo un servizio di trasporto dalla stazione in sede (5-10 minuti). Bisogna fare i conti, tuttavia, con le ristrettezze economiche. Se avessimo sfruttato i soldi messi in campo già dal 1998, forse non ci troveremmo ai nastri di partenza. C’è stata, inoltre, scarsa integrazione tra gli enti pubblici e mi auguro che ciò possa cambiare nel futuro.
Qual è l’attuale situazione della mobilità sostenibile?
Secondo alcuni studi, abbastanza diffusi, il 50-60% degli spostamenti abituali in Italia non superano i 5 chilometri e avvengono per la maggior parte in macchina, il 30-40% non vanno oltre i 2 chilometri. Riuscire ad indurre il rimanente 10 % della popolazione (che in genere non supera, negli spostamenti, il chilometro e mezzo) una modalità diversa da quella dell’auto sarebbe un ottimo risultato. Una rivoluzione copernicana sarebbe, poi, azzerare o quasi gli spostamenti casa-lavoro in auto.
Quali sono i suoi modelli di confronto?
Senza andare lontano, l’Europa offre molti spunti. In Francia non rilasciano una licenza edilizia senza un piano di mobilità. A Berlino il 60% dei pendolari arriva in città con i mezzi pubblici. A Monaco di Baviera riesci ad allontanarti facilmente dal centro con i mezzi pubblici, per più di 30 chilometri. La metropolitana chiude all’una e mezza ma riapre alle quattro e mezza. In Usa, Los Angeles, la città dell’automobile, sta riorganizzando il proprio trasporto. Non si costruisce nulla senza aver messo le rotaie dei tram.
E in Italia? Non c’è ancora una sensibilità tale da permettere cambiamenti?
Ti racconto questo aneddoto. Mi ha contattato, per farmi gli auguri, il coordinatore di Epom, la piattaforma europea del Mobility Management, struttura che esiste da sette-otto anni e che mette insieme tutti i governi che, utilizzando i finanziamenti europei, lavorano per trovare soluzioni migliori in materia di mobility management. Presentandomi agli altri componenti della struttura, ha sottolineato come io fossi uno dei soli due italiani presenti a maggio 2011 alla Conferenza Europea di Tolosa.