“Terra bene comune”: sviluppo e consumo del territorio a Torino
Dibattito aperto su riqualificazione urbana e consumo di suolo con l’Assessore all’Urbanistica del Comune di Torino Ilda Curti e il Dirigente Servizi Territoriali della Provincia Paolo Foietta. Come può cambiare forma una città rigenerandosi davvero, nell’ambiente e nella qualità della vita di chi lo abita
06 September, 2011
La rigenerazione urbana passa di rado dal consumo di suolo: almeno quella ben fatta, che sa riempire i vuoti, i famosi “non luoghi” delle città; e i vuoti non si riempiono sempre col cemento. Un’idea che a Torino trova d’accordo Comune e Provincia, come è emerso dal dibattito fra l’Assessore comunale all’Urbanistica Ilda Curti e il Dirigente dei Servizi Territoriali della Provincia Paolo Foietta, nell’incontro "Terra bene comune" organizzato lunedì 5 settembre nell’ambito della festa di Sinistra Ecologia e Libertà all’Anatra Zoppa di Torino.
Al centro della discussione, la necessità di ripensare l’urbanistica con un approccio integrato, che non tenga solo conto delle infrastrutture ma della qualità della vita di chi quelle infrastrutture dovrà viverle e abitarle. “Ho sempre pensato che la rigenerazione urbana non riuscisse a contaminare le politiche “grosse” – ha dichiarato Ilda Curti in apertura al suo intervento - Purtroppo il dibattito sulla riqualificazione in Italia riguarda quasi esclusivamente le infrastrutture. Non c’è una vera politica nazionale sulla rigenerazione urbana, tant’è che il Ministero di riferimento è appunto quello delle Infrastrutture. L’approccio integrato è inesistente”.
“Il mondo cambia più velocemente dei piani regolatori – continua l’Assessore – Torino negli ultimi 15 anni ha dovuto affrontare il tema del cambiamento di identità, e anche dal punto di vista del marketing si è “venduta” ai turisti come città in continua trasformazione. E allora ci vuole una pianificazione che tenga davvero conto di questi cambiamenti, che prenda atto che gli scenari stanno cambiando e dunque anche le urgenze”.
Ed è proprio sulle urgenze che si aprono gli scontri, come nel caso di Ikea, di cui ci siamo più volte occupati. Non è sempre così immediato capire quali siano le vere urgenze di un territorio, e ancora più complesso è valutare con attenzione in cosa consista il “bene comune”, non solo per l’ambiente ma per gli stessi cittadini.
“Qualsiasi piano per il territorio deve produrre ricchezza – commenta Paolo Foietta - il punto è capire come distribuirla, e che cosa intendiamo per ricchezza. Io credo che dobbiamo creare dei luoghi dove si possa abitare, lavorare, imparare, divertirsi, consumare, bene. La qualità del vivere è data da questi fattori”.
E se è vero che per rispondere rapidamente alle urgenze di una città che cambia ci vuole elasticità, questa non deve finire per distruggere la coerenza di fondo delle scelte, o viene meno il ragionamento complessivo e si finisce per fare esclusivamente l’interesse di pochi.
“Per poter applicare un piano di coordinamento ci vuole prima di tutto coerenza, e troppo spesso la coerenza viene uccisa dalla flessibilità. Per questo anche sul caso Ikea la Provincia ha voluto ribadire una scelta di principio. Il Presidente Saitta ha detto: “Su una questione di principio siamo anche pronti ad andare a casa” e credo sia importante dare un segnale forte in questa direzione. A costo di raccogliere critiche, anche se devo dire che abbiamo ricevuto più lettere di apprezzamento e sostegno che di protesta”.
Il consumo di suolo è un problema concreto sul territorio della Provincia: tra il 1990 e il 2006 sono stati consumati 7500 ettari di terreni agricoli: praticamente una seconda Torino. L’impronta urbana dei piccoli comuni è triplicata negli ultimi 15 anni e non è un caaso che proprio qui sia nato il primo osservatorio italiano sul consumo di suolo, per iniziativa di Gigi Rivalta, ex assessore provinciale alla pianificazione territoriale.
“Il consumo del territorio è un tema fortemente sentito anche dall’Unione Europea: in Germania per esempio la Legge Merkel del 1998 impose limiti severi all’edificazione su suoli verdi, ed è questa la direzione da seguire. Sul nostro territorio non mancano certo le terre di nessuno da riorganizzare” ha concluso Foietta.
Sul come i non luoghi debbano essere riorganizzati non c’è sempre unità di pensiero, nel mondo politico come fra gli stessi cittadini. “Quando a Torino apriamo una progettazione partecipata, in cui si raccolgono i desideri e le richieste dei cittadini, ci accorgiamo che non è affatto semplice determinare il bene comune. Subentra la paura del diverso, della sorpresa che invece uno spazio aperto in città dovrebbe sempre regalare. A volte lo spazio libero fa paura. Ci si sente più sicuri in aree chiuse, limitate, anche se diventano esclusive, nel vero senso della parola, perché tagliano fuori parte della cittadinanza. E invece dovremmo chiederci per chi stiamo costruendo i nuovi spazi urbani, chi saranno i nuovi abitanti. Non si fa trasformazione urbana senza pianificazione strategica”.
E la pianificazione strategica passa anche dalla valutazione degli effetti di una scelta “di cemento” sul territorio, che non è nemmeno detto che sia sempre un vantaggio anche dal punto di vista occupazionale. Dopo aver ribadito che la Provincia non ha nessuna questione personale con il colosso svedese ma che semplicemente “Questo Paese ha bisogno che le leggi si applichino senza deroghe ad personam” (e dunque nemmeno ad Ikeam) Foietta ha ricordato come, secondo i sondaggi dell’Ascom, per ogni posto di lavoro guadagnato nella grande distribuzione si arrivi a perderne anche 3 o 4 fra i piccoli artigiani e commercianti. Insomma, la lotta al consumo di suolo non è per forza un freno allo sviluppo, anche commerciale. E’ questione di strategia, misura e buon senso.