"Meno plastica per tutti" - il lavoro dietro le quinte. Intervista a Silvia Ricci
Meno 15 kg di plastica a testa, all'anno, in 7 mosse. Non solo sacchetti nel mirino di Porta la Sporta: l’imperativo è ridurre gli imballaggi inutili a tutto campo. Silvia Ricci ci racconta quanto lavoro c’è dietro quei 15 kg e l’importanza delle politiche di riduzione a livello locale, perché "Chi vuole impegnarsi a ridurre i rifiuti deve poterlo fare senza impazzire"
12 September, 2011
Meno plastica per tutti: Silvia Ricci di Porta la Sporta ci racconta il dietro le quinte della sua “dieta miracolosa”, 15 kg in sette mosse. La buona notizia è che possiamo continuare a mangiare quello che vogliamo, basta che sia sfuso. Quella cattiva è che la dieta funziona solo se ci impegniamo tutti.
Parliamo di impronta ambientale, ovviamente.
Non solo sacchetti, dunque. Porta la Sporta allarga gli orizzonti e punta alla riduzione di tutti gli imballaggi, soprattutto quelli in plastica In occasione della terza edizione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (19-27 novembre), arriva la campagna Meno plastica per tutti, rivolta in particolar modo ad amministrazione ed enti locali, ma che riguarda da vicino ciascuno di noi.
Silvia, la nuova campagna propone 7 “comandamenti” per la riduzione: niente sacchetti usa e getta, niente acqua in bottiglia, latte, succhi e bevande sfusi, no alle stoviglie usa e getta, niente detersivi in flacone, no al sapone liquido e sì a rasoi e spazzolini dalle testine intercambiabili. Sono tutte azioni individuali, e allora perché rivolgere l'invito ada ttivarsi proprio ad amministrazioni ed enti pubblici?
Perché sono gesti individuali che funzionano solo se supportati da un’adeguata rete di servizi. Questa campagna deve servire alle amministrazioni pubbliche per interrogarsi seriamente su questo argomento: al di là delle dichiarazioni di intenti, un cittadino che voglia impegnarsi davvero nella riduzione dei rifiuti ha la possibilità di farlo senza diventare matto? In città ci sono negozi che vendono prodotti sfusi? C’è una fontana di acqua pubblica che eroghi acqua liscia o gassata qualora l'acqua che esce dal suo rubinetto non abbia un buon sapore? Se decide di acquistare uno spazzolino con la testina intercambiabile, deve prendere la macchina, guidare per 25 minuti e fare il giro del globo prima di trovarne uno?
Te lo chiediamo noi…
Purtroppo i comuni che offrono davvero queste possibilità a zero o minimo imballo sono pochissimi. Secondo dati diffusi recentemente da Federutility i fontanelli o case dell'acqua che erogano acqua liscia o gassata sono 354 e diffusi soprattutto al nord. Stessa considerazione va fatta per i distributori di latte crudo alla spina o sul numero di esercizi commerciali sul modello dei Negozi Leggeri del Piemonte o Effecorta dove si trova un ampio assortimento di prodotti sfusi alimentari e non. In questo ambito i piccoli comuni possono attivare più velocemente queste opportunità e comunicarle più facilmente e con efficacia ai cittadini.
E le grandi città allora?
Le città devono fare tesoro dell’esperienza di questi piccoli comuni che ce l’hanno fatta d soli e replicare le esperienze su scala più piccola, a livello di quartieri e circoscrizioni. I servizi alla cittadinanza sono tali se utilizzabili a livello locale, se entrano a far parte della quotidianità delle persone. Certo nelle piccole realtà, con la conoscenza dei soggetti territoriali è più facile trovare delle soluzioni locali in cui si mettono in contatto domanda e offerta. Ma non parliamo solo di città: i piani di prevenzione dei rifiuti sono gestiti a livello provinciale, almeno per adesso. Gli enti territoriali più grandi, che non possono occuparsi direttamente delle buone pratiche “quartiere per quartiere” devono fare da hub, da connettore, aiutando aziende, catene distributive e produttori locali a mettersi in contatto fra di loro.
Facciamo un esempio pratico.
Prendiamo il detersivo alla spina. Sul territorio italiano ci sono decine e decine di aziende che producono detersivi per lo più industriali. Un ente locale che avesse un'azienda di questo tipo sul territorio può sondare la disponibilità dell'azienda a fornire suoi prodotti a domicilio in taniche a negozi locali coinvolti a commercializzare detergente sfusi con il riutilizzo dei contenitori. Lo stesso vale per i prodotti agricoli, per il latte, per un mucchio di altri prodotti che non necessitano per forza di essere imballati e venduti in luoghi più distanti. Il passo seguente sta nel chiedere alle aziende di produrre linee di detergenza a basso impatto ambientale in modo che a scelta di consumo sia ecosostenibile non solamente rispetto al packaging.
Perché secondo te i prodotti alla spina – soprattutto quelli non alimentari – fanno ancora fatica a decollare?
Perché c’è poca scelta. Anche soltanto a livello visivo, l’offerta non colpisce: non andiamo a mangiare in una pizzeria che proponga un unico tipo di pizza, no? E’ un parallelo che rende l'idea. I clienti per adottare un nuovo sistema di acquisto devono pensare di poter sostituire la maggior parte delle opzioni in uso. Quindi poter scegliere fra diversi tipi di detersivi per il bucato, almeno un paio per i piatti e avere almeno un prodotto per le altre tipologie di detergenti utilizzate: sgrassante, detergenti multiuso per vetri o altre superfici, detergenti per pavimenti... E invece i (rari) supermercati che offrono detergenti sfusi propongono un'assortimento limitato a pochi prodotti. La gente butta un occhio e poi si rivolge agli scaffali, dove trova decine di prodotti diversi.
Ora parla l’avvocato del diavolo: ma perché in un momento di crisi un negozio o un supermercato, comunque privati, dovrebbero incoraggiare la scelta di un prodotto più economico, oltretutto senza intascarsi il guadagno sull’imballaggio venduto?
Intanto non è affatto detto che non si possa guadagnare bene sui prodotti alla spina. Ciò che un supermercato può perdere sugli imballaggi mancati - che non è poi molto, in ogni caso - lo guadagna fidelizzando il cliente. Il problema è un altro: non avendo avuto grandi riscontri in termini di vendite, perché i supermercati dovrebbero aumentare l'assortimento o estendere il sistema? Ma la risposta è semplice: perché è la comunità che glielo chiede, dovendo recepire la nuova direttiva europea che mette la prevenzione del rifiuto al primo posto della scala gerarchica. Anche se sono in primis le regioni e le provincie che devono elaborare dei piani di prevenzione indicando come e in quali aree intervenire, è fuori di dubbio che a cascata tutti i processi e consumi ne siano coinvolti. E' chiaro a tutti che contenitori e imballaggi di plastica vadano drasticamente ridotti e ripensati e l'Italia è al terzo posto in Europa per produzione pro capite di imballaggi. C'è inoltre una fetta consistente di cittadini, come evidenziano sondaggi di settore, che è preoccupata per lo stato del pianeta che lasciamo alle future generazioni e vuole essere aiutata a consumare in modo meno impattante. Inoltre migliorando l'offerta e il posizionamento dei detersivi alla spina all'interno dei punti vendita, penso che si possa facilmente aumentarne le vendite con l'aiuto di una buona comunicazione e qualche incentivazione iniziale, per esempio attraverso l'accredito di punti sulle tessere fedeltà. Gli esperti concordano che offrire queste opportunità aiuti a fidelizzare il cliente. Non va dimenticato che la grande distribuzione, se davvero vuole, può dare corso a cambiamenti epocali poiché può influenzare il mondo produttivo a monte, mettendo dei paletti, e al contempo sensibilizzare e supportare il consumatore ad affrontare il cambiamento. E' anche su questo terreno che i gruppi hanno modo di dimostrare con i fatti quanto ci tengono alla sostenibilità e come sviluppano la loro responsabilità sociale d'impresa.