Congresso Legambiente. Sul clima: “L’Europa sia leader per un accordo globale"
Si apre il 05 dicembre l’ultima Conferenza Onu a Durban, l’ultima opportunità per salvare la terra”. Tra gli obiettivi rinnovare il protocollo di Kyoto e un nuovo accordo globale entro il 2015. Il Presidente uscente Vittorio Cogliati Dezza: “l’Europa? Ha la possibilità di tornare a svolgere un ruolo di leadership”
04 December, 2011
Si apre il 05 dicembre l’ultima e cruciale settimana di negoziazione sul clima a Durban. Il rinnovo del protocollo di Kyoto, un nuovo accordo globale entro il 2015 e l’applicazione degli impegni presi l’anno scorso a Cancún: è questa la posta in gioco alla diciassettesima Conferenza delle Parti sul clima in corso in questi giorni in Sudafrica, con la partecipazione di 195 paesi. Una sfida cruciale per contenere il surriscaldamento globale al di sotto di almeno 2°C e salvare il clima da un disastro annunciato.
“In questa partita - dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza nell’ultima giornata congressuale dell’associazione a Bari - l’Europa ha la possibilità di tornare a svolgere un ruolo di leadership nella lotta contro i mutamenti climatici, battendosi per rinnovare il protocollo di Kyoto la cui applicazione termina a fine 2012. Si tratta per l’Ue di un impegno che non richiede grandi sforzi aggiuntivi rispetto all’obiettivo comunitario già fissato del 20% di riduzione delle emissioni entro il 2020 e di un aggiornamento al 30% entro la stessa data. L’aggiornamento sarebbe, per altro, una procedura tecnica, già prevista dal Protocollo di Montreal per la protezione dello strato d’ozono, che non comporta una nuova ratifica.”.
Il secondo nodo da sciogliere riguarda la definizione di un mandato negoziale con relativa roadmap per giungere a un nuovo accordo globale entro il 2015. L’Europa ha la possibilità di costruire un’alleanza trasversale tra i paesi industrializzati e in via di sviluppo in grado di spingere Stati Uniti, Cina e India ad approvare un mandato per sottoscrivere un accordo globale che abbia come architrave il protocollo di Kyoto. Il nuovo accordo dovrà rispettare i principi di equità riconosciuti dalla convenzione sul clima (UNFCCC), tener conto delle responsabilità storiche dei paesi industrializzati, essere adottato entro il 2015 ed entrare in vigore non oltre la fine del secondo periodo d’impegno del protocollo di Kyoto. Solo in questo modo sarà possibile avviare un processo credibile di riduzione delle emissioni - in coerenza con le ultime previsioni scientifiche - di almeno l’80% entro il 2050 e tenere sotto controllo i mutamenti climatici in atto.
Infine, occorre rendere operativi gli accordi presi l’anno scorso alla COP di Cancún. Si deve decidere come dare il via entro il 2013 al fondo verde per il clima (Green Climate Fund) destinato a finanziare le azioni di riduzione delle emissioni e di adattamento ai mutamenti climatici nei paesi poveri. Dare certezza ai finanziamenti promessi a Copenaghen e confermati a Cancún significa aumentare annualmente i 10 miliardi di dollari già stanziati per il 2012 fino a garantire 100 miliardi di dollari promessi per il 2020.
Bisogna concordare tempi e procedure per colmare il “gigatonne gap” - il divario tra gli attuali impegni di riduzione delle emissioni e quelli necessari per contenere il surriscaldamento globale al di sotto almeno dei 2°C – secondo una roadmap coerente con il mandato per sottoscrivere entro il 2015 un nuovo accordo globale legalmente vincolante. Devono essere costituite, oltre al Green Climate Fund, le strutture di governo decise a Cancún per rendere operativi gli interventi relativi all’adattamento e al trasferimento tecnologico.