Bando dei sacchetti: "Oxobiodegradabili? la partita non è affatto chiusa". Intervista a Claudio Maestrini (Assoecoplast)
Eco dalle Città continua ad indagare le ragioni di tutti gli attori coinvolti nel bando dei sacchetti. Per commentare il decreto appena pubblicato abbiamo dato la parola a plastica e bioplastica, ascoltando piccoli e grandi produttori. Questa volta tocca agli additivi. Risponde il presidente di Oxo-Biodegradable Plastics Association e della neonata Assoecoplast Claudio Maestrini
26 January, 2012
Partiamo dalla notizia principale: il “decreto sacchetti” è arrivato in Gazzetta. Passo avanti o passo indietro rispetto a questi tredici mesi di incertezza?
Premesso che noi per primi siamo favorevoli ad una seria e precisa normazione e ad un controllo degli additivi, il Decreto non mi sembra certo un passo avanti, né per l’ambiente, né per il mercato e men che meno per i consumatori. Le ragioni sono molteplici: compostabilità e biodegradabilità non sono la stessa cosa. Anche la biodegradabilità della plastica, ottenuta mediante l’introduzione di additivi oxo-biodegradabili, è una caratteristica scientificamente dimostrata ed assolutamente desiderabile, perché è la risposta più efficace al problema dell’accumulo dei rifiuti plastici nell’ambiente. Pretendere invece che tutti i sacchi per asporto delle merci siano realizzati in bioplastica compostabile significa che non tutti finiranno al compostaggio, dato che in Italia gli impianti di compostaggio (purtroppo) sono ancora pochi e male distribuiti. E i sacchi in bioplastica compostabile che non finiscono al compostaggio fanno male all'ambiente: sviluppano metano, interferiscono col riciclo della plastica e si accumulano nell’ambiente, non troppo diversamente dalla plastica convenzionale, perché la bioplastica si biodegrada rapidamente solo nel compostaggio. L’imposizione della bioplastica compostabile spinge il mercato verso soluzioni di ripiego che sono peggiori dal punto di vista ambientale rispetto alla plastica convenzionale o additivata (sacco nero e/o sporta riutilizzabile contaminati, contenenti metalli pesanti e provenienti da paesi in cui si sfrutta la manodopera, oppure sacco di carta solo apparentemente ecologico, in realtà più inquinante). L’imposizione della bioplastica compostabile, inoltre, è contraria allo spirito liberalizzatore dell’attuale Governo: è infatti una misura pesantemente distorsiva del mercato, che limita le libertà delle imprese e dei consumatori, ai quali dovrebbe essere data una maggiore ed non una minore possibilità di scelta, seppure nel rispetto dell’ambiente e della salute. E infine c’è la questione della sopravvivenza delle aziende. Che in un momento di crisi così grave, il Governo prenda con leggerezza delle misure che, a fronte di vantaggi ambientali quantomeno incerti, mettono a gravissimo rischio nell’immediato migliaia di posti di lavoro mi sembra francamente sconcertante! Ci teniamo ben stretti i posti di lavoro che abbiamo nelle fabbriche di armi e che letteralmente grondano sangue, e invece vogliamo fare sparire (e subito!) quelli nell’industria della plastica? Ma siamo sicuri di non stare prendendo una cantonata enorme?
Il decreto non vieta esplicitamente l’uso degli additivi, ma in molti danno per scontato che gli oxobiodegradabili usciranno dal mercato; ci si chiede che senso abbia rendere biodegradabili dei sacchi che nascono per essere riutilizzabili. Cosa risponde?
Per me la partita non è affatto chiusa. E la questione non è tanto quella di rendere biodegradabili i sacchi riutilizzabili. Il Decreto, che peraltro deve fare il suo passaggio in Parlamento dove non è affatto detto che verrà confermato così com’è, riveste comunque un carattere intrinsecamente provvisorio. Il “vero” Decreto infatti è quello che andrà fatto entro il 31 luglio e che servirà ad individuare “le eventuali ulteriori caratteristiche tecniche dei sacchi … ai fini della loro commercializzazione”. In questo Decreto da fare entro luglio potrà essere consentita la commercializzazione di sacchi per asporto delle merci diversi, purché in conformità al principio “chi inquina paga”. Così c’è scritto. Se c’è una cosa certa è che la plastica con gli additivi oxo-biodegradabili non inquina, quindi perché dovrebbe essere proibita? E perché dovrebbe pagare? In conclusione: io non credo proprio che gli additivi oxo-biodegradabili usciranno dal mercato. Chi pensa di averli tolti di mezzo, secondo me ha fatto male i suoi conti. Noi di certo non staremo né fermi né zitti.
Spessore 100 e 200 micron, a seconda dell’uso finale del sacchetto. Si può produrre sacchetti biodegradabili additivati con queste caratteristiche o siamo davanti a un’impossibilità tecnica?
La questione degli spessori è semplicemente ridicola: sono talmente elevati che è quasi impossibile farci dei sacchi, additivati o non additivati. Tuttavia non penso che quello degli spessori sia il vero problema. Vogliamo finalmente che, oltre alla bioplastica compostabile – che ha il suo ampio spazio sul mercato, soprattutto nella GDO – anche la plastica convenzionale abbia maggiori caratteristiche di eco-compatibilità? Che oltre ad essere riutilizzabile e riciclabile non si accumuli nell’ambiente, dove può finire non solo per la negligenza dei cittadini, ma anche per mille altri motivi (ad esempio può essere trasportata dal vento al di fuori delle discariche a cielo aperto dove viene conferita)? Qual è la logica perversa che sta dietro alla decisione di proibire dei prodotti dalle caratteristiche desiderabili, come la plastica additivata, se sono disponibili ed economicamente vantaggiosi? Io direi che varrebbe la pena di essere finalmente chiari e di togliere di mezzo l’ipocrisia di fondo che contamina dall’inizio tutta questa intricata faccenda. Se il Governo ritiene che l’unica azienda italiana che produce bioplastica – ce n’è una sola! – vada aiutata e sostenuta perché si tratta di una risorsa strategica per il paese, ha molti modi per farlo e lo faccia pure. Non si capisce però perché si ostini a volerlo fare ricorrendo ad interventi normativi le cui ripercussioni ambientali sono dubbie, limitando la scelta dei consumatori e mettendo a rischio aziende che non inquinano e lavoratori che non potrebbero certo ricollocarsi di questi tempi.
Alle aziende che producono sacchetti biodegradabili non conformi alla UNI EN 12432 resta comunque il mercato estero?
Forse l’opinione pubblica negli ultimi mesi si è fatta un’idea sbagliata del mercato dei sacchi per asporto delle merci… o forse qualcuno ha voluto che se la facesse. Anche prima di divieti e decreti questo era un mercato molto difficile – tant’è che senza interventi legislativi la bioplastica proprio non riusciva ad entrarci – e soprattutto molto, ma molto povero. Pensare che le aziende italiane possano vendere i loro prodotti all’estero è impossibile. I costi di trasporto – soprattutto di questi tempi - distruggerebbero i già risicatissimi margini. Le aziende sono tante e nella maggioranza piccole proprio perché il loro bacino di clienti è limitato geograficamente. No, purtroppo la questione è molto più semplice: se non vinciamo la battaglia degli additivi e non facciamo in modo che possano essere utilizzati in tutte quelle applicazioni che non hanno il compostaggio come destinazione finale, molte aziende, che non possono usare la bioplastica, chiuderanno punto e basta!
Come Oxo-Biodegradable Plastics Association, avete intenzione di intraprendere azioni legali contro il decreto?
La mobilitazione organizzata ieri a Roma da Fareambiente è stata un momento importantissimo, direi decisivo: hanno partecipato i rappresentanti di moltissime aziende e numerosi parlamentari. Altri parlamentari e rappresentanti locali di tutti i partiti li stiamo contattando in questi giorni. Il mondo politico comincia a volerci vedere più chiaro e a non accontentarsi più degli slogan che fino ad oggi ci sono stati propinati. Come dicevo prima, la partita è ancora aperta, anzi forse non è mai stata così aperta come oggi. E noi vogliamo giocarcela fino alla fine, che è ancora lontana. Fareambiente sta organizzando un comitato che, raccogliendo le adesioni di tutti i coloro che ritengono che imporre per legge una norma tecnica come la 13432 sia sbagliato, organizzerà iniziative ed interventi comunicativi, ma soprattutto intraprenderà tutte le azioni, legali e parlamentari necessarie affinché il Decreto non venga confermato e soprattutto il Decreto successivo da fare entro luglio arrivi a soluzioni finalmente ragionevoli ed imparziali. Inoltre stiamo finalizzando la costituzione di una associazione di scopo, ASSOECOPLAST, che quindi non è né in concorrenza né tantomeno in contrasto con le associazioni datoriali che già esistono e con le quali speriamo di collaborare. Assoecoplast riunisce gli operatori del settore delle materie plastiche che intendono promuovere la produzione, la commercializzazione e l'utilizzo consapevole di imballaggi e manufatti in plastica eco-compatibile, vale a dire con un ciclo di vita controllato e con caratteristiche di riciclabilità e soprattutto di biodegradabilità. Hanno aderito già quasi 100 aziende a cui fanno a capo un migliaio di addetti, ma contiamo presto di averne molte di più. La vicenda dei sacchetti è l’emergenza del momento, ma l'associazione non si limiterà a questo. Il panorama quindi è in movimento e noi ci siamo e continueremo ad esserci. Anche se il momento non è dei più facili, le tensioni sono forti e gli animi surriscaldati, io spero che questa sfortunata vicenda dei sacchetti possa concludersi positivamente per tutti: per l’ambiente, per i consumatori, per le aziende… e anche per il mondo della bioplastica e per i suoi sostenitori, che dovrebbero semplicemente accettare un confronto più sereno e meno dogmatico e rinunciare all’assurda pretesa di detenere il monopolio dell’ambientalismo… e non solo.